Un'abbuffata macrobiotica di Guido Ceronetti

Un'abbuffata macrobiotica PICCOLA GUIDA AI PIACERI VEGETARIANI DI PARIGI Un'abbuffata macrobiotica In luogo delle Halles, il vecchio ventre della città, dov'erano il mattatoio e montagne di nutrimento, si è scavato l'asettico Forum - L'anima di quei luoghi sopravvive nei piccoli ristoranti nati dalla rivoluzione dietetica - Li frequentano giovanissimi, ma anche anziani e chi prima andava a sfamarsi in latteria PARIGI — Una lama di ghigliottina invisibile pende sulla cucina francese tradizionale, segno di rivoluzione profonda, e il colpo non viene dai precotti industriali: c'è un moto segreto dell'Occidente in cerca di forse per resistere alla morte verso l'Oriente nascosto, che si è nascosto per identificarsi stupidamente, in superficie, coll'Occidente più necrofilo e sacrificatore. Dopo qualche anno di assenza, trovo che, finalmente, è possibile anche a Parigi mangiare decentemente vegetariano. Viaggiare sema preoccupazioni alimentari, mangiando di tutto, è da idioti, una chiusura che semicancella la lucidità dello sguardo in tutto il resto. Ecco la speciale ottusità del turista di massa, autentico cretino che arriva a vantarsi del suo adattamento a qualsiasi cosa gli diano da mangiare: come può capire una pittura di Rembrandt, se ha lo stomaco struzzificato? Come può sentire il disagio che provoca, in un essere giusto, fedele a un'idea di armonia urbana e umana, l'avanzata della linea retta, il male della verticalità insensata e della linea tanatofila orizzontale, dell'irruzione tra strade umane dell'oscura barbarie minerale, l'orrore della vita organica oi upata dall'inorganico, sen ■menti che viaggiandosene -.cure di affari, in città-crogiu li, si provano nella loro massima forza? Chi ha la bocca troppo facile, avrà anche gli occhi malati d'indifferenza al brutto, è inevitabile. Vale la pena non vedere? Se cerchiamo di sfuggire a ogni costo ai pensieri funebri, allora si. Nella rivoluzione dietetica si vede, si sente, si patisce di più. Cresce la compassione: si estende dagli esseri alle cose, dalle cose ritorna agli esseri. La pietà delle cose è un sentimento antichissimo, da ritrovare: ma ritrovarlo è micidiale alla tranquillità. Chi lo prova diventa facilmente rabbioso, e invece di amare il suo simile, faticoso dovere, non finirà, più di odiarlo e dì maledirlo. Il disintossicato metabolicamente, intestinalmente, ha il sangue fluido e gli occhi chiari, senza brutti cerchi, ma un verme lo divora: lo spavento e lo schifo dell'uomo di cui sente fortissima compassione: e avrà voglia di annientarlo, perché la vita universale abbia un po'di riposo. Il buco enorme delle Halles significa qualcosa, nel vecchio quartiere storico dell'ìnsottomissione e dei tesori alchemici. Era il ventre di Parigi, di cui resterà la sciabola votiva della testimonianza di Emile Zola, e a surrogare quel ventre, scuoiato dagli anatomisti e dai bianchi banditi pompidiani e giscardiani.' c'è adesso una Cosa strana, che rappresenta plasticamente e infallibilmente un ventre, perché scende nella terra, più piani sotto terra, e all'esterno sventola immense orecchie da elefante, tra vecchi edifici amabilissimi che guardano allibiti, chiamata il Forum des Halles. Una visita, agli amatori di labirinti e di inferni, è raccomandabile. Il Forum immagi- /• N na di essere un Centro Commerciale, ma è un puro labirinto dell'immangiabile. Ne ho visti altri, del genere, in questa Francia che si lacera a colpi di capitale impazzito, incitata da ingegneri spietati, probabilmente di origine, tartara: il Forum, documentando l'abolizione del Ventre, è il meno assurdo. Dov'erano le montagne di nutrimento, in gran parte segnato dai rossi artigli del Mattatoio, oggi scivoliamo giù, in cerchi asettici che scagliano su folle pigre e sperdute tra le scale mobili dolciumi, cravatte, e altri materiali pratici da suicidio, in caso non si trovasse più l'uscita. Il vecchio ventre aveva