Un passo «storico» con qualche rischio

Un passo «storico» con qualche rischio Il complesso meccanismo dell'autogestione Un passo «storico» con qualche rischio L'economia jugoslava soffre di acciacchi, dimostra i suoi anni, anni tumultuosi, anni di ambiziosi progetti in buona parte realizzati, anni però che adesso lasciano il segno, mettendo a nudo le debolezze inevitabili di un sistema che, a detta unanime di molti esperti, ha tentato gloriosamente, riuscendo tuttavia solo in parte, di compiere un passo «storico» piti lungo della gamba. I dati ufficiali (perché in Jugoslavia, a differenza degli altri Stati socialisti, queste cose si discutono apertamente, i panni sporchi si lavano si in famiglia ma senza nasconderli dietro la schiena) confermano, quindi, ciò che si sospettava da tempo: la temperatura dell'economia nazionale denuncia un acuto stato febbrile. Due cifre sono sufficienti per inquadrare il prò-' blema. I conti con l'estero si. sono chiusi nel 1979 con un disavanzo pesante, oltre tre miliardi di dollari, e l'inflazione è sui livelli italiani: il 20 per cento in un anno. «Sono rivelazioni che debbono far riflettere tutti", afferma Dimitrije Dlmitrijevic, direttore generale della Banca Nazionale Jugoslava, uno dei massimi esperti finanziari del Paese. «Paghiamo il presso che avevamo appiccato al motore dello sviluppo interno. Un presso però più pesante delle previsioni perché lo scorso anno avevamo ipotissato di bloccare il bilancio in rosso attorno ad un miliardo di dollari, dunque ci siamo sbagliati di grosso*. E' dal 1977 che il tasso di sviluppo della produzione industriale jugoslava sta galoppando con un ritmo annuo di accrescimento del 9 per cento (traguardo che non si osava iscrivere nel piano quinquennale), il doppio dell'indice italiano, che ha trascinato sulla scia dell'entusiasmo generale gli altri settori dell'economia., Questa però, per alimentare un andamento quasi inerziale, ha dovuto ricorrere pesantemente all'acquisto dall'este-1 ro di materie prime e di beni strumentali entrando in un circolo vizioso dal quale tenta, attualmente di uscire. 'La verità è che ci siamo accorti un po' troppo tardi che il motore aveva cominciato a perdere colpi*, spiega ancora Dimitrijevic. «A mio avviso l'unica strada da intraprende¬ re per svincolarsi dalla crisi è ridurre la domanda interna ed incoraggiare al massimo la produzione di beni destinati all'esportaslone. La nostra priorità deve essere quella di equilibrare la bilancia corrente con l'estero. Abbiamo da una parte il turismo che ci aiuta in modo egregio, sta a noi fare il resto*. Ciò vuol dire che nessuna ditta dovrebbe poter disporre di valuta estera, per acquistare ad esemplo macchinari o know how, se non riesce a vendere i propri prodotti per l'equivalente della valuta richiesta. I contraccolpi interni ad una medicina cosi amara potrebbero tuttavia essere abbastanza pesanti perché, e sono gli stessi jugoslavi ad ammetterlo, si finirebbe per rimettere in causa i valori di fondo di un sistema economico, l'autogestione appunto, che in tutti questi anni aveva fatto leva sulla bontà dei risultati ottenuti con l'abbina' mento fra decentralizzazione e incentivazione collettiva. Prendiamo ad esempio, nel campo degli investimenti, quelli destinati alle attrezzature e ai nuovi impianti industriali. Fra il 1971 e il 1976 sono cresciuti più di tre volte, la quota dell'agricoltura è scesa dal 23 al 17 per cento del reddito nazionale, il prodotto na-. zionale lordo, sostenuto per quasi la metà dall'apporto dell'industria, è aumentato di anno in anno del 7 per cento in media. Dove invece il complesso meccanismo ha fatto acqua è stato nella produttività che continua a mantenersi a livelli piuttosto bassi. Tempo fa lo stesso Tito, prima del ricovero in clinica, aveva tenuto a sottolineare in più occasioni che il migliorato tenore di vita degli jugoslavi (una famiglia su due possiede la televisione e una su tre l'automobile) purtroppo non sia stato accompagnato da un auspicabile abbassamento dei costi di produzione che rischiano di diventare poco competitivi rispetto ad altri Paesi terzomondisti. A ciò bisogna aggiungere il fenomeno, largamente diffuso e difficilmente conciliabile con 1 principi dell'autogestione, degli aumenti delle retribuzioni individuali nelle imprese che operano in perdita, e sono molte, un fenomeno ispirato più all'esigenza di mantenere alto il livello del¬ l'occupazione che alla logica del profitto, sul quale si innesta infine la piaga dilagante dell'assenteismo, male pertanto non soltanto occidentale. Secondo il vertice della Banca Nazionale tre cause hanno concorso a rendere la situazione ancora più allarmante: il rincaro dei prezzi petroliferi (nonostante i risparmi energetici voluti dal governo si importa il 14 per cento più di prima), le avverse condizioni meteorologiche che hanno fatto «saltare» le stagioni agroalimentari e, ultimo, la mazzata del terremoto della scorsa primavera, sul litorale montenegrino. Sono tre scossoni non assorbibili che nell'arco di un lungo periodo da un'economia la quale necessita di forti finanziamenti per procedere alla velocità prevista. Ecco spiegato perché la Jugoslavia continua a vedere. nell'Occidente il suo interlocutore più «logico». Un altro economista, che preferisce restare anonimo, mi confessa in un ristorante di Belgrado, dinanzi ad un bicchierino di slivovtca, l'onnipresente grappa di prugna: «Nessuno, a livello ufficiale, glielo dirà apertamente, ma la Jugoslavia nonpotrà mai ripudiare una scelta politica presa da tempo. Fra l'opzione di commerciare in regime di clearing, quindi al sicuro di molte sorprese, con l'orbita dell'Est, e quella di correre i rischi del mercato occidentale, ha scelto la secondaipotesi*. E', in" sostanza, l'eterno ritornello, dilemma apparente della situazione economica jugoslava, stretta fra i due fuochi dell'ideale socialista al quale si ispira e della sua vocazione Istintiva al consumismo occidentale. Nei prossimi mesi si giocherà, quindi, una partita cruciale per il futuro della nazione jugoslava. La. stretta creditizia si farà sentire, i prelievi fiscali diventeranno presumibilmente ancora più pesanti, alla collettività verrà richiesto di compiere ulteriori sacrifici, si stimoleranno le coparteclpazioni di capitale straniero alle imprese nazionali, gli errori di gestione non saranno più perdonati, il tutto per rendere l'ovvio trapasso politico il meno traumatico possibile. Fiero de Garsarolli

Persone citate: Dimitrijevic

Luoghi citati: Belgrado, Jugoslavia