Coinvolto nell'omicidio dell'orefice Torreggiani uno dei due giovani arrestati sul treno in Emilia di Vincenzo Tessandori

Coinvolto nell'omicidio dell'orefice Torreggiani uno dei due giovani arrestati sul treno in Emilia L'operazione è scattata per la scoperta d'un borsello in uno scompartimento Coinvolto nell'omicidio dell'orefice Torreggiani uno dei due giovani arrestati sul treno in Emilia E' Sebastiano Masala, che sarà interrogato oggi dal magistrato -1 carabinieri hanno circondato la stazione di Sant'Ilario d'Enza - Scesi dal treno, i due si sono arresi: «Siamo armati, prendete voi le nostre pistole» (Segue dalla 1 ' pagina) una pizzeria, con un amico, aveva risposto all'assalto di rapinatori armati che volevano fare un «colpo», un bandito era rimasto ucciso. La morte di Torreggiani fu decretata, si disse, da un «tribunale» composto da delinquenti comuni e da «politici». In quello stesso tragico giorno, a Mestre, fu assassinato il macellaio Egidio Sabbadin, anch'egli in precedenza rimasto coinvolto in un tragico assalto: aveva ucciso un bandito. Le indagini a Milano furono frenetiche. Un gruppo di autonomi, gran parte del collettivo politico della Barona, venne portato in questura, tutti accusati del delitto Torreggiani. Furono percossi, si parlò di «sevizie», poi vennero scagionati. Ma altri sono accusati dell'omicidio: Giuseppe Memeo, che è in carcere. Sante Pantone, Pietro Putti, Gabriele Grimaldi, latitanti; Sebastiano Masala; suo fratello Marco, per il quale è stata emessa comunicazione giudiziaria per partecipazione a banda armata. Oggi a Reggio arriva il giudice istruttore Luigi Forno, di Milano, che conduce l'inchiesta. E' il caso, soprattutto, che avrebbe permesso l'arresto dei due terroristi: almeno cosi concordi sostengono gli inquirenti. Tutto comincia il mattino di venerdì, quando i componenti di una cellula clandestina decidono di sgomberare una base, forse a Bologna, e trasferire il materiale. I due terroristi, un uomo sui 25-28 anni, sul metro e ottanta, e una ragazza, capelli chiari, sii metro e sessantacinque, arrivano alla stazione di Bologna e salgono sul «locale 8006» per Piacenza in partenza alle 11,25. Il convoglio dovrebbe arrivare a Reggio dopo sette fermate, alle 12,26, ma è in ritardo. Quando entra in stazione c'è appena il tempo per sgomberare i binari perché sopraggiunge un rapido. La manovra è annunciata dall'altoparlante. I due giovani si insospettiscono, sono tesi, sospettano di essere caduti in una trappola e ad accentuare i loro timori si aggiunge l'arrivo nel vagone di un poliziotto in divisa: costui cerca la valigia dimenticata da un passeggero, ma gli altri lo ignorano. I nervi saltano al clandestino, il giovane si alza di scatto e dice alla compagna: «Bisogna andarsene». Con i bagagli in mano si dileguano tra la gente. Ma an- che loro dimenticano qualcosa: un borsetto. Quando il treno riparte, qualcuno lo nota, lo apre per vedere a chi appartenga. E rimane impietrito. C'è una bomba a mano innescata, tipo «ananas», 19 proiettili calibro 357 Magnum, un opuscolo di una decina di pagine dattiloscritte senza intestazioni: un documento ideologico. Comincia un'indagine frenetica. A Sant'Ilario il materiale viene preso in consegna dai carabinieri, da Reggio accorrono il capitano Pietro Gallese e un artificiere, il maresciallo Patta. Si ricostruisce l'itinerario che avrebbero dovuto compiere i due fuggiti, viene stabilito forse attraverso il biglietto di