Il sultano custode del Golfo di Mario Ciriello

Il sultano custode del Golfo L'OMAN E' UNO DEI PUNTI STRATEGICI PIÙ' IMPORTANTI DEL MONDO Il sultano custode del Golfo Intervista con Qabus Bin Said - Controlla lo stretto di Hormuz, per il quale passa gran parte del petrolio che tiene in vita l'economia delle nazioni industriali - L'Urss costruisce nuove basi per sommergibili a Aden e nello Yemen: «La situazione è pericolosissima», dice il sovrano - Chiede aiuto all'Occidente: «Non vogliamo forze straniere, ma mezzi per agire», DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE MTJSCAT (Oman) — E' un posto tutto speciale quello che l'Oman occupa nell'arco della crisi; in quell'immensa arena di conflitti e tensioni ette dalla Turchia si stende fino all'India. L'antichissimo sultanato non è scosso da quei fermenti che turbano altri Stati della penisola arabica, come l'Arabia Saudita: avanza senea correre sulla strada di un ordinato progresso. E' la sua posizione geografica che espone l'Oman a tutte le bufere e le minacce internazionali. Strategicamente, è forse il punto più importante del mondo. E' la porta del Golfo, dello Stretto di Hormuz. Da quando l'Iran va alla deriva, alla ricerca di mete che nessuno ancora intravede, l'Oman (1 milione di ani- me su 300 mila km quadrati) è l'unico custode di quell'angusto passaggio, largo circa 35 chilometri, nello Stretto di Hormuz, attraverso il quale passano il 90 per cento del petrolio destinato al Giappone, il 65 per cento di quello destinato all'Europa occidentale e oltre il 30 di quello destinato all'America. E' l'arteria che tiene in vita l'economia delle nazioni industriali. Per l'Oman, i russi non sono un nemico remoto. Li vede estendere le loro basi nello Yemen meridionale. Li scorge ora in Afghanistan. Li osserva spingersi con i loro vascelli-radar fino all'imboccatura del Golfo. Di queste ed altre ombre abbiamo parlato per oltre un'ora con il sultano Qabus Bin Said, il capo dello Stato, nella sua residenza di Al Sib, un palazzo snello e luminoso, in stile arabo moderno, tra prati e fiori di soave bellezza. Il sultano Qabus, un aitante sovrano di 39 anni, non concede molte interviste, e tanto più cauto è il suo linguaggio ora che problemi roventi esigono consultazioni difficili e delicate. Ufficialmente, ad esempio, non esìstono americani in Oman, soltanto i 600 o più militari inglesi qui da vari anni. Ma i primi tecnici Usa sono arrivati, li abbiamo visti: sono esperti che hanno cominciato a studiare l'eventuale uso della grande base aerea sull'isola di Masirah. Anche la nostra udienza, quella riservata a La Stampa, si è incrociata con la febbrile attività diplomatica che tenta di stabilizzare V'arco della crisi'. Dovevamo entrare nello studio del sultano alle 14,30, ma l'improvviso arrivo dell'ambasciatore americano, con una lettera di Carter, ritardava l'incontro di un'ora. Il testo del messaggio non è noto: ma non sembra esservi dubbio che il Presidente, come già il ministro britannico degli Esteri, Lord Carrington, nella sua visita di alcuni giorni fa, ha sottolineato l'identità degli interessi omaniti e occidentali. Lord Carrington, a quanto pare, aveva promesso a Qabus l'invio di una seconda squadriglia di Jaguars e di nuove installazioni radar. «La situazione è pericolosissima». Con questo giudizio il sultano Qabus cominciava la sua analisi degli eventi. Indossava il fastoso, ma elegante, costume nazionale amanita, con il pugnale ricurvo alla cintola: parlava IHnglese delle migliori scuole britanniche (ha studiato anche all'accademia militare di Sandhurst): «Questa nuova crisi non ci ha colti di sorpresa. L'avevamo prevista da anni, ma nessuno ci aveva ascoltati. L'avevamo prevista perché abbiamo avuto una guerra nel Dhofar, perché non ci facevamo illusioni sul nemico, perché dobbiamo proteggere lo Stretto di Hormuz». La lotta nel Dhofar, la regione più occidentale, è adesso finita. Con l'aiuto inglese, Qabus ha disperso i guerriglieri del »Fronte popolare per la liberazione dell'Oman' appoggiati dal regime comu-. nista dello Yemen del Sud. * * «In Afghanistan i sovietici hanno compiuto un Intervento diretto. Ma ciò che ci preoccupa maggiormente è la loro capacità di sfruttare ogni instabilità locale, ogni vuoto di potere per inserirsi nel tessuto di una nazione' per assistere movimenti terroristici e per estendere la propria influenza». Il sultano non ha voluto discutere gli eventi a Teheran: è evidente il suo timore che Mosca tragga vantaggio dall'ascesa al potere, nel caotico Iran, di un regime di sinistra filosovietico. Interrogato sull'insurrezione nella grande moschea, in Arabia Saudita, ha risposto: «Non escludo che 1 russi abbiano avuto delle responsabilità». Il mondo osserva i sovietici in Afghanistan, ma trascura quelli nello Yemen del Sud, dove la loro presenza è ormai dominante: «Stanno costruendo nuove basi per sommergibili, convenzionali e nucleari, a Aden e a Socotra. Molti sommergibili sono già in acque yemenite, abbiamo informazioni precise». Accordi firmati in ottobre tra Aden e Mosca sembrano prevedere una «forza permanente' di 12 di questi vascelli più due squadriglie di Mig-25 II mese scorso, un ponte aereo confermava la mobilità dell'esercito sovietico. In quattro giorni — dicono informazioni attendibili—10 o 15 mila uomini in assetto di guerra calavano nello Yemen e ne ripartivano. L'Oman si sente stretto in una morsa e vuole che tutti collaborino per accrescere la «sicurezza del Golfo». Le nazioni che si affacciano su queste acque dovrebbero coordinare al più presto i loro piani e rafforzare insieme le ■difese: indi, cosi unite, dovrebbero concertare le proprie attività con americani e europei. Qabus non ritiene necessarie per ora basi con forze stabili straniere, chiede però che tutto sia pronto, piani e dispositivi, per «dissuadere» i sovietici da ulteriori avventure (ecco perché dà agli americani «facilities» per l'uso degli aeroporti, è un primo passo). Purtroppo, l'unità non è il forte degli arabi e Qabus sembra fare più affidamento sugli occidentali che sui suoi vicini; «Gli occidentali devono presentare un fronte compatto dinanzi all'espansionismo sovietico. L'azione politica e psicologica non è meno importante della militare. Mosca deve capire che europei e americani non accetteranno altri Afghanistan, perché altrimenti 1 sovietici tenteranno prima o poi di destabilizzare il Pakistan. E dopo 11 Pakistan? Gli, occidentali devono protestare incessantemente, a ogni livello, devono mantenere la pressione senza stancarsi, devono rendersi conto che 11 Golfo e il suo petrolio sono più Importanti delle Olimpiadi, devono sostenerci In questa comune battaglia». L'Europa, in particolare, dev'essere «unita e forte». ★ * Gli occidentali inoltre devono risolvere al più presto il problema palestinese, che altrimenti continuerà ad avvelenare i loro rapporti con il mondo arabo (Lord'Carrington ha detto a Londra: «Fino a quando questa controversia resterà aperta, non potremo mobilitare la comunità islamica»;. Bisogna trovare un'intesa perché i guerriglieri palestinesi potrebbero studiare nuove strategie e bloccare, con poche mine radiocomandate, lo Stretto di Hormuz. E lo stesso potrebbe essere fatto — aggiunge Qabus — anche da terroristi di altri Paesi, con altri obiettivi e altre ideologie. «Se lo Stretto fosse in pericolo, Oman non esiterebbe a difendere la propria sovranità e la sicurezza della naviga-, zione internazionale. Ma tutti 1 Paesi che traggono beneficio dal petrolio, siano essi produttori o consumatori, dovrebbero contribuire alla protezione di questo vitale passaggio. Non vogliamo forze straniere, ma soltanto 1 mezzi per agire». Qualcosa finalmente comincia a muoversi, l'Occidente si è svegliato. Ma c'è voluta l'occupazione dell'Afghanistan. Mario Ciriello Qabus Bin Said (a sinistra), trentanovenne sultano dell'Oman, durante un incontro col presidente tunisino Burghiba (tel. Upi)

Persone citate: Burghiba, Lord Carrington, Said