Disse: so di combattere una battaglia perduta di Paolo Garimberti

Disse: so di combattere una battaglia perduta Disse: so di combattere una battaglia perduta Per la prima metà della sua vita Andrej Dimitrevic Sacharov ha lavorato per accrescere il prestigio politico e il potere militare dell'Unione Sovietica; e, per l'altra metà, per rendere l'Urss una società più giusta, più umana e più democratica. Una volta, Harrìson Salisbury scrisse di lui che è «un Oppenheimer, Teller e Hans Berthe messi assieme». E' stato il padre della bomba all'idrogeno sovietica, dopo dodici anni di ricerche nella monacale clausura dell'Istituto Lebedev. Ma, dopo la crisi di coscienza del '68 tradotta nel famoso saggio 'Progresso, coesistenza e libertà intellettuale», è diventato soprattutto il padre spirituale del moderno dissenso sovietico, nato nella seconda metà degli Anni Sessanta, dopo il processo a Sinjavskij e Daniel, e coagulatosi attorno al «Comitato per i diritti civili» creato da Sacharov con altri due ricercatori del Lebedev, Challdze e Tverdochlebov. Un comune destino sembra unire Andrej Sacharov e Aleksandr Solzenicyn: entrambi premiati con un «Nobel» — uno per la letteratura nel '70, l'altro per la pace nel '75 — respinto come 'indegno» e 'provocatorio» dallo Stato sovietico; entrambi, a qualche anno di distanza dall'attribuzione del premio, arrestati e ridotti a «non persona» in meno di ventiquattro ore come per un colpo maligno di qualche «cekista» impazzito. Ma ben diversa è la loro visione del mondo. Solzenicyn è uno scrittore, un visionario romantico che sarebbe voluto tornare alle fonti della Santa Russia come unico criