Il rame galoppa sul filo della paura

Il rame galoppa sul filo della paura La tensione internazionale scatena la speculazione, prezzi alle stelle Il rame galoppa sul filo della paura Le prime a lanciarsi in massicci acquisti di rame alla fine dell 'anno sono state le industrie che producono armamenti; poi sono arrivati gli speculatori internazionali alla ricerca di investimenti alternativi quando hanno ritenuto che l'oro avesse ormai raggiunto livelli di prezzo eccessivi e si preparasse quindi ad una caduta. A metà dicembre il metallo costava 987 sterline la tonnellata; il 21 dicembre aveva già oltrepassato le mille sterline, era a 1020 il 9 gennaio, a 1082 il 16, a 1198 lunedi scorso, punta massima dal maggio del '74, quando toccò le 1410 sterline per tonnellata. Il prezzo del rame, che dalla fine della guerra aveva segnato record successivi in coincidenza con i momenti più drammatici di questi anni (nel '52, guerra di Corea; nel '56, invasione sovietica dell'Ungheria, nel '68, invasione della Cecoslovacchia, nel '70, culmine del coinvolgimento americano in Vietnam; nel '73, golpe in Cile; nel '74, guerra del Kippur e inizio della crisi del petrolio) punta in alto ad ogni crisi internazionale, ad ogni minaccia di guerra. Dopo il boom, del '74 i prezzi erano scesi fortemente, la produzione era diminuita (in particolare in Usa erano state chiuse numerose miniere, non più redditizie). Per questo ora le scorte nei magazzini del London Metal Exchange si sono fortemente ridotte e due volte, lo scorso anno, si è registrato un deficit fra domanda e offerta. Adesso, a causa della caccia all'acquisto da parte dell'industria bellica, dell'aumento abnorme delle scorte provocato dalla paura, e dell'incetta da parte della speculazione (che si è rivolta anche verso tutte le altre materie 'prime strategiche: dalla gomma allo zinco, dal platino al piombo, sfruttando una situazione psicologica che è già di -economia di guerra*) gli effetti stanno per riversarsi a cascata sull'industria e quindi sui consumatori. I settori più pesantemente coinvolti sono quelli elettrico e telefonico, ma si avranno pesanti conseguenze anche sull'industria automobilistica, sull'edilizia, sui trasporti in genere e ferroviari in particolare, sulle macchine utensili, sugli impianti industriali. L'Italia per il rame dipende interamente dall'importazione; con il tempo, tuttavia, si sono accumulate riserve, rappresentate dal metallo di recupero, il cui riciclaggio assicura ormai poco meno del 30 per cento del fabbisogno. Ugualmente prive di risorse sono la Francia, la Repubblica Federale tedesca, la Gran Bretagna (dove il riciclaggio copre rispettivamente il 42, il 31 e il 40 per cento del fabbisogno); il Giappone ha un 8 percento delproprio fabbisogno di minerale e un 53 per cento di metallo riciclato. Cile, Zambia, Canada, Zaire sono i principali esportatori; Giappone, Germania, Gran Bretagna, Belgio i maggiori importatori; Usa e Urss sono contemporaneamente tra i maggiori consumatori e i maggiori produttori: insieme con il Canada coprono poco meno del 45 per cento della produzione mondiale. La posizione degli Stati Uniti è rafforzata da due fatti: il rapporto di forza esisten-' te nei confronti del Cile e la grossa concentrazione della lavorazione del rame in una dozzina di multinazionali Usa tra cui la Amai, la Anaconda, la Asarco, la Kennecott Queste società svolgono un'attività integrata che copre tutte le fasi, dalla ricer¬ ca allo sfruttamento delle miniere in tutto il mondo, alla produzione del metallo ed hanno contemporaneamente interessi in molte altre materie prime: la Kennecott nel carbone, e nel molibdeno, l'Asarco nel piombo (secondo produttore mondiale), nello zinco, nel carbone, l'Anaconda nell'alluminio, nel manganese, nel piombo, nello zinco. Esiste un Comitato intergovernativo dei Paesi esportatori di rame, il Cipec, di cui fanno parte tra gli altri, Cile, Zaire, Zambia, Perù, Australia, Indonesia, Mauritania, Papua-Nuova Guinea ma da cui sono fuori Usa e Unione Sovietica; la produzione controllata si aggira sul 40 per cento. A causa della debolezza economica dei componenti, della dipendenza pressoché totale dei bilanci di alcuni di essi dalla vendita del rame, dalle divisioni politiche, il Cipec non ha mai assunto il ruolo di -cartello*, né è mai riuscito a determinare il prezzo del metallo sui mercati mondiali, influenzati invece dalle multinazionali americane, ma anche tedesche, francesi, belghe. La nuova 'Convenzione di Lomè» tra la Cee e 58 Stati in via di sviluppo ha ora introdotto misure per mantenere stabili i prezzi delle materie prime, tra cui il rame. Negli ultimi anni si è creato un delicato equilibrio tra produttori e consumatori; alcuni dei Paesi in cui sono situate le maggiori riserve sono appena usciti dalla tutela coloniale o paracoloniale e difendono a denti stretti le loro risorse. Se la tensione arriverà ad un punto critico resisteranno le grandi potenze alla tentazione di usare la forza per metterci sopra le mani? Vittorio Ravizza

Persone citate: London, Vittorio Ravizza