Carlo Afa è tornato a Brandino nella bara coperta di rose rosse

Carlo Afa è tornato a Brandino nella bara coperta di rose rosse Oggi alle 15 i funerali del sorvegliante assassinato a Settimo Carlo Afa è tornato a Brandino nella bara coperta di rose rosse La veglia di famigliari e amici nella camera ardente allestita nell'alloggio - Lutto di tutta la città - Sui muri decine di annunci funebri: «Signore perdona loro» - Le indagini La bandiera a mezz'asta sulla facciata del palazzo comunale. Sui muri, decine di annunci bianchi listati di nero, chiazze vivide ancora fresche di colla, che invitano a non odiare gli assassini: «Signore perdona loro perché non sanno quello che fanno». Qualche sguardo colmo di pietà, per strada, al passaggio del carro funebre con il feretro che riporta a casa, dall'obitorio, un corpo straziato a morte dalle pallottole dei terroristi. Cosi Brandizzo, in lutto per l'ultimo, tragico attentato, accoglie i famigliari del sorvegliante Framtek assassinato e ne rispetta il silenzioso dolore: un mesto corteo con la moglie della vittima, Italina Ala, le figlie Cristina, Caterina e Maria Pia. e una decina tra i parenti più intimi. Ad attendere la salma di Carlo Ala, ieri pomeriggio, in via Po 16, non c'erano curiosi, delegazioni, autorità. Nessuno vicino al cortile della palazzina, angusto e appena sfiorato dai raggi di un tiepido sole; nessuno sui balconi che affacciano 11 accanto, quando il carro funebre s'è fermato davanti all'ingresso. Gli occhi senza più lacrime, in composto silenzio, Italina Ala e le figlie hanno seguito con sguardo affettuoso la bara coperta di rose rosse, accompagnandola alla camera ardente preparata nel loro alloggio. Li veglieranno in intimo raccoglimento fino alle 15 di oggi pomeriggio, ora dei funerali e, forse, dei discorsi solenni. In un consiglio comunale aperto, svoltosi l'altra sera con il consiglio di fabbrica della Framtek, cittadini e autorità, è stato votato un ordi- ne del giorno che rinnova ferma condanna del terrorismo, con impegno «alla difesa della democrazia e delle istituzioni, degli impianti e della vita umana». Nel lutto cittadino, oggi la Giunta comunale sarà presente ai funerali con il gonfalone, a fianco di autorità, delegazioni sindacali, anonima folla, e in una condanna unanime della violenza sanguinaria il registro delle partecipazioni si colmerà di firme. Ma loro, moglie e figlie della vittima, hanno voluto sugli annunci di lutto quella frase pietosa: «Signore, perdona loro... Questo ci ha insegnato Carlo Ala». Non odio per gli assassini, ma perdono: è il testamento spirituale che l'ucciso lascia ai suoi carnefici ed alle loro coscienze, più pesante di qualunque condanna o maledizione. L'autopsia svolta dal professor Baima Bollono ha intanto confermato che la morte del sorvegliante, colpito alle gambe da otto proiettili, è sopravvenuta per dissanguamento in seguito alla lacerazione della arteria femorale. Un rischio corso anche dal collega della vittima. Giovanni Pegorin, raggiunto da sette pallottole ma, fortunatamente, in punti non vitali: le sue condizioni sono leggermente Roberto Reale iiiiiiiiinmiimi niininiinmimimiiiiiin migliorate e, secondo i sanitari del Maria Adelaide, dov'è ricoverato, dovrebbe recuperare tra due mesi le normali funzioni degli arti colpiti. Ad oltre 48 ore dal «raid» rivendicato dai Nuclei comunisti territoriali è stato possibile, per carabinieri, polizia e uomini dell'antiterrorismo, ricostruire nei particolari l'assalto sanguinoso alla Framtek di Settimo. Mentre si preparano gli identikit dei componenti del «commando» (quattro uomini e una donna, alcuni a volto scoperto) viene confermato che il vero obiettivo dei terroristi era la centralina del metano situata accanto all'infermeria, che alimenta tutta la fabbrica: se fosse esplosa, si dice, avrebbe potuto causare una reazione a catena nei quattro altiforni dello stabilimento, provocando una strage tra i 40 lavoratori del turno di notte. In seguito al nuovo attentato di Settimo la città ha ripreso, intanto, l'aspetto da stato d'assedio già sperimentato durante il processo alle Brigate rosse: posti di blocco con pattuglie di uomini armati in assetto antiguerriglia, presidi di polizia e carabinieri con giubbotti antiproiettile, massiccio impiego di pattuglie anche nei comuni della cintura, ronde di «jeep» e pullmini corazzati per le strade di periferia. Unico risultato, finora, il ritrovamento di una delle due auto usate per l'assalto, abbandonata dai terroristi alla Falcherà ad appena quattro chilometri da Settimo, con le ruote sporche di fango per la fuga lungo strade di campagna: sull'auto, una «131», non sono stati rinvenuti oggetti né tracce di sangue, ma solo un foro di proiettile con traiettoria verso l'esterno. Infine il cordoglio della gente per un'altra vita spenta «nel mucchio». E' morto un lavoratore, un padre di famiglia di 59 anni, alle soglie della pensione. Fuori dai messaggi stereotipati, nessuno ha più parole da spendere; neppure chi, a Brandizzo, conosceva, anche soltanto di vista, Carlo Ala ed i suoi famigliari. Gente buona, gente che perdona anche gli assassini. «Non vorrei essere al loro posto, poverette — mormorava ieri una donnetta anziana, seguendo con lo sguardo il mesto corteo —. Uno esce per andare a lavorare e toma chiuso in una bara: in che mondo schifoso viviamo». La vedova dell'ucciso, con le figlie, attende che la bara esca da Medicina Legale

Persone citate: Baima Bollono, Brandino, Carlo Ala, Giovanni Pegorin, Maria Pia

Luoghi citati: Brandizzo, Settimo