Mare Nostrum, grande sconosciuto di Giorgio Martinat

Mare Nostrum, grande sconosciuto INCHIESTA SULLA PESCA: E' IN CRISI E CORRE NUOVI PERICOLI Mare Nostrum, grande sconosciuto Le reti a strascico dissestano i fondali sconvolgendone l'equilibrio naturale - E' urgente rendere più razionale lo sfruttamento del Mediterraneo - Ma dai laboratori di biologia marina a Fano, Palermo, e del Cnr a Ancona escono solo indicazioni approssimative: con scarso personale e mezzi insufficienti «ignoriamo tutto del nostro mare e dei suoi pesci» DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE FANO — II nuovo diritto del mare, riconoscendo le «zone economiche esclusive». ha già provocato, se non battaglie, colossali risse navali. Sono famose, tra i marinai, le tre «guerre del merluzzo», che si sono scatenate quando l'Islanda ha allargato la propria riserva di pesca a 200 miglia dalle sue coste: collisioni volontarie tra navi da guerra inglesi e guardacoste islandesi, rottura dei rapporti diplomatici, acquisto di motovedette armate da parte del fino a quel momento pacifico governo di Reykjavik. Altri conflitti si sono aperti nel mare di Barents tra Norvegia e Unione Sovietica, e tra quest'ultima e il Giappone attorno alle isole Kurili. .Nel Canale di Sicilia gli incidenti di pesca sono già abbastanza frequenti: che cosa accadrà quando il principio della «sona esclusiva» diverrà ufficialmente operante e la nostra flotta peschereccia sarà ristretta in limiti molto più angusti degli attuali, confinata sulle nostre coste? E' vero che sono state impoverite da una pesca selvaggia? Già alcuni anni fa il Conseii general des pèches de la Mediterranée, aderente alla Fao. sosteneva che erano scese a livelli preoccupanti, nei nostri mari, le forme di vita cìie vivono sul fondo, raschiato sema riguardi. Più. recentemente l'ammiraglio Giovanni Torrisi ha affermato che vi è una «deleteria tendenza a un irrazionale supersfruttamento. con l'uso di sistemi antiquati, maglie delle reti troppo piccole pesca a strascico». Pochi giorni fa il campione di pesca subacquea in apnea. Carlo Gasparri, ha detto: ..L'unico provvedimento che può evitare la distruzione del pesce costiero è la proibizione di usare reti a strascico entro tre miglia dalla costa». La grande accusata è dunque la pesca a strascico, praticata cioè con reti (tartane. rapidi e sfogliare) che vengono trainate sul fondo. Racconta il torinese Giorgio Alternano, laureato in biologia marina: «Quando preparavo la tesi, sono uscito molte voi- te con i pescatori a strascico. Nelle reti si trova di tutto: oltre a una quantità incredibile di rifiuti, lattine, plastica, bottiglie, che dimostrano il grado di inquinamento del fondo, grappoli di uova a milioni e una quantità di pesci minuti, il cosiddetto "novellarne", che vengono ributtati in mare morti o moribondi. E le reti dissestano il fondo marino, l'habitat naturale strappando la vegetazione rimescolando i detriti, sconvolgendo le tane». Vietare, dunque, la pesca a strascico? Disciplinarla, certo. Come, del resto, altre forme di pesca. Ma ogni intervento solleva problemi sociali ed economici insieme con perplessità di natura tecnica. Già molti anni fa Andrea Scaccini, un biologo che ha dedicato la sua vita ai problemi del mare e della pesca, scriveva: «Troppo spesso, anche in ambienti qualificati, si sente parlare di "overfishing", di sovrappesca o pesca irrazionale, senza che si abbia chiaro il significato di pesca razionale o si possa quantificare la irrazionalità con una misura esatta del danno provocato». Dice Corrado Ticinetti, che è succeduto a Scaccini nella direzione del laboratorio di biologia marina di Fano: «Una delle idee più diffuse e più sbagliate è che non facendo nulla, cioè sospendendo la pesca, i pesci aumentino. Non è affatto cosi». L'uomo non è che uno dei predatori del mare- se si ritira, altri prendono il suo posto: «Un fenomeno, dice Ticinetti, che Scaccini verificò durante la prima guerra mondiale quando la pesca in Adriatico fu forzatamente sospesa. I predatori aumentarono fino al 35% sul totale delle popolazioni di pesci, che nel complesso non registrò accrescimenti degni di nota». E quando i pescatori tornarono a gettare le reti, diminuirono ipredatori concorrenti, non il patrimonio ittico nel suo complesso. «Se anche l'uomo deve partecipare al banchetto, sostiene Ticinetti, allora bisogna dire che l'equilibrio naturale, con un alto numero di predatori, non è