Sarà ad oltranza la guerra della ricevuta tra il ministro Reviglio e i ristoratori di Giuseppe Fedi

Sarà ad oltranza la guerra della ricevuta tra il ministro Reviglio e i ristoratori «E* un attacco alla piccola impresa» dicono i 200.000 del Fipe Sarà ad oltranza la guerra della ricevuta tra il ministro Reviglio e i ristoratori ROMA — Come «antipasto» hanno servito al ministro delle Finanze due giorni di chiusura dei ristoranti (15 febbraio e primo marzo). La guerra contro le ricevute fiscali è appena agli inisi e i duecentomila iscritti alla Federazione dei pubblici esercizi (Fipe) hanno deciso di picchiare duro. A loro poco importa che Cgil, Osi e UH si siano schierate a favore di Reviglio. «Così com'è, il decreto sul ticket è un vero e proprio attacco alla piccola impresa» annunciano compatti. Per chiarire i termini di questo «casus belli» diamo un'occhiata ai due fronti. Da una parte un ministro irremovibile. Franco Reviglio, autore di un decreto che mira, secondo gli intenti, a un repulisti degli evasori nostrani. «Non mollerò — assicura —. La decisione di applicare la ricevuta fiscale dal primo marzo è fermissima, non può essere discussa. E' una questione di moralità e di giustizia». Reviglio nega ogni interpretazione punitiva al provvedimento, «perché la legge — spiega — deve essere intesa come un mezzo per procedere a un legittimo controllo sulle nostre aziende, perseguendo il fine ultimo dell'assoggettamento ad imposizione di tutti i redditi». La frode Iva, aggiunge il ministro, «ha raggiunto livelli non più tollerabili laddove lo Stato non ha potuto operare razionalmente il suo controllo. Tra pochi giorni il mio dicastero renderà noti i dati sull'imposta relativi al 1978: ci sarà da meditare». Ma gli osti sono di tutt'altro avviso. «Respingo il decreto per due motivi — dice Antonio di Giammarco, comproprietario del "Passetto", uno dei ristoranti romani più esclusivi —: per il modo di applicazione, poiché dev'essere affidato al nostro personale con il rischio che un'irregolarità di trascrizione ci esponga a sanzioni pesanti; e per la onerosità a cui si va incontro, dal momento che vogliamo pagare le tasse, ma che siano tasse giuste. Già adesso un locale come questo paga decine di milioni di imposte all'anno». Ancora più drastico Luigi Specchioli, un altro ristoratore. «Sono disposto — afferma — a scioperare anche per un mese, se necessario, e magari pure ad oltranza. Il sistema della ricevuta fiscale è troppo complicato. Non lo dico perché non voglio pagare l'Iva, ma bisogna semplificarlo. Come? Per esempio facendo ri- sultare il fatturato totale della giornata e non cliente per cliente. E poi ci vorrà troppo tempo per riempire una di quelle ricevute. Non possiamo assumere altro personale solo a questo scopo». Complicato? «Non è vero — ribatte Reviglio —. Nella ricevuta andranno elencati gli stessi elementi che già, oggi, si indicano nel conto. La ricevuta fiscale è semplicemente il vecchio conto compilato su modelli ufficiali da numerare e da conservare. Aggiungo che per la sua compilazione non si richiedono specialisti». Ostinati e decisi a difendersi, i ristoratori illustrano le loro proposte, che non toccherebbero, beninteso, il principio della ricevuta fiscale. Sono quattro le richieste fondamentali. Innanzitutto ridurre al minimo gli elementi da riportare sulla fattura: quindi non un conto dettagliato, ma solo il numero dei pasti e il totale spese. Limitatamente a quest'anno, inoltre, chiedono che venga consentita l'utilizzazione di moduli propri non vidimati e bollati, vista la len¬ tezza della macchina burocratica statale. Terzo punto: la revoca delle sanzioni, attualmente allo studio del Parlamento, che prevedono per gli operatori inadempienti anche la chiusura dell'esercizio o la sospensione della licenza: ammettere infine la possibilità di rilasciare al cliente lo scontrino del registratore di cassa al posto della ricevuta. Finiti nel mirino del fisco, i pubblici esercenti si ribellano. «E poi — chiedono — perché colpire solo noi? O il provvedimento si estende a tutto il commercio e alle altre categorie di lavoratori autonomi, come i medici e gli avvocati, o non si fa per nessuno». Reviglio ha pronta la risposta. «Per ora — dice — abbiamo fatto il passo che la nostra gamba poteva fare. Quando avremo constatato che la situazione fiscale di questa categoria si sarà normalizzata, passeremo allora ad un altro settore e, a quel punto, potremo dire che l'esercito degli evasori avrà registrato una dura sconfitta». Giuseppe Fedi

Persone citate: Antonio Di Giammarco, Franco Reviglio, Reviglio

Luoghi citati: Roma