Misterioso il vero obiettivo dell'Armata Rossa a Kabul di Bernardo Valli

Misterioso il vero obiettivo dell'Armata Rossa a Kabul Scade tra pochi giorni l'ultimatum di Carter Misterioso il vero obiettivo dell'Armata Rossa a Kabul Il nostro inviato vede sbarcare dagli Antonov altre truppe - Nuove rampe di missili intorno alla capitale afghana - Un'armata di 85 mila uomini, con centinaia di carri armati, artiglierie pesanti, Mig 21 - Cresce l'ostilità del Paese DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE KABUL — Mancano pochi giorni alla scadenza dell'ultimatum di Jimmy Carter e nulla si muove negli accampamenti sovietici. Non c'è aria di partenza. Non si nota il minimo segno di un trasloco imminente, prima della metà di febbraio, quando gli Stati Uniti potrebbero decretare il boicottaggio delle Olimpiadi di Mosca, se Breznev non dovesse ritirare le truppe dall'Afghanistan. Ho l'impressione che per quella data non verrà compiuto neppure un gesto simbolico, non sarà annunciato neppure un ritiro parziale a fini distensivi. Anzi, gli arrivi si intensificano da alcuni giorni all'aeroporto di Kabul. Cinquecento soldati, con armi e bagagli, equipaggiati per un lungo soggiorno, sono sbarcati lunedì pomeriggio dagli Antonov che portano quotidianamente munizioni, viveri e carburanti da Tashkent e da Samarcanda, dalle vicine repubbliche musulmane sovietiche. Nelle stesse ore sono spuntate nuove rampe di missili attorno alla capitale, vicino ai cinque accampamenti che la presidiano. Insomma, i sovietici affondano le radici nell'Afghanistan occupato sei settimane or sono. E qui. per la verità, nessuno si azzarda a fare pronostici sulla durata della loro presenza. «Gli stranieri non se ne sono mai andati volontariamente dal nostro Paese, siamo sempre stati noi a cacciarli con la forza», dice uno studente afghano che passa le giornate a spiare i movimenti dei sovietici. La notte, durante il coprifuoco, sfidando le pattuglie che si muovono soltanto con mezzi blindati, egli distribuisce manifestini in cui si invita la popolazione a lottare contro «gli invasori». Li infila sotto le porte, li incolla sui muri degli edifici pubblici, ministeri e sedi del partito, spesso con la complicità delle sentinelle afghane. Questo è il mio terzo viaggio a Kabul dopo l'invasione sovietica. Rispetto alle visite precedenti trovo la situazione profondamente mutata. La gente adesso parla, non ha paura di esprimersi ad alta voce. Appena si accorgono che non sei «russo», i negozianti imprecano contro i sovietici. La gente si comporta con fierezza, talvolta con spavalderia, non più con prudenza, come se non temesse le delazioni, come se esistesse una solidarietà totale a livello popolare. Spesso si ha l'impressione che questa solidarietà si esten da agli stessi funzionari comu nisti e ai militari dell'umiliato esercito afghano. Gli insulti agli invasori sono consentiti, st non proprio condivisi da tutti. Nel cuore della capitale, at traverso la vetrina appannata di una bottega, un gruppo di persone, tra cui un militare afghano, segue le impacciate manovre di un'autoblindo eh avanza lentamente sulla strada in salita, coperta di ghiaccio. 11 veicolo slitta, sbanda, finisce contro un mucchio Ji neve. Il guidatore sovietico non riesce a controllarlo. Nella bottega gli spettatori applaudono, ridono, e. tra l'entusiasmo generale raccontano allo straniero presente che un «invasore» e stato ucciso sette giorni fa in pieno centro. Di sovietici per le strade se ne vedono pochi, direi sempre meno, e quei pochi non sono mai "soli, sono guardinghi ed educati, niente affatto traco tanti. Sembrano dei bravi ra gazzi un po' diffidenti, in libera uscita in questa ostile città di montagna, in cui sono capitati per caso. I «bravi ragazzi di Kami», come li ha battezzati un diplomatico britannico, hanno ricevuto l'ordine di comportarsi in Afghanistan co me se fossero tra gente amica Un comportamento piuttosto difficile. L'opposizione clandestina comincia a