Oggi a Teheran si sceglierà tra i candidati di Khomeini

Oggi a Teheran si sceglierà tra i candidati di Khomeini Voto segreto per il presidente della Repubblica Oggi a Teheran si sceglierà tra i candidati di Khomeini DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE TEHERAN — Trenta centimetri di neve, un gelo polare non hanno scoraggiato gli abitanti di Teheran. L'affluenza alle urne è stata altissima. La prima impressione è che la giornata elettorale (un appuntamento storico per l'Iran: non si è mai votato per eleggere un presidente della Repubblica) sia trascorsa, ieri, in un clima di inopinata maturità democratica. II voto non è più palese e abborracciato come al tempo del referendum istituzionale: è segreto, anche se ci sono ancora molti seggi agli angoli delle strade. Gli elettori ritirano la scheda dallo scrutatore, dopo aver presentato un documento di identità sul quale viene impresso un timbro. Poi si appartano per vergare il nome del candidato prescelto sulla scheda bianca. Gli scrutatori si riscaldano con stufette a cherosene, insieme con i rappresentanti dei vari candidati, che sorvegliano le operazioni di voto. La scheda viene accuratamente chiusa e deposta nell'urna, suggellata come si conviene. Da chi ha votato si ca¬ vano poche risposte.'I più dicono: «Il voto è segreto». Altri replicano più problematicamente suggerendo l'idea di una consapevolezza civile davvero inedita. Davanti ai falò accesi sui marciapiedi, si fanno previsioni sull'esito della votazione; con calma, senza animosità: A Teheran, sulla scorta delle prime indicazioni, sembra che la scelta elettorale sia bipolare: in maggioranza i voti convergono su Bani Sadr e sull'ammiraglio Modani. Il ministro delle Finanze, un po' figlio spirituale di Khomeini, raccoglie più consensi nel Sud della città, nel ventre bollente di Teheran, tessuto di miseria e di speranze, ma trova anche udienza nel centro dominato dalla intellighenzia. Potremmo peraltro dire come un po' dovunque voti a Bani Sadr non siano mancati. Madani ha presa nei quartieri bene, a Nord della città, e nel Bazar. Il terzo candidato degno di rispetto, Habibi, portavoce del consiglio della rivoluzione, è presente nei quartieri più toccati dall'influenza dei mullah. Se Teheran fosse veramente un «campione» degli umori del Paese, dei sedici milioni di elettori, potremmo scrivere che corrono in due: Bani Sadr e Madani, protesi, verosimilmente, verso un finale al fotofinish. Habibi sembra tagliato fuori dalla lotta, ma certamente meno di Ghotbzadeh, il ministro degli Esteri che figura da outsider. Tuttavia a Qom a Isfaham, a Mashad, a Tabriz possono maturare sorprese, anche se Bani Sadr è stato accolto come un trionfatore a Isfaham, quando vi si è recato per un comizio, e nella stessa Tabriz è vivo il ricordo della sua fatica di mediatore durante i moti di dicembre. Quale sia il risultato finale, occorre dire come queste elezioni presidenziali siano state, in un certo senso un capolavoro politico; un capolavoro, per intenderci, di Khomeini; il vecchio di Qom ha lasciato scorrere liberamente e dignitosamente il dibattito pre-elettorale. Poi, dopo aver fatto fiorire i «cento fiori» ha elimiIgor Man (Continua a pagina 2 In quinta colonna)

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