Carter: «Il pericolo viene dall'Opec»

Carter: «Il pericolo viene dall'Opec» La relazione Usa prevede nuovi aumenti di prezzo del petrolio Carter: «Il pericolo viene dall'Opec» NEW YORK — Per gli Stati Uniti, il prossimo sarà un biennio di recessione e inflazione insieme; per il mondo intero, sarà un biennio di ulteriori, gravi aumenti dei prezzi del petrolio, che metteranno a dura prova il sistema monetario internazionale. Tali previsioni emergono dal tradizionale «rapporto economico» del presidente del Congresso, l'ultimo dei tre documenti (gli altri sono il messaggio sullo stato dell'Unione e il bilancio) che vengono pubblicati all'inizio dell'anno. Come nel 79 — dice il rapporto — il pericolo maggiore per lo sviluppo di tutte le economie è rappresentato dalle decisioni dell'Opec: esse potrebbero portare a rincari molto superiori a quelli annunciati di recente nonché a riduzioni della produzione». Il rapporto nota che nel '79 i prezzi petroliferi sono più che raddoppiati con ripercussioni «universalmente negative». Sebbene il documento si concentri sui problemi economici americani, esso dà ampio rilievo a quelli energetici internazionali. Sottolinea ad esempio l'impossibilità dei sistemi bancari di riciclare l'eccesso di petrodollari che si preannuncia per 1*80. "Solo gli Stati Uniti — esso asserisce — pagheranno per le importazioni di petrolio 45 miliardi di dollari in più» cioè un totale di oltre 100 miliardi. Esprime anche il timore che la corsa all'oro destabilizzi i mercati monetari, a meno che non siano dati al Fondo Monetario Internazionale nuovi strumenti di riserva e di intervento come i diritti speciali di prelievo, cioè titoli di credito tra Stati, sinora mantenuti in un ruolo secondario. Con sconcertante candore. Carter ammette nel rapporto di non avere «rimedi pronti» ai problemi energetici internazionali. Egli fissa un tetto di 8 milioni e 200 mila barili al giorno per le importazioni di petrolio, meno degli 8 milioni 500 mila ba¬ rili del "77; minaccia una sovrattassa su di essi nel caso che eccedano questo limite: e propone un suo abbassamento «nel contesto di una generale riduzione dei consumi da fissarsi tramite l'agenzia internazionale per l'energia». Ma rinvia misure drastiche come il razionamento della benzina a situazioni di emergenza. Implicitamente il rapporto conferma quindi quanto detto dal presidente a Cossiga la settimana scorsa: che sarà il vertice delle sette potenze piò industrializzate a Venezia, il prossimo giugno, a dover prendere le decisioni di fondo anche sulle strategie dei singoli Stati. Il riequilibrio della bilancia dei pagamenti, sfiorato nel '79. e, quello del bilancio dello Stato (ma per motivi diversi: il riarmo in risposta all'invasione sovietica nell'Afghanistan) si preannunciano perciò impossibili sia nell'80 sia nell'81. La gravità della spirale inflazionistica in cui gli Stati Uniti sono colti viene espressa in modo inadeguato dalle statistiche: a differenza degli alleati, per il ruolo svolto dal dollaro, essi infatti esporta-J no l'inflazione nel resto del mondo. Occorrerebbe una politica di austerità a cui Carter ha invece temporaneamente rinunciato, anche perché questo è l'anno delle elezioni, e la cui mancanza ha consentito a Kennedy di sferrargli un attacco violento. Storicamente l'economia americana ha sempre fatto da locomotiva a quella europea. Ma da un anno, essa è più un fattore di incertezza che di sicurezza nel contesto internazionale. Il documento conferma la sua precarietà. Sebbene il '79 sia stato più positivo del previsto (il prodotto nazionale lordo è cresciuto del 2.9 per cento in termini reali, e la disoccupazione è rimasta sotto il 6 per cento) esso ha creato premesse inquietanti per il prossimo biennio. Bastano due dati: la produttività è scesa del 2 per cento mentre l'inflazione è salita del 13,3 per cento. Le previsioni di Carter a breve termine sono cupe: per la fine dell'anno, il prodotto nazionale lordo cadrà a — 1 per cento, il tasso di disoccupazione aumenterà al 7,5 per cento, e quello inflazionìstico si aggirerà sul 10.4 per cento, mentre vi sa¬ rà un altro calo di produttività dell'I percento. Per gli Stati Uniti, la parte più dolorosa del rapporto è quella che pospone di alcuni anni gli orgogliosi obiettivi fissati nel corso dell'ultimo decennio. L'81 dovrebbe essere un periodo di leggera ripresa con un incipiente miglioramento di quasi tutti gli indici. Ma a causa dell'Opec, ha scritto Carter, «gli obiettivi di una riduzione dei disoccupati al 4 per cento e dell 'inflazione al 3 per cento fissati per il 1983 non sonopiù realizzabili». «/I causa della realtà economica — ha aggiunto il presidente — devo spostare il primo obiettivo al 1985, e il secondo al 1988». L'obiezione che gli è subito stata rivolta è che, se egli avesse ridotto le spese statali, un provvedimento del genere sarebbe stato se non inutile, certamente meno impellente. Per il bilancio dello Stato, Carter prevede per l'anno in corso un deficit di 40 miliardi di dollari, che nell'opinione del Congresso è invece da valutarsi a 44 miliardi, e per il bilancio del 1981, un deficit di 16 miliardi di dollari, più modesto grazie alla riscossione «delle tasse più alte della storia americana», e. C.

Persone citate: Cossiga, Kennedy

Luoghi citati: Afghanistan, New York, Stati Uniti, Usa, Venezia