Casirati cercò di avvertire Varisco che i brigatisti volevano ucciderlo di Sandra Bonsanti

Casirati cercò di avvertire Varisco che i brigatisti volevano ucciderlo Chiese di incontrare in carcere il colonnello dei carabinieri Casirati cercò di avvertire Varisco che i brigatisti volevano ucciderlo Alunni gli aveva parlato delle intenzioni delle Br - Da San Vittore scrisse alcune lettere al procuratore capo Gresti sollecitando il colloquio - Fu ascoltato a Cuneo, ma non parlò per paura di rappresaglie - Ribadite le accuse a Negri ROMA — La condanna a morte del colonnello dei carabinieri Antonio Varisco fu decretata all'interno di un gruppo di terroristi detenuti tra i quali erano Corrado Alunni eì il brigatista Lauro Azzolini. Carlo Casirati, rinchiuso con Alunni nel braccio speciale di San Vittore venne a conoscenza della preparazione dell'attentato e scrisse alcune lettere al procuratore generale Gresti chiedendo «di essere ascoltato nel carcere di Milano in presema di un ufficiale dei carabinieri, possibilmente il colonnello Varisco» per metterlo al corrente di ciò che gli risultava. Le «rivelazioni» di Casirati ai magistrati gettano oggi una nuova luce sullo spietato omicidio compiuto nel luglio scorso. Alunni era stato deciso: «Il colonnello delle traduzioni è già inquadrato. Quel bastardo ha ancora poco da campare». Poi Carlo Casirati fu trasferito a Cuneo dove incontrò Az zolini. Il brigatista gli confermò la notizia avuta da Alun ni. Fu nel carcere di Cuneo che la magistratura decise finalmente di chiedere a Casi rati che cosa intendesse dire con le lettere spedite a Gresti. Si presentò il sostituto procuratore Spataro con un ufff ciale dei carabinieri. Casirati però rifiutò il colloquio. In uno dei recenti interrogatori ha finalmente spiegato le sue ragioni: avrebbe parlato a Milano — ha detto — ma nel piccolo carcere di Cuneo era troppo «esposto» allo sguardo dei terroristi ed ebbe paura Mentre sono ancora in cor so i riscontri su ciò che Casirati ha raccontato ai magi strati nel corso di quattro in terrogatori — l'episodio Varisco è però confermato dalla presenza delle lettere spedite alla procura di Milano —è già possibile tentare un primo bilancio delle «rivelazioni» di questo personaggio a metà tra la criminalità comune e la lotta armata, inserito nei gangli di organizzazioni tanto diverse, ma strettamente collegate, e spesso portato a coprire, con opportuni silenzi, responsabilità non ancora venute alla luce. Si indaga adesso soprattutto su un progetto che avrebbe dovuto far evadere Curcio un gruppo di brigatisti con l'aiuto esterno di terroristi che avrebbero ricevuto le informazioni e le cartine dettagliate disegnate da Casirati per mezzo di un avvocato. Nei primi mesi del '79 Casirati parlò ad Alunni dell'esistenza di un tunnel sotterraneo che collegava l'ex carcere per minorenni, Beccaria, a San Vittore: un tunnel, ha spiegato Casirati. che serviva alle suore per passare da un istituto all'altro. Il gruppo «esterno» doveva penetrare nel Beccaria, ormai disabitato, percorrere il tunnel e giungere fino alle celle di isolamento. Alunni chiese a Casirati una piantina dei luoghi e assicurò che un legale avrebbe avvertito i suoi amici. Il piano doveva scattare nel periodo del processo Gap-Feltrinelli in cui erano imputati Curcio e compagni. Ma Alunni fu trasferito e cosi anche Casirati. Tutto il racconto fiume del criminale più o meno pentito prende l'avvio dai contatti avuti prima della sua evasione nel febbraio del '74 con un detenuto che gli parlò dei legami che si andavano stringendo fra organizzazioni politiche e malavita comune. Subito dopo l'evasione — dice Casirati — un ex detenuto mi presentò a casa sua un membro di rilievo della organizzazione politica di cui avevo sentito parlare in carcere: costui era Oreste Strano, detto «il partigiano». Fu poi Strano a presentargli Fioroni e a portarlo a Padova, dove venne ospitato dal Liverani in casa di Toni Negri. Negri lo salutò chiamandolo per nome e dicendogli: «Ci siamo conosciuti a San Vittore». Casirati sostiene che non era vero e forse Negri lo disse per accreditare una sua im-. magine di duro. Parlarono a lungo, quella notte. Fino al momento in cui Casirati non ne potè più delle teorie politiche del professore. «Gli dissi die i suoi discorsi non mi facevano tanta impressione e che. come capacità, era secondo me inferiore a tale Mimi Botta, truffatore napoletano da me conosciuto. Gli dissi che il suo Vangelo non mi interessava e di venire al sodo». L'organizzazione gli commissiona le prime rapine. Casirati incontra i membri che contano: Egidio Monferdin Temil ed altri. I primi colpi vanno male: non riescono a rubare le buste paga dei prò fessori dell'Università di Padova, e nemmeno a rapinare un'industria di Mestre. Le riunioni avvengono in una villa al Lido di Venezia di proprietà di un importante per sompdmtrrddbopcliDpuvsavpan sonaggio veneziano. «Negri mi rincuorava facendomi capire che non era per colpa mia die si erano verificati i fallimenti». A Milano Casirati entra nel giro della Silvana Marelli, compagna di Monferdin. di Caterina Pilenga, la regista della tv arrestata il 21 dicembre; Strano e Fioroni sono onnipresenti. Dopo i furti (quadri, una partita di lenti ecc.) si comincia a parlare di sequestri: fallisce quello dell'industriale Duina per il quale era già pronta una «prigione» presso una ditta elettronica di Padova; spunta Saronio. Dice Casirati: «Non ho assolutamente alcun dubbio che il benestare venisse innanzitutto dal Negri perché anche per le piccolezze si doveva avere la sua autorizzazione». Segue il lungo racconto meticoloso dell'esecuzione del sequestro, Saronio che porge i polsi a un finto carabiniere a cui uno del gruppo dice: «Brigadiere, gli metta i ferri». I carcerieri, secondo Casirati. furono due «politici», uno dei quali è un noto personaggio delle Br di cui non vuole fare il nome. Protagonisti delle «confessioni» di Casirati risultano, oltre a Toni Negri, la Marelli, la Pilenga, Monferdin e Oreste Strano. Ovviamente spuntano anche altri nomi, già fatti da Fioroni, da Gavazzeni a Borromeo e altri. Di Strano inoltre Casirati ricorda un episodio avvenuto durante il sequestro Sossi: gli disse che sarebbe stato liberato da 11 a due giorni (cosa che avvenne) e che sarebbero state usate particolari cautele perché i rapitori temevano che la polizia potesse ucciderlo per far ricadere la responsabilità sulle Br. Come si ricorderà accadde infatti che Sossi, liberato a Milano, arrivò in treno a Genova, accompagnato da un avvocato, e chiese di essere scortato dalla Guardia di Finanza. Altro particolare inedito delle «rivelazioni» di Casirati: l'attrezzatura per la falsificazione dei documenti era custodita da Liverani nella casa di Negri a Padova, «nella stanza die si affacciava sulla terrazza piena di glicini». Sandra Bonsanti