Bande autonome, non una organizzazione l'industria del sequestro in Sardegna di Remo Lugli
Bande autonome, non una organizzazione l'industria del sequestro in Sardegna Lo pensano gli inquirenti che si occupano del triste fenomeno Bande autonome, non una organizzazione l'industria del sequestro in Sardegna I componenti di queste gang commissionano un rapimento, affidano la vittima a un latitante, poi tornano alle loro case - Nel '79 il «fatturato» in riscatti è stato di 3500 milioni DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE CAGLIARI — Questa grande struttura sarda del crimine e più specificatamente del sequestro di persona (tre miliardi e mezzo di «fatturato» nel '79) come è organizzata? E' una domanda che da tempo si pongono gli inquirenti, ma che non ha mai avuto una risposta sicura. Può darsi che tra breve, quando si saranno chiarite le posizioni e le responsabilità dei trentanove che nei giorni scorsi hanno ricevuto i mandati di cattura del giudice Lombardini. si possa dire una parola di spiegazione in più. Finora si è andati avanti con le supposizioni: il mondo della malavita è rimasto misterioso, chiuso all'interno nel mutismo assoluto, e , all'esterno, protetto dall'altrettanto inesorabile omertà. Per cercare di capire, bisogna sentire le opinioni degli addetti ai lavori. Incominciamo dallo stesso dottor Lombardini. «£' sbagliato ritenere che i delinquenti dell'isola siano costituiti in bande ben determinate, con tanto di organizzazione stabile e magari con tanto di piramide gerarchica — dice —. Nulla di tutto questo. Esiste, invece, un "giro", del resto limitato, di persone che si dedicano, più o meno continuativamente, a questo tipo di reati, legate tra loro da tutta una serie di rapporti, di amicizie, di interessi, di protezioni, e che si collegano e si riuniscono, volta per volta, nelle più varie combinazioni, per la commissione di un sequestro, salvo, poi, a riprendere immediatamente la vita normale, rientrando in paese, riprendendo la consueta attività di ogni giorno». Quindi non una «anonima sequestri» chiaramente configurata e strutturata. Per il magistrato un sequestro si può effettuare dopo una breve preparazione: e dopo che lo si è attuato, c'è la rapida marcia notturna al termine della quale l'ostaggio viene, affidato, per la custodia, a qualche latitante (costretto a rimanere alla macchia e quindi ben idoneo a svolgere questo incarico della sorveglianza senza che la sua assenza dal paese possa suscitare sospetti). Tutti gli altri si affrettano a tornare alle loro case, al loro bestiame, e a procurarsi alibi, ricchi di testimoni e dì riscontri, falsi, naturalmente, ma dei quali è difficilissimo dimostrare la falsità, la preordinata preparazione. L'avvocato Aldo Marongiu, esperto di sequestri per la sua lunga attività come difensore di rapitori e di assistente di familiari di sequestrati, esclude anche lui l'ipotesi di un'unica organizzazione di tipo mafioso e piramidale. «Il delinquente sardo è individualista, non ama essere inquadrato. Penso che esìstano diverse cellule autonome e autosufficienti che possono avere tra loro dei contatti sporadici. Le cellule sono composte dal basista, dal commando operativo che esegue il sequestro, dai custodi, per lo più latitanti, da coloro che tengono i contatti con gli emissari, e dai riciclatori». Su questi ultimi, che puliscono il denaro sporco, c'è la convinzione comune che. anche nell'ipotesi della molteplicità delle bande operative, siano gli stessi che servono per tutti. Secondo il procuratore generale dott. Giuseppe t—ocufpscae Villa Santa, non è improbabile che a questa operazione si,| dedichino elementi apparentemente al di sopra di ogni sospettò:'commercianti che per" i loro affari maneggiano molto denaro, ad esempio. «E infatti — egli sottolinea — in questa ultima fruttuosa operazione contro i sequestratori sono stati implicati un concessionario di automobili, un negoziante di uova, uno di frutta e verdura, uno dì calzature, che certamente hanno, potuto agire anche grazie alla scarsa correttezza delle banche, le quali non si attengono ai controlli che dovrebbero eseguire in presenza di versamenti forti o sospetti». Anche l'avvocato Marongiu è dell'avviso che le banche abbiano una loro voce in questo capitolo. «E'mai possibile—si chiede — che si possano smaltire con facilità in Sardegna tanti miliardi sporchi? E' evidente che, o direttamente o attraverso la via bancaria, il denaro sporco finisce in Continente. Non vi è dubbio che le banche intendono malamente il diritto al segreto bancario e che dovrebbero effettuare maggiori con trolli». Anni fa, la commissione parlamentare d'inchiesta sulla criminalità in Sardegna aveva ritenuto di poter addebitare le cause della delin¬ quenza allo stato di miseria della popolazione agropastorale. Secondo il dott. Villa Santa, quella valutazione era errata. «Sono stati creati centri industriali come Ottana, eppure i sequestri di persona sono in aumento: un arrestato, occupato proprio a Ottana, con 600 mila lire al mese di stipendio, faceva il sequestratore: i sequestratori, come si è detto, sono dei commercianti, degli allevatori, tutti ricchi. Si delinque unicamente per smodata sete di denaro». E' di questo avviso anche il dott. Emilio Pazzi, dirigente della Criminalpol della Sardegna: «I pastori poveri sono pochi, con 400 pecore si ha un guadagno mensile di due milioni e mezzo, e sono molti ad avere un patrimonio di ovini che si conta a centinaia di ca-, pi». Il dott. Pazzi non crede nella tesi delle varie bande: pensa che esista un'unica organizzazione che faccia capo ad alcuni cervelli. «La scorsa estate si ebbero persino nove sequestrati contemporaneamente, ma le trattative venivano condotte per non più di due sequestrati per volta. Se ci fossero stati tanti gruppi quanti erano gli ostaggi, anche le trattative potevano procedere tutte insieme». Chi saranno questi cervelli? «Qualche latitante e personaggi insospettabili, non certo i pastori — risponde Pazzi —. Il sequestro di persona è nato qui, è stato esportato in Continente e di là è tornato con le nuove tecniche e le nuove cifre: prima bastavano le decine di milioni, ora si procede a miliardi. Chiedono i miliardi quelli che sono già abituati a maneggiare molto denaro». Possono esserci collegamenti tra la malavita ordinaria e la criminalità politica? Il dott. Antonio Pitea, capo del-1 la Digos sarda, e anche gli altri inquirenti escludono che finora ci siano stati dei sequestri a scopo politico. Remo Lugli
Persone citate: Aldo Marongiu, Antonio Pitea, Emilio Pazzi, Lombardini, Marongiu, Villa Santa
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