Un no a Mosca? Vorrebbe dire per sempre la fine dei Giochi

Un no a Mosca? Vorrebbe dire per sempre la fine dei Giochi Un no a Mosca? Vorrebbe dire per sempre la fine dei Giochi Si dice che non si debbono boicottare i Giochi Olimpici di Mosca per non mescolare sport e politica. Noi diciamo invece che, proprio perché sport è politica, si deve prendere parte alla manifestazione. Lo sport è politica, è espressione di vita della polis, della comunità. La campana di vetro dello sport è stata rotta nel 1972 dai feddayn, a colpi di mitra. L'idea di uno sport mondiale che va a Mosca proclamandosi asettico, splendente del suo passato e inossidabile dal presente, è una marcia indietro: impossibile, poi, se non altro per la semplice ragione che gli sportivi hanno imparato a guardarsi intorno, a pensare a tutte le cose del mondo. Lidea di uno sport mondiale che non va a Mosca per mettere in atto una forma politica (questa volta sì) di protesta, è una idea omicida nei riguardi dell'arma massima che lo sport possiede, appunto l'Olimpiade. Il «no» a Mosca significherebbe la fine dei Giochi. Sempre, in ogni posto del mondo, esiste la possibilità di inventare un «no»: secondo Amnesty International, sono centosette i Paesi nei quali esistono prigionieri politici e violazioni dei diritti umani. E i comitati olimpici nazionali sono soltanto centotrentadue. Lo sport deve usare e conservare quest'arma che è l'Olimpiade, sema farla esplodere sparando un colpo sbagliato. E'perfettamente possibile andare a Mosca per i Giochi e portare, grazie allo sport, importanti messaggi. Il campione sportivo sale su un podio, tiene conferenze stampa, è intervistato alla televisione. E' un grande ambasciatore. Non ha neppure bisogno di fare un comizio esplicito. Può parlare alla gente in mille modi. Può seminare, aiutare. Già lo fa, è una sorta di regola non scritta di comportamento: per Mosca l'impegno sarà maggiore, esplicito. Proviamo a pensare a Mosca senza Olimpiadi, anzi alla gente russa senza Olimpiadi: o si sente offesa, ingiustamente colpita (ci pensano i mass media di laggiù), o si sente umiliata, trascurata. In nessun caso un buon affare, per lo sport e per il mondo. Le Olimpiadi a Mosca sono dodicimila atleti e— ogni giorno — centocinquantamila turisti stranieri che parlano con la gente, che si presentano, che vengono indagati. Una simile occasionedi 'penetrare» l'Urss dovrebbe venire sacrificata ad una iniziativa — il boicottaggio — che in sede di realpolitica internazionale rischia di assumere la caratteristica, e soprattutto la portata, di un dispetto e basta? Col rischio palpabile, poi, di uccidere definitivamente i Giochi, e non solo quelli del 1984 a Los Angeles, Usa. Noi confidiamo negli uomini, e nel rispetto per gii uomini. A Montreal 1976 gli africani furono costretti dai loro governanti a lasciare i Giochi, per protesta contro la presenza della Nuova Ze-: landa rea di rapporti rugbistici col Sud Africa. Gli atleti facevano le valigie, al Villaggio, e piangevano. Il fatto che, boicottando i Giochi, ognuno pianga a casa sua non ci pare per niente consolante. Ciicn Paolo Ormezzano Berlino, 1936: l'americano Owens dopo una vittoria

Persone citate: Owens, Paolo Ormezzano