affatto il migliore. Anzi, nell'economia generale costituisce uno spreco. Si calcola che. a ogni gradino, della catena alimentare, i nove decimi dell'energia vadano dispersi e i carnivori "consumatori finali" costituiscono un prodotto estremamente costoso». / centomila quintali di naselli predatori pescati in media nel Mediterraneo dai pescherecci italiani hanno divorato (secondo una semplificazione molto schematica), un milione di quintali di sardine, che a loro volta si erano nutrite di dieci milioni di quintali di vegetazione e di plancton. La presema di molti predatori è. insomma, il segno di una non rmionale utilizzazione del mare. Ma come, allora, utilizzarlo ragionevolmente? Gli scienziati hanno elaborato un semplice modello matematico per descrivere l'andamento di una generazione di pesci, disegnando una curva su un quadrante cartesiano: ..All'età zero, cioè alla nascita, i pesci sono moltissimi, ma ciascuno pesa pochi milligrammi. Dopo la decimazione iniziale, che è spaventosa e distrugge il 95% delle larve, i sopravvissuti cominciano a crescere. Moltiplicando ogni anno il numero di pesci ancora in vita, sempre minore, con il levo peso individuale sempre maggiore, si ottiene la curva del peso complessivo che sale fino a un punto massimo, per poi ridiscendere a mano a mano che l'aumento di peso non compensa più la mortalità». Lasciata a se stessa, la generazione di pesci si ridurrà a pochi individui molto vecchi ed enormi (perché i pesci non cessano mai di crescere): il prodotto finale di un grande dispendio energetico, questo si del tutto irragionevole in un mondo affamiato. «L'attività dell'uomo, la pesca, dice Ticinetti. dovrebbe intervenire alla sommità della curva, quando la generazione è al massimo del suo peso complessivo. Ed è quello che si fa nei paesi che tentano di razionalizzare la pesca, prescrivendo reti con maglie cosi larghe da catturare solo i pesci giunti alla taglia che noi chiamiamo di "reclutamento": di reclutamento alla pesca, appunto». E' abba- Si celebra in Urss il centenario di Aleksandr Blok MOSCA — Si celebra in Urss il centenario della nascita del poeta Aleksandr Blok (1880 - 1921), autore della Baracca dei saltimbanchi, di La rosa e la croce, di / dodici, drammi e poemi che ne fanno un esponente tra i più significativi delle avanguardie europee. Mentre l'Unesco annuncia una manifestazione a Leningrado per il 28^ novembre le autorità sovietiche stanno predisponendo un'edizione in quindici volumi delle opere di Blok. starna facile nei mari popòiati in prevalema da una sola specie: un esempio potrebbe essere il merlmzo delle coste islandesi: «Ma nel Mediterraneo la pesca monospecifica è impossibile: ogni rete salpata dal mare contiene almeno venti varietà». E' la prima difficoltà che si incontra nel tentativo di disciplinare le catture. «Proibire la pesca a strascico a meno di tre miglia dalla costa? E' quello che si fa nell'Adriatico. Ma nel Tirreno, dove il fondo roccioso scende bruscamente, equivarrebbe a vietarla del tutto: ci si è limitati a proibirla sui fondali a meno di 50 metri di profondità». Una disciplina più drastica avrebbe gravi consegueme di natura economica e sociale: perché la maggior parte dei pescherecci italiani pesca, appunto, a strascico e perché -solo con questo sistema si catturano le specie commercialmente più pregiate: naselli, triglie, sogliole, code dì rospo, gamberi rossi, mazzancolle, scampi, pannocchie, polpi, seppie e calamari. Vietare la pesca in certe stagioni, o lungo certi tratti di costa, a rotazione? E' quel die si fa in Spagna e in Jugoslavia, ma i vantaggi sono dubbi e gli inconvenienti certi. «La realtà è, conclude Ticimtti, che non sappiamo bene come intervenire, perché ignoriamo tutto nel nostro mare e dei pesci. Non abbiamo una nave oceanografica, ci sono tre istituti (il nostro, quello di Palermo e il laboratorio del Cnr ad Ancona) che lavorano tra grandi stenti, con scarso personale e mezzi insufficienti. Cosi si continuano a prendere provvedimenti approssimativi, basati sulle opinioni correnti che hanno ben poco di scientifico: è questo l'aspetto più irrazionale della pesca in Italia». Mare Nostrum, grande sconosciuto. Prima di tutto, bisognerebbe pescarvi informazioni e conoscenze. Ma è l'unica pesca che nessuno fa con un impegno serio e costante. Giorgio Martinat

Persone citate: Aleksandr Blok, Andrea Scaccini, Blok, Carlo Gasparri, Giorgio Alternano, Giovanni Torrisi, Scaccini