la sua parte di maledizione: c'era sopra dì lui l'ambigua maledizione-benedizione agricola, biblica, del mondo. C'era molto di terribile, nelle vecchie Halles, e di disgustoso, ma si poteva prenderci il baudelarico bain de multitude, che fuori del gergo dandy non è che l'eccitazione del sentimento mirabile della fraternità umana, nella coscienza della comune miseria. Il Forum non ha nulla di terribile, però agghiaccia; siamo in pieno disastro della razionalità demente. Un ventre è sempre tenebroso, ma tra un vero ventre, anche con centomila agnelli squartati e appesi che gridano, e un surrogato di ventre riempito di carta stampata e di profumi, il vero, con la sua vigorosa maledizione, è da preferire. Ecco la differenza tra le vecchie e le nuove Halles. C'è stata l'aroniana «rivoluzione introvabile» del 1968. Non vado in cerca delle sue tracce. Non saprei dire se qualche rmzo di quelllntrovabilità abbia provocato l'accensione tardiva delle àgapi vegetariane e macrobiotiche, lampade solitarie, ma certe e trovabilissime, nella notte delle colossali mandibole di Parigi. Dico solo che, in queste mense rivoluzionarie che giovani cordiali hanno aperto in parecchi arrondissements. c'è come una restaurazione, un inizio di riscatto, dell'anima abolita di Parigi. A Montparnasse, a pochi passi dal boulevard Raspail, c'è rue Delambre. In rue Delambre, al n. 11, a lato di un cinema specializzato nell'agonizzante rivoluzione sessuale, c'è un piccolo locale con una brutta insegna in lingua barbara, Dietetic Shop, dove si troverà bene chiunque abbia deciso di ribellarsi ai veleni. Perclié andare a buttare torrenti di denaro nel pozzo aristocraticamente avvelenato di una Closerie des Lilas o di un Drouant, quando offre piaceri molto più delicati, con poca spesa, il modesto, scabroso, stipatissimo Dietetic Shop? Qui, cinque o sei giovani simpatici, meticciato di Oriente estremo e di Occidente ravveduto, ti consentono un pranzo variatissimo e copioso a base di cereali biologici, legumi ben cotti, uova, yogurt, coronato da buoni dolci privi di zucchero (ma deliziati da sesamo abbrustolito e zemero confuciano), inumidito con bevande non spruzzate di vetriolo, il Tè dei Tre Anni (o Banda) dei macrobiotici, il succo di carote fresche degli amatori di vitamina. I clienti sono giovani e giovanissimi, tra i quali è possibile aprirsi un varco dopo le tredici e trenta, e l'amì>iérilè è'serio, di una raccolta gaiezza. Non tutti avranno scelto definitivamente la via vegetariana e saccarofoba, ma ogni passo su questa strada aiuta a trasformare se stessi, allontana lo spettro della morte pompidiana dell'anima. E'quasi operare una resurrezione interiore delle Halles; far calare, come una Gerusalemme celeste, le Halles celesti, purgate della maledizione del cibo cruento e violento. Altre zone. In rue Rochebrune n. 8 (mètro Saint-Ambroise) c'è il ristorante dell'Institut Tenryu, con vicino negozio, luogo di convegno dei macrobiotici più rigorosi (dominio dei cereali, unico frutto ammesso la mela, niente latticini, né patate, né uova). Bisogna vedere con quanta arte e dottrina, su un mucchio di esclusioni, la macrobiotica ha saputo inventare una cucina ricchissima, che si ripete con variazioni infinite, sufficienti a non annoiare. Basta, a volte, un certo aroma, una o due spezie in più a cambiare completamente un piatto. Ammettendo i pesci (cosa che non m'interessa e che disapprovo) è la più vicina alla cucina dei miei lontani fratelli, i Catari occitanici, che li mangiavano per una speciale ragione, ritenendo i pesci non contaminati dal satanico atto che riproduce l'uomo, l'agnello, il porco, il lupo. Ma si può mangiare benissimo da questi puri Ohsawiani sema toccare pesci, e neppure le loro nonbene odoranti alghe marine. Il ristorante di rue Rochebrune è ampio, sema buon gusto, un po' povero di sorriso: si entra in una religione. Si scende di qualche gradino verso un certo miscuglio di rigore e di confusione, nel