manifestarsi nella capitale. Al tramonto, un gior nalista straniero viene preleva tdagds toda un'automobile nel centro di Kabul. Alla periferia i suoi accompagnatori gli bendano gli occhi. Pochi minuti dopo si trova in uno scantinato pieno di armi, in compagnia di otto: ufficiali disertori dell'esercito afghano. Il colloquio è breve e significativo: «Quando passerete all'azione?». «In primavera, quando saremo meglio organizzati». «Siete in molti?». «Ci sono centinaia di cellule come la nostra a Kabul». «Qual è il vostro obiettivo?». «Cacciare i sovietici e il regime fantoccio, con noi ci sono anche dei comunisti, infiltrati nei ministeri e nella polizia, che dopo l'invasione sovietica hanno deciso di battersi contro gli occupanti». Non è facile per il cronista straniero valutare l'ampiezza e a solidità della resistenza urbana che si sta organizzando. La quiete che regna a Kabul spinge allo scetticismo, forse trae in inganno. Espulsi gli americani, i giornalisti occidentali presenti a Kabul sono una decina Le autorità afghane rilasciano i visti d'ingresso senza troppe difficoltà all'aeroporto, poi impediscono tuttavia di uscire dalla città senza un permesso speciale. E. comunque, il lasciapassare afghano non è valido per i sovietici. Gli umori dei soldati dell'Armata Rossa variano di giorno in giorno, da zona a zona. Capita di essere accolti a raffiche di Kalaschnikov sventa¬ gliate a pochi centimetri dai piedi e capita di essere ricevuti col sorriso. A quindici chilometri dalla capitale, in prossimità delle «Gole di Kabul», tra le montagne coperte di neve, si stende uno dei cinque accampamenti sovietici: è circondato da carri armati T-62. dai più leggeri T-54. da autoblindo per il trasporto delle truppe, e da cannoni di piccolo calibro. In quella valle stretta e ghiacciata i sovietici vivono isolati, senza contatti con la popolazione. Nelle ultime sei settimane il battaglione ha perduto dodici uomini, uccisi per lo più di notte, dai guerriglieri musulmani che compiono improvvise incursioni ai margini del campo, o che tendono imboscate ai convogli, sparando dalle montagne sovrastanti. Per i giovani ufficiali dell'Armata Rossa il contatto con la realtà afghana è stato traumatizzante e non lo nascondono. A fine dicembre, prima dell'invasione, i loro superiori avevano spiegato che la missione dell'esercito sovietico era di «proteggere il Paese amico dalle aggressioni americane e pakistane». Ed ecco che ora quei giovani ufficiali si trovano tra gente ostile e presi di mira dai franchi tiratori. Per l'Armata Rossa è un'esperienza nuova. Essa non ha mai condotto una lotta antiguerriglia. A Budapest, ne! "5ó. ci fu una breve insurrezione urbana, a Praga, nel '68. una altrettanto breve resistenza passiva. La Kabul del 1980 presenta problemi diversi. Per ora la strategia sovietica è semplice: presidiare le città e controllare, almeno di giorno. le principali vie di comunicazione. Per questo il comando installato a Kabul, nella base di Bagram. dispone di sei divisioni, cinque motorizzate (con 215 carri armati e 125 veicoli blindati per il trasporto truppe ciascuna) e una aerotrasportata, dotata di mezzi più leggeri. In tutto 85 mila uomini. Troppo pochi per inseguire la guerriglia tribale nelle montagne, troppi per tenere le città e le strade principali. L'abbondanza di carri armati ed aerei I Mig 21) fa sospettare che l'Armata Rossa abbia altri obiettivi, oltre l'Afghanistan. Per un'azione antiguerriglia sono necessari elicotteri e unità leggere di fanteria, non carri armati. Per i sovietici l'operazione Afghanistan è comunque appena cominciata. La missione dei giovani ufficiali dell'Armata Rossa, che si annoiano nelle fredde vallate attorno a Kabul, in mezzo a una popolazione ostile, è piena di incognite. Essa non si concluderà certo a metà febbraio del 198(1. in seguito alla minaccia americana di non partecipare ai Giochi Olimpici di Mosca. Bernardo Valli

Persone citate: Antonov, Breznev, Carter Misterioso, Jimmy Carter, Spesso