viaggio che il luogo d'arrivo era Sant'Ilario. E si ha la convinzione che altri sarebbero dovuti arrivare sul secondo treno. La vecchia stazione viene circondata dai carabinieri, si attende il nuovo «locale». Transita senza intoppi un altro accelerato, partito da Bologna alle 12,25, ma quasi un'ora più tardi, alle 14,16, esce dalla centrale il treno «8010». A bordo, due terroristi. Sulla linea, fin oltre Pia-' cenza, è stata gettata un'enorme rete. A Lavino di Mezzo, salgono due carabinieri in borghese. La lenta marcia del convoglio continua. Sosta a Reggio e partenza, tutto sembra normale. I compagni scappati non sono evidentemente riusciti ad avvertire i due viaggiatori, l'allarme forse è stato dato soltanto al «contatto» in attesa a Sant'Ilario. Nessuno infatti ha notato auto o persone sospette nella zona. Il treno entra nella stazione circondata dai carabinieri in borghese. Scendono in tre: un anziano operaio e due giovani. Non ci sono dubbi, i carabinieri si avvicinano e chiedono ai giovanotti che camminano a testa bassa, le mani occupate a reggere grosse sacche: «/ documenti, prego. Siamo carabinieri.. E subito puntano ai loro fianchi le canne dei mitra. Tutto è rapido. .Faccia al muro, braccia distese e mani bene in alto sopra la testa.. Non c'è una sola possibilità di fuga. I due si scambiano una rapida occhiata, poi dicono: «Ci arrendiamo». Chiedono i carabinieri: .Siete armati?.. E i terroristi: «Si, non sparate. Abbiamo le pistole nelle cinture, prendetele voi.. Dirà il dottor Elio Bevilacqua, sostituto procuratore di Reggio, che dirige le indagini: .Avevano una paura matta di essere sparati.. Giancarlo Scotoni ha una «Colt 357 Python»; Sebastiano Masala una «Bernardelli» calibro 7,65 con un colpo in canna. Nelle sacche altro materiale. Circa 500 proiettili di vario calibro, un timer elettrico, un paio di occhiali con montatura in metallo e lenti trasparenti non graduate, tre parrucche da uomo, sei bombe a mano «ananas» fabbricate nel '73 in Israele, identiche a quella trovata nel borsello, esplosivo e maschere antigas. Soprattutto uno schedario cospicuo, fitto di nomi di magistrati, dirigenti di polizia e di guardie carcerarie per lo più di Bologna. E poi: moduli per carte d'identità in bianco I due tacciono, ostinatamente. Poi Masala dà un nome falso. Dice: .Mi chiamo Giovanni Sanna, sono di Nuoro, ho 26 anni, e abito a Milano, in via Monti 25, sono un operaio disoccupato.. L'impressione è che tentino di prender tempo, poi, alle 4 di notte, finalmente i nomi. No¬ minano anche i difensori: Masala sarà difeso da Giuliano Spazzali e da Gabriele Fuga, di Milano; Scotoni dall'avvocato Fabio Zaganelli di Firenze. Dunque un trasferimento. Da Bologna, suggeriscono gli inquirenti, perché il materiale riguarda questa città. Ma per dove? .Non lo sappiamo., ammette il dottor Bevilacqua. Poi aggiunge che ci sono state perquisizioni nella notte, a Reggio ma anche altrove, che sono in corso contatti continui con i giudici di altre città. Si chiede al dottor Bevilacqua se i due terroristi stavano per compiere qualche attentato, l'obiettivo, dice qualcuno, potrebbe essere il carcere di Reggio, il giudice allarga le braccia e alludendo ai recenti arresti di Franco Prampolini, per banda armata, e Bruno Fantuzzi, accusato di concorso nell'omicidio di Campanile, si chiede: .Chi sono Fantuzzi e Prampolini, in fondo? Vincenzo Tessandori Sant'Ilario. I due terroristi mentre sono condotti in carcere