«Ogni stagione di vita ha i propri vantaggi»

«Ogni stagione di vita ha i propri vantaggi» «Ogni stagione di vita ha i propri vantaggi» Clie la vecchiaia sia uno stato d'animo, una predisposizione psicologica, ma in ogni caso non una malattia, è stato più volte affermato, anche con enfasi, quasi nel tentativo, per chi lo diceva, di convincere innanzi tutto se stesso. Proverbialmente si è cercata una «consolazione» con il sostenere che «in fondo, ogni età ha i suoi vantaggi.. La verità è che la vecchiaia ha i suoi pesanti problemi ed è arduo discernere %se sia più crudele un atto offensivo, ingiusto, contro un bambino, che cammina verso la luce, tenuto conto della sua età, di un atto contro un vecchio, contro una persona che, fatalmente, va verso il buio. Il vecchio — diciamo pure l'anziano, visto che il vocabolo appare più accettabile — è maggiormente indifeso; il bimbo ha risorse impensate, il senso della protesta, dell'indignazione, espressa magari con uno strillo, ocn un pianto frignante. Il vecchio no. Deve mantenere, anche davanti a una ciotola di brodaglia, davanti a uno sgarbo, un minimo di dignità, e non è facile. Invecchiare a Torino? Non è molto diverso dal farlo a Milano, a Roma, in qualsiasi metropoli. Totò avrebbe espresso bene, come lo ha fatto dinnanzi alla morte in A livella, questa condizione dell'età che finisce con il colpire tutti, indistintamente, il ricco e il povero. Lasciando da un canto la considerazione che ci si può sentire vecchi anclie a trent'anni, rimane la realtà di chi ha visto crescere intorno a sé una famiglia, che magari poi lo ha dimenticato, o, peggio ancora, di chi non ha più nessuno. Subentra allora il senso del sentirsi inutile, di essere un ingombro, per tutti, e sopravvengono gli acciacchi, malattie a volte gravi. E' il caso angoscioso di chi si trova respinto da quasi tutti gli istituti per la vecchiaia poiché ritenuto non «autosufficiente» e, d'altra parte, non c'è possibilità d'un ricovero negli ospedali superaffollati, dove a mala pena si riesce a sistemare chi ha necessità di un ricovero urgente. L'indigenza, l'impossibilità di pagare una retta al di sopra delle possibilità medie, rende tutto più drammatico, terribile, e può subentrare il desiderio della fine. Viene ripagata così un'esistenza che in molti casi è stata dedicata agli altri. Chi assiste questi anziani negli istituti, in specie nei più squallidi — adoperiamola pure questa parola perché rappresenta una realtà atrace, una piaga dei nostri tempi e, particolarmente, dell'Italia — si è assuefatto alle loro lagnanze, alle esigenze, ai borbotta giustificati, e non vi presta neppur più orecchio. Istituti per la vecchiaia simili a villini sono sorti in molte città scandinave: sono abituali in Gran Bretagna, quasi un vanto del sistema nell'Unione Sovietica, un progresso in Germa¬ nia e in Svizzera. Da noi il «barbone» che cade riverso per la strada non ha un «numero sociale», è un «niente che non ha mai versato contributi» e al quale non tocca quindi niente; è meglio considerarlo un ubriaco e togliersi addirittura il disturbo di telefonare per un'ambulanza. Anziano può essere, e in genere lo è. chi ha compiuto sessantacinque anni, e in Torino un tale traguardo è raggiunto da 146.482 cittadini, di cui 54.665 maschi e 91.817 femmine. In Torino e provincia i «pensionati sociali», ossia che ricevono la pensione «sociale» e non usufruiscono di altri redditi, sono 35.500. Le statistiche non dicono quanti sono coloro che non hanno niente, nemmeno la pensione sociale, e il ribattere che oggi questa ce l'hanno tutti è non dire la verità. Per cause molteplici, diverse, c'è anche chi non riceve nulla, che vive in miseria, di sussidi. E' vero,purtroppo, che se Napoli ha i suoi «bassi», Torino ha i suoi tristi «alti» poiché la miseria si annida in soffitta dove non solo non giunge l'ascensore, ma neppure la sensibilità umana. Si invecchia male a Torino? Affatto. Sembra che per il clima, anche se rigido d'inverno, la mortalità sia inferiore rispetto ad altre regioni. E' la vecchiaia che non è presa in considerazione, qui come altrove; non è curata «perché non è una malattia». r. ross.