Tra mostro e semidio di Furio Jesi

Tra mostro e semidio NUOVA EDIZIONE DI GOETHE Tra mostro e semidio Tutti i buoni lettori di Thomas Mann sanno che il 6 ottobre 1816 Sua Eccellenza il signor Johann Wolfgang von Goethe. Consigliere Segreto, già Presidente della Camera del ducato di Sassonia-Weimar, mandò un bigliettino alla signora Charlotte Kestner nata Buff. temporaneamente ospite dell'albergo All'Elefante di Weimar: la invitava a teatro: sebbene non potesse accompagnarla, le metteva a disposizione la sua carrozza. La signora accettò, andò a teatro, si divertì e si commosse. Quando il cocchiere la ricondusse all'albergo, il cameriere che sostava sulla porta in vedetta corse ad offrirle i suoi servigi: «... posso porgerle il braccio? ... Santo cielo, signora, bisogna proprio che lo dica: aiutare la Lotte di Werther a smontare dalla carrozza di Goethe, è un evento — conte esprimersi? degno di un libro». Il libro ci fu — appunto Carlotta a Weimar, che Mann pubblicò nel 1939 —, e fu il libro capace di chiudere in un anello il romanzo della giovinezza di Goethe, il Werther, con quello della vecchiaia, le Affinità elettive. Nelle Affinità elettive Goethe, rappresentate le tombe vicine degli amanti, termina così: «... e sarà un momento felice, quand'essi si ridesteranno un giorno insieme». Nel suo libro. Mann pone sulle labbra di Goethe queste ultime parole alla ormai sessantatreenne «Lotte di Werther»; «... e sarà un momento felice, quando ci ridesteremo un giorno insieme». Nella prefazione alla nuova edizione di Romanzi di Goethe (che comprende il Werther, la Vocazione teatrale di W. Mei ster e le Affinità elettive: a cura di R. Caruzzi, Mondadori), Claudio Magris ricorda: «Il morire, dice una delle più grandi poesie goethiane, è divenire». Questa certezza, più che speranza, fa sì che in Carlotta a Weimar il romanzo giovanile di Goethe si congiunga al romanzo senile. Si è detto spesso che il giovane Goethe non va confuso con Werther, e che an zi uno dei motivi della gran dezza del romanzo sta nella di stanza presa dall'autore rispet to al personaggio. In Carlotta a Weimar, però, si attua una mi steriosa solidarietà fra Werther e il vecchio Goethe (il vecchio Goethe che dice alla vecchia Lotte «ci ridesteremo»), e que sta solidarietà determina una retrospettiva e guaritrice identificazione fra Werther e il suo giovane autore. Non si diviene soltanto in direzione del futuro. Si diviene anche in direzione del passato: i dolori del giovane Werther, che parvero insanabili e irrevocabili anche in Goethe giovane, tanto da fargli prendere le distanze dal personaggio per riuscire a sopravvivere, trovano nel vecchio Goethe del finale delle Affinità elettive non un tardivo anestetico, ma una paradossale guarigione retroattiva. Si disvela il fatto — non la speranza — che le ore di dolore del passato non furono mai veramente ore vuote, perdute, di carenza. La reintegrazione dell'io nella sua pienezza, a dispetto dell'apparente irreversibilità del tempo (il divenire verso il passato oltre che verso il futuro), mostra che quelle ore erano già ore dell'io tutto intero. Se in un momento della vita si diviene interamente se stessi, questo evento è tale da rivelare tutta la vita come un eterno presente di interezza. Le ore di sofferenza del passato furono di solo apparente povertà: già si possedeva quanto si sarebbe avuto «più tardi». «Più tardi», ad occhi affetti dalla miopia storicistica che solitamente affligge gli uomini. Goethe volle essere intera' \ Fil l mente uomo su questa terra, con tutta la miopia (non solo storicistica) degli uomini — sebbene fosse continuamente turbato, nel guardarsi allo specchio, dal rischio di riconoscersi «il mostro o il semidio», come dice un verso dell'///genia. Nella ballata // dio e la baiadera non è troppo audace considerare autobiografici i versi in cui egli narra che il dio indiano Mahadeva «viene dall'alto ... I per essetc uguale a noi. I partecipare alla gioia e al dolore. I E ' disposto ad abitare qui. I a far sì che gli accada ogni cosa fumanaI». Anche Magris, all'inizio del-! la prefazione, cita // dio e la baiadera, in particolare i versi in cui il dio, sotto le sembianze di un giovane viandante, si ferma con una baiadera in una casa di piacere: «In due versi della ballata Goethe ha racchiusola sua concezione, tipicamente classica, circa il rapporto fra arte e natura, cultura e spontaneità: la notte è agli inizi e la baiadera, mentre sta prodigando le sue tecniche erotiche, si va innamorando via via del suo compagno, sicché "le sue arti precoci diventano, a poco a poco, natura"». AI mattino il dio. per sottoporre la donna a una prova crudele ma salvifica, le appare morto: ella «poiché inquelle poche ore ha appreso ad amarlo, vuole seguirlo ... sul rogo, come si addice ad una sposa. Nelle fiamme funebri che avvolgono i due amanti il dio risorge e risale al cielo portando con sé la donna, che l'amore ha liberato dall'amore di professione». Il passaggio da arte a natura (dall'amore di professione all'amore) è .un divenire che, agendo verso il passato così come verso il futuro, reintegra la creatura umana nella sua interezza e la rende se stessa da sempre e per sempre. Magris però non sottolinea l'infrazione che. nella ballata, coincide con questo divenire. La prostituta vuole seguire sul rogo il compagno di una notte, morto, e dapprima ne è impedita dai sacerdoti: secondo la legge sacra, questo è dovere e gloria di una sposa, non di una baiadera. La prostituta, per la quale l'amore artificioso, simulato, è «divenuto natura», infrange tuttavia la legge e sceglie di gettarsi sul rogo. «Muori e divieni» dice la lirica di Goethe (Selige Sehnsuchl, traducibile approssimativamente con Brama beata) che già abbiamo citato sulla scorta di Magris. Solo scegliendo l'infrazione, per amore «divenuto natura», la prostituta diviene interamente se stessa e la povertà d'amore (qui rappresentata come artificiosità, professionalità d'amore) diviene totale ricchezza d'amore ne! «sempre»: ricchezza che si disvela già presente nel passato di apparente miseria, così come è già vera nel futuro. Il suicidio della baiadera diviene identico al suicidio di Werther, nel momento di un beato dopo-Werther che irraggia la sua veridicità extratemporale su tutto l'arco di vita dell'uomo. Così l'anello che si chiude, nel libro di Mann, fra il Werther e le Affinità elettive è materiato di infrazione: nel Werther, infrazione del divieto di amare la fidanzata e poi la sposa dell'amico: nelle Affinità elettive, infrazione simboleggiata in modo conclusivo dalla collocazione vicina delle tombe di due amanti in una cappella cristiana (come i sepolcri di Tristano e Lsotta) e configurazione di quelle tombe quasi come tombe di santi: «epoiché /Edoardo/ s'era assopito nel pensiero della sua santa /Ottilia/, ben si poteva chiamarlo beato.... Così riposano gli amanti, l'uno accanto all'altra. Aleggia pace sulle loro tombe: serene figure d'angeli, segretamente affini, li guardano dall'alto della volta...». La necessaria «santità» dell'infrazione domina la produzione narrativa di Goethe dalla vecchiaia alla giovinezza. Per Goethe «La natura — dice Magris —, la sciolta libertà del proprio essere, è una meta che balena all'orizzonte dell'individuo e che egli, superando in se stesso il disagio della civiltà e l'alienazione sociale, può sperare di raggiungere grazie ali 'esercizio della cultura, del lavoro e dell'arte, che soli possono consentirgli di giungere, col toro aiuto, oltre di essi, a una pienezza dell'esistenza nella quale le ferite dell'incivilimento liana state sanate... ». Rousseau insegna: dopo il peccato originale dell'incivilimento, solo la scelta dell'infrazione, non quella del contratto sociale, può essere irrevocabile Furio Jesi

Luoghi citati: Sassonia, Weimar