Palermo: mafia, politica e omertà archiviano il delitto Mattarella di Francesco Santini

Palermo: mafia, politica e omertà archiviano il delitto Mattarella Un mese fa veniva ucciso il presidente regionale Palermo: mafia, politica e omertà archiviano il delitto Mattarella Gli inquirenti dicono: «Ci scontriamo con muri di gomma, la città tutto assorbe e dimentica» - Per l'omicidio si parla di «nomi nuovi», sempre più in alto -1 morotei, di cui la vittima era leader, affermano: «Non ci siamo resi conto del groviglio d'interessi che avevamo toccato: l'hanno ucciso perché nulla cambiasse» DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE PALERMO — L'ultima Palermo, nel sole di febbraio, ha contorni e lo spessore di una «spugna lurida e gigantesca». Un poliziotto che del «delitto Mattarella» ha fatto l'impegno dei suoi giorni, descrive una città-ottusa che tutto assorbe e dimentica, anche l'assassinio di un presidente, di un dirigente politico deciso a mutare l'immagine dell'isola». Ma se il responsabile della Criminalpol ammette di scontrarsi con «muri di gomma spugnosa», il direttore del «Giornale di Sicilia», sconsolato, registra per la città un «delitto già archiviato». In via della Libertà, nella nuova Palermo, due mimose segnano un tratto d'asfalto: qui. il giorno dell'Epifania, cadde Mattarella. E' qui che, un mese dopo, inquirenti scrupolosi ancora s'affannano. Pochi scalini e una donna delle pulizie tiene in ordine lo «studio» del presidente. Hanno portato via centinaia di fascicoli, di piani, di documenti. E anche a Palazzo d'Orléans, nella sede della presidenza regionale, gli investigatori so no rimasti a lungo. Per un «delitto politico» c'è un nuovo lavoro da impostare e il questore Immordino dichiara: «Per la prima volta nella storia dell'isola si cerca di tracciare un quadro vasto che esce dagli schemi consunti della mafia». Ma tutto è difficile. Come per l'ultimo delitto dell'Uditore, il sesto dall'inizio dell'anno, il silenzio si carica d'omertà. Nel rione della mafia hanno ucciso un carrozziere di trent'anni. Unico testimone un ragazzo. A undici anni si impegnava nell'officina. Anche per lui è arrivato un proiettile. Perito a una gamba, non parla. «A 11 anni già le bocche sono cucite — commenta il questore — ma siamo all'Uditore: l'angoscia arriva se tace chi è in alto». E aggiunge: «C'è chi sa ma non parla: per il delitto Mattarella abbiamo incontrato alcuni collaboratori coraggiosi, ma c'è da domandarsi dove arrivi il coraggio a Palermo». Il sostituto procuratore Grasso che guida l'indagine ha riempito una stanza di documenti. Nei primi giorni, tutto il dossier Mattarella era contenuto in un armadio metallico. Poi i fascicoli si sono moltiplicati: verbali dei politici, documenti di governo, iniagini ispettive ordinate da Mattarella alle 8 del mattino quando, puntuale, superava il giardino degli Orléans e saliva al secondo piano. Verbali, testimonianze, dichiarazioni, •ma neppure una comunicazione giudiziaria. Ammette il magistrato: «Per firmare una comunicazione non ho fatti concreti: tento di dare compietela all'inchiesta, poi, al momento di formalizzare, dovrò tirare le fila di un lai'oro senza confini». A trenta giorni dal delitto magistrati, poliziotti carabinieri non sanno dove mettere le mani perché oggi, come ieri, il nemico, pur nelle nuove vesti di assassino politico, è sempre lo stesso. Escludono a Palazzo di Giustizia il delitto mafioso, ma ne avallano i metodi che rimangono inafferrabili come quelli della mafia. Ma con «nomi nuovi», sempre più in alto, inseriti nella gestione del potere che il questore Immordino traccia con un gesto deciso della mano quando dice: «Stiamo ricostruendo un quadro». Gli investigatori, nei palazzi dai soffitti dorati della Regione Sicilia, scoprono lo stesso immobilismo, l'identica volontà di lasciare tutto fermo nel tempo. Si ostacola ogni cambiamento, si impedisce la circolazione delle idee si respingono tutte le innovazioni, sempre in nome dell'immobilismo che è la categoria del mondo mafioso. E in questa trappola senza tempo è caduto Piersanti Mattarella che, come dice Zaccagnini nel ricordarlo, era impegnato in un lavoro difficile «per promuovere lo sviluppo e trasformare dal basso la Sicilia e il Mezzo' giorno». '. Scomparso Mattarella la mcns mappa democristiana si ricompone in una città che attende il prossimo congresso nazionale per adottare qualsiasi decisione. La novità viene dal segretario regionale. Rosario Nicoletti il cui nome per anni, nell'isola, è stato accostato a quello di Mattarella nella gestione di una «politica nuova». Nicoletti (autoblindata, scorta armata) in un'intervista ha escluso, con un colpo di spugna, di essere favorevole ad accordi di governo con il partito comunista. E' la spia di una situazione nuova, determinata dal delitto, dalla scomparsa dell'uomo che poteva «gestire» il cambiamento garantendo «nessun cedimento sui princìpi». I morotei di Mattarella con sette delegati al Congresso nazionale, sembrano in cerca di un nuovo leader siciliano. Salvatore Butera. che per anni è stato il primo collaboratore del presidente assassinato, non crede che un nuovo nome possa «emergere in fretta». «Non si sostituisce un punto di riferimento — dice — non si identifica, in poche settimane, un uomo che possa succeder¬ gli». Racconta di anni di lavoro di impegno quotidiano. «Terrorismo o mafia siamo dinotisi a un delitto politico — dice Butera — hanno colpito una persona nel pieno di una carica istituzionale. Ecco il movente: nelle cose che Mattarella andava facendo c'è la chiave dell'assassinio e noi non ci siamo resi conto della gravità . del groviglio d'interessi che andavamo a toccare. Mattarella governava con grande attenzione alla funzione del controllo, per questo l'hanno eliminato, perché nulla cambiasse». Ieri, nella chiesa di Santa Lucia al Borgo ornata di mimose la Palermo che conta s'è ritrovata nel tempio. Una messa per Mattarella nel sole di una città già estiva. Domani si riunisce l'assemblea regionale. Tenterà l'elezione di un nuovo presidente della Giunta. Nessun accordo, nessuna probabilità. Si aspetta il Congresso democristiano, mentre gli interessi della città e della regione cominciano a premere. Nei prossimi tre anni, in Sicilia sono da gestire 10 mila miliardi e la lotta per la successione è aperta. Al centro di ogni scontro, il risanamento del vecchio centro storico di Palermo: centinaia di miliardi in una danza frenetica di progetti e di appalti. E' un capitolo che sempre in ogni crisi, si ripropone e i politici della città dicono: «Sempre il risanamento ha portato guerre e faide di clan, che ancora oggi sia cosi?». Francesco Santini

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