Trieste: frange reazionarie speculano sul male di Tito di Giuliano Marchesini

Trieste: frange reazionarie speculano sul male di Tito Una psicosi che sfiora la «guerra fredda» Trieste: frange reazionarie speculano sul male di Tito Un esempio è l'attentato fascista che ha provocato l'incendio di un cinema -1 rapporti di vicinato con la Jugoslavia DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE TRIESTE — Quando la Jugoslavia attraversa momenti di ansia per le condizioni di salute di Tito, a Trieste c'è chi fa sogni agitati: gente che vede profilarsi carri armati sovietici al confine. In situazioni come quella dei giorni scorsi, si diffonde in questa città tormentata una psicosi del «mutamento», e le forze che fanno leva sul nazionalismo sembrano cogliere al balzo l'occasione per alimentare certe paure, creare un clima di diffidenza. La drammatica degenza del presidente jugoslavo nella clinica di Lubiana ha portato a Trieste quest'onda di allarmismo. Oltre alle speculazioni violente dei fascisti, che hanno dato alle fiamme il cinema «Ritz» poche ore prima della manifestazione cui avrebbe partecipato il comunista Natta, sulla vita triestina si sono riversati anche turbamenti generati dalle frange reazionarie, revansciste, qui sempre particolarmente attive, che hanno tracciato un quadro cupo nella prospettiva del «dopo Tito». Ma davvero Trieste potrebbe essere avvolta da un clima di «guerra fredda»? Sergio Coloni, vicepresidente della dimissionaria giunta regionale, risponde: «Indubbiamente, un certo allarmismo si avverte. Data la sua posizione, la nostra città ha visto tanto spesso vicende internazionali incidere sulla sua vita, che è diventata particolarmente sensibile. La situazione triestina è come un termometro, che può servire a tutti gli osservatori. Io, comunque, sono dell'avviso che non ci siano affatto motivi di preoccupazione: la struttura della Jugoslavia si mostra solida, l'autogestione rende quel Paese poco vulnerabile». Il vicepresidente della giunta regionale non vede quindi possibilità di traumatici cambiamenti, al di là del confine. Sergio Coloni ricorda come l'impegno prevalente di Tito, in questi anni, sia stato quello di realizzare e consolidare la direzione collettiva del suo Paese, in modo che tutte le regioni siano coinvolte nella responsabilità al massimo livello ed in ogni momento. «Questa è la garanzia della compattezza del popolo jugoslavo. Quindi, certe ìnquietu dini che si sono diffuse in questi giorni per Trieste, non hanno un fondamento ogget tivo». In risposta a chi tende al l'irrigidimento, a quanti han 11 ■ ■ 11 ■ 111 ■ t > i ■ 11111 < ■ 111111 • 1111 > 11111 11111111 no prospettato un futuro carico di nubi, si ripete che i rapporti di buon vicinato e di collaborazione fra Trieste e la Jugoslavia, non ricevono scosse. «Almeno finora — dice Coloni — nessun contraccolpo. Viceversa, quando c'era qualche motivo di tensione, prima del trattato di Osimo, la nostra città ne risentiva, come le zone immediatamente oltre il confine. Per questo io dico che anche oggi gli accordi italo-jugoslavi di Osimo si confermano una decisione lungimirante». Ma coloro che danno alimento alle ansie vanno qui e là raccogliendo presunti esempi di crisi. Persino un calo dei traffici commerciali nella zona triestina ed un rallentamento del flusso alla frontiera sono stati interpretati come segni di «raffredda- mento». S'è trattato invece, osserva chi sa leggere il «termometro» di questa città, di una flessione che si registra regolarmente dopo il periodo delle feste. E anche quella svalutazione del dinaro sul mercato di Trieste, si dice, non ha niente che vedere con le vicende jugoslave. E i comunisti triestini, cosa pensano di queste tendenze all'allarmismo? «Trieste —osserva Claudio Tonel, segretario provinciale del pei — è «tota una delle vittime illustri della guerra fredda, naturalmente per la sua collocazione geografica. Noi abbiamo pagato molto caro l'immediato dopoguerra. Ci sono stati drammatici conflitti, in queste terre». Poi, le diverse tappe della difficile esistenza triestina, dal memorandum di Londra al trattato di Osimo. «La definizione dei confini — dice Tonel — ha chiuso un lunhissimo periodo di provvisorietà, su cui speculavano i fascisti. Noi riteniamo che con gli accordi italo-jugoslavi si sia posto fine ad un capitolo della storia della nostra città. Ci sono, poi, i contrasti sul progetto di realizzazione della zona franca industriale: a questo proposito, pensiamo Sìa necessaria una serie di approfndimenti. di valutazioni su quel che si può fare per Trieste». Giuliano Marchesini

Persone citate: Claudio Tonel, Natta, Sergio Coloni, Tonel