I capolavori dell'arte ligure di Angelo Dragone

I capolavori dell'arte ligure SI RIAPRE, DOPO DECENNI, IL MUSEO DELL'ACCADEMIA LIGUSTICA I capolavori dell'arte ligure DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE GENOVA — Nel palazzo di piazza De Ferrari, dove ha sede dal 1831, l'Accademia Ligustica di Belle Arti ha riaperto nei giorni scorsi il suo museo rimasto chiuso per decenni. Vi presenta 130 dipinti, dei 350 circa che fanno parte del suo patrimonio artistico, che conta quasi ottomila tra disegni e incisioni, una cospicua gipsoteca e un buon numero di sculture e medaglie, che attendono una sistemazione. La quadreria comprende opere di maestri italiani dal Trecento all'Ottocento, che documentano in modo particolare la pittura ligure, con notevoli presenze anche nell'ambito della cultura artistica settentrionale. Un insieme di tale livello qualitativo che giustifica l'importanza nazio naie riconosciuta a questo museo in grado di interessare anche il pubblico più vasto, al di là della funzione specifica ch'esso assolve come centro di attività didattica, sia nell'approfondimento della storia dell'arte, sia per il corso di re stauro: tra i pochissimi che in Italia si svolgano con serio impegno, in collegamento e con la partecipazione di docenti dello stesso Istituto cen trale di Roma. Per la «Ligustica» la riapertura del museo costituisce un momento lungamente atteso e preparato con paziente accortezza. Il direttore, prof. Gianfranco Bruno, s'è trovato alla fine con un congruo numero di sale rinnovate e con importanti nuclei di quadri (compresi quelli già concessi in deposito a Palazzo Bianco e fatti ora rientrare) valorizzati spesso da oculati interventi conservativi. L'e- sposizione non manca di documentare, anche sul piano didattico, le tecniche di rilevamento grafico, adottate nel caso di un paio di figure di Nicolò Corso, in vista del loro restauro. Allo stesso modo ampie didascalie illustrano l'opera della Soprintendenza per i Beni artistici e storici della Liguria negli interventi in cui si sono impegnati ora dei professionisti locali, ora il Laboratorio Nicola di Aramengo. Gli anni di attesa hanno visto progredire anche gli studi storici. Un intero quaderno dell'istituto di storia dell'arte dell'Università, introdotto da Corrado Maltese, titolare della cattedra e responsabile d'una ricerca avviata fin dal 1970 col concorso del Consiglio nazionale delle Ricerche, è costituito da un ampio saggio di Franco Sborgi su Pittura e cultura artistica nell'Accademia Ligustica a Genova. 1751-1920. Il Museo della Ligustica — che fu pure il primo ad aprirsi in Genova (ancor prima di Palazzo Rosso e di Palazzo Bianco dove soltanto nel 1892 si giunse a un primo riordino delle loro collezioni) — offre una più organica presentazione della pittura legata alla cultura della regione, mettendo insieme in luce altre opere significative. Tra queste i Quattro Santi attribuiti a Do- nato de Bardi, un pavese operoso a Genova, facendo da tramite tra fiamminghi e lombardi, e le Mezze figure di Apostoli della predella da ricollegarsi a quelle dell'Oratorio dell'Assunta in Diano Castello in cui s'è riconosciuto il chiaroscurato plasticismo di Nicolò daVoltri. A chiarire certi influssi che hanno segnato gli sviluppi della pittura ligure può poi servire l'opera di Francesco d'Oberto, mediatore di modi pisani, o la presenza di Perin del Vaga, entrato nel 1527 al servizio di Andrea Doria. Col Cambiaso si passa dalle aperture sul colorismo veneto e correggesco al più incisivo e intimo luminismo notturno, e di qui alla fioritura pittorica dei Sei e Settecento, vera linea |x>rtante della pinacoteca. Ricordiamo la Pietà di Bernardo Strozzi, con spunti di manierismo lombardo, e il bozzetto del suo Paradiso affrescato (1620/23) in San Do menico ma distrutto due secoli dopo, restandone un superbo frammento con la testa del S. Giovanni Battista. Né può dimenticarsi la Deposizione, vero punto d'arrivo del l'Ansaldo. In ambito caravaggesco, v'è da segnalare ancora Il luminismo del S. Pietro che risana il paralitico, del Saltarello, mentre la tela che più di ogni altra può forse colpire il visitatore per la realtà spoglia dell'ambiente e l'intensità espressiva del gesto è quella di Esaù e Giacobbe, capolavoro di Giovanni Andrea De Ferrari. Prosegue cosi l'itinerario storico di questa scelta, con opere dell'Assereto e di Orazio De Ferrari, suo condiscepolo presso l'Ansaldo, e con altri dipinti del Grechetto. del Fiasella e di Valerio Castello: più avanti con esempi del Gallili, e del Guidobono. sino alle architetture e al «rovini sino» del Travi, con i paesaggi del Tavella. A tempi nuovi nuovi stili: attraverso il Mengs. tuttavia, rappreseli tato da un i4utorirrat(o di studiala semplicità, il neoclassi cismo si faceva eclettismo. Seguì il romanticismo, tra pittura di storia e paesaggio dai Luxoro si giunse al Rayper, col De Avendano e il D'Andrade. operosi anche in Piemonte a Rivara. Ma il dipinto del Merello qui esposto non appartiene più alle colle zioni dell'istituto: ed è questa la riprova della frattura che nel suo saggio lo Sborgi ha puntualmente registrato una cinquantina d'anni fa tra la LigusLica e l'ambiente citladi no. Il suo «deposito» oggi seni bra però voler ristabilire un rapporto che riuscirà certo fruttuoso: e i>er Genova non meno che per la sua Accademia. Angelo Dragone ltpmctAenr