frequentatissimo locale Linea di rue Lacepède n. 4 (mètro Jussieu), un macrobiotichino sgangherato, affettuoso ma straripante di gomiti, gustoso' però pesante. Sono da osservare, in queste tappe della devozione dietetica, molto' più dei giovani, quasi tutti uguali, i vecchi e i quasi vecchi, solitari o in coppia. Sono gli stessi che, molti anni fa, in dignitoso raccoglimento, in città infinitamente più umane, cenavano nelle latterie con un uovo al burro, una ciotolina di caffè e latte, un'insalata e qualche sfoglia croccante, e che gli esperti di figure umane rubano, quando li trovano, per onorarli privatamente in nicchie illuminate. Oggi li vedo col cucchiaio di Yin e la forchetta di Yang nelle mani appassite, la goccia di Tamari e la polverina di Gomasio sulla punta del naso o della lingua, catecumeni minuziosi dei misteri del Miso, attratti dalla dieta che gli promette, sborsando poco, un aldiquà meno ingombro dì malattie e una memoria più attiva. Nel Quatrième (mètro Hòtel-de-Ville) c'è il delizioso Acquarius (rue Sainte-Croix de la Bretonnerie n. 54) tenuto dai Rosicruciani-acquariani, spiritualisti tra i più tolleranti. Acquarius è vegetariano puro, non macrobiotico, con carta molto varia, piatti da veri gourmets e dolci non agli antipodi della tradizione pasticcerà francese. I prezzi sono più alti, tra grande animazione di belle-buone facce, ma c'è l'impareggiabile dono dell'assenza di sigaretta. Purtroppo, negli altri locali che ho detto, c'è la funesta libertà di fumare, e non sono pochi ad approfittarne, bruttissimo segno'Le nevrosi non danno tregua, anche dove lo Yin e lo Yang si sforzano di reintrodurre qualche frammento di ordine nel caos iperrazionalista del cartesianismo morente, di attenuare un poco i danni di un'alienazione mentale andata troppo oltre. E le stesse mani che accendono sigarette le vedo cercare avide il sale, per inondarne l'equilibrio cosmico, squilibrate. Per l'estrema raffinatezza — ma in piena estraneità a ogni autentica idea di metamorfosi dietetica — e una certa aria di morbosità, si può fare una sosta, in rue du Cherche-Midi, alla saletta, che governano abili mani femminili, della Porte Fausse: et sono piatti vegetariani enormi come cappelli rococò, più elaborati di un'anguilla alla Brillat-Savarin. Grande arte; ma è una porta d'oro, dunque, nome dice l'insegna, una porta falsa. Ancora: in rue Saint-Honoré trovi, a forma di cobra arrotolato, un antro non più grande di un'ampollina, dove il Gange offre il suo vegetarianismo millenario, colorato, pimentato e afrodisiaco. Siamo però nell'esotico e nell'acclimatato, fuori, anche qui, di ogni principio di rivoluzione dietetica. La linea rivoluzionaria passa anche per certi buoni negozi d'avanguardia, come i numerosi spacci della Vie Claire, dove si comprano frutti non trattati coi pesticidi, pane magnifico (lo sfilatino comune francese, definito ottimo dalla guida del Touring, -è ormai una vera immondizia) e piatti pronti, tra cui una leccornia intrugliata che, per i nostalgici dell'infame paté di fegato d'oca, si denomina paté vegetale, ed è un pietrone piuttosto masticabile, che non sfonda lo stomaco caparbio; il sapore è strano, antico, buono. Non è neppure da trascurare una visita al negozio Regime et Sante della signora Bernadette Menouk. Risalendo rue de Seine, si trova al n. 13 di rue des Quatre Vents, tra dotti librai e commercio ordinario. Madame Menouk prepara orgogliosamente con le sue mani le più impeccabili torte di cipòlla, di'porri 33 formaggio che possano oggi onorare la cucina dell'ingorda Parigi. I suoi plumcakes rivaleggiano con l'Inghilterra di Alice Lyddell. Non so se questi barlumi di grazia siano secondo principii di rivoluzione dietetica; ma un po' di vizio non guasta, in una rivoluzione puritana. Guido Ceronetti Una stampa dell'Ottocento: «L'ultima forchettata» da «Tableau de Paris»

Persone citate: Banda, Bernadette Menouk, Emile Zola, Raspail, Rembrandt, Tamari