Conclusa l'istruttoria di Padova Ora Calogero propara le accuse di Giuliano Marchesini

Conclusa l'istruttoria di Padova Ora Calogero propara le accuse Palombarini e Fabiani hanno consegnato gli atti sul «7 aprile» Conclusa l'istruttoria di Padova Ora Calogero propara le accuse I giudici istruttori confermerebbero che l'appartenenza a Potere operaio non ha rilevanza penale e che per 5 dei 9 arrestati non ci sono indizi - In sospeso il ricorso del pm OAL NOSTRO INVIATO SPECIALE PADOVA — Venticinque volumi: tanto complessa è l'inchiesta padovana sugli esponenti dell'Autonomia, arrestati il 7 aprile scorso. Il deposito degli atti, da parte dei giudici istruttori Giovanni Palombarini e Mario Fabiani, chiude questa lunga Inquietante indagine. Resta aperta la porta del contrasti, dato che la sezione istruttoria della Corte d'appello di Venezia deve ancora decidere sui ricorsi presentati dal sostituto procuratore della Repubblica Pietro Calogero contro le cinque scarcerazioni disposte nei mesi scorsi dall'ufficio istruzione. Tra le polemiche, Palombarini e Fabiani hanno proseguito nell'itinerario, portando, a termine il loro lavoro in termini che rispettano abbastanza le previsioni. Ed è stato un impegno estremamente gravoso, come testimonia la quantità dei fascicoli depositati l'altro ieri per la requisitoria scritta del pubblico ministero. Che cosa hanno ricavato, i due magistrati dell'ufficio Istruzione, da questa intensa attività? Attorno agli atti dell'istruttoria c'è un rigido riserbo. Tuttavia, qualche indiscrezione la si può raccogliere. Ed è possibile fare alcune considerazioni in base a quel che Palombarini e Fabiani hanno stabilito nel corso della loro indagine, attraverso le ordinanze. Finora, Il bilancio per il troncone padovano dell'inchiesta «7 aprile» è questo: cinque degli imputati arrestati durante il blitz di oltre nove mesi fa sono stati scarcerati per mancanza di indizi. Sono Carmela Di Rocco, Alessandro Serafini, Guido Bianchini, Alisa Del Re e Massimo Tramonte. Restano in carcere Marzio Sturare Ivo Gallimberti. Paolo Benvegnù e Luciano Mionl. L'ultimo provvedimento adottato dai giudici istruttori è del 17 dicembre scorso: si tratta dell'ordinanza con la quale i due magistrati rimettevano in libertà Alisa Del Re e Massimo Tramonte. In quell'occasione, si disse che nel motivare le ultime due scarcerazioni e nel respingere la richiesta di libertà per gli altri quattro detenuti, l'ufficio istruzione padovano dava una «risposta globale» alle accuse, alle richieste formulate da Pietro Calogero. In quelle pagine, c'erano in sostanza gli orientamenti di Palombarini e Fabiani sulle vicende del gruppo padovano di Autonomia coinvolto nell'operazione di aprile, anche se i rilievi erano espressi ancora in maniera piuttosto stringata. Ora. a conclusione della loro fatica, sembra che i due giudici Istruttori abbiano mantenuto la linea tracciata nell'ordinanza del 17 dicembre. Le loro considerazioni, sommariamente, dovrebbero essere queste: per nessuno degli imputati del troncone padovano dell'inchiesta, l'appartenenza a Potere operaio avrebbe una rilevanza penale. Per Palombarini e Fabiani, poi, il genere di militanza nelle file di Potere operaio non sarebbe nemmeno un ele- mento per dimostrare, oggi, un vincolo associativo in questo gruppo di arrestati. L'ipotesi di un vincolo associativo, secondo gli orientamenti dei due magistrati dell'ufficio istruzione, sarebbe basato esclusivamente su un determinato tipo di adesione all'organismo dell'Autonomia. Quindi non è vero, osserverebbero Palombarini e Fabiani, che il convegno di Rosolina segnò un finto scioglimento di Potere operaio, come invece sostiene Calogero. Per i giudici istruttori, quell'assemblea avrebbe sancito la rottura del movimento, e dalla crisi sarebbe derivata una realtà caratterizzata da molti organismi autonomi di base, con la formulazione di un «progetto politico». Le valutazioni di Palombarini e Fabiani, nei confronti del gruppo padovano sotto inchiesta, a questo punto ap¬ paiono abbastanza evidenti: per cinque degli arrestati mancano indizi di colpevolezza, per gli altri quattro gli elementi raccolti dall'accusa sarebbero sufficienti per contestare una partecipazione a quel «progetto» che gli inquirenti ritengono di natura eversiva. Di qui, il mantenimento dello stato di carcerazione per Sturaro, Gallimberti, Mioni e Benvegnù. Questa, nelle linee fondamentali, la risposta che 1 due giudici istruttori danno a Pie tro Calogero, nel depositare i 25 fascicoli dell'Inchiesta «7 aprile». Ora il pubblico ministero, nel formulare la requisitoria, traccerà probabilmente di nuovo la sua teoria, ripeterà le sue accuse, compresa quella di «partecipazione a banda armata», che non è stata accolta da Palombarini e Fabiani. Giuliano Marchesini

Luoghi citati: Padova, Rosolina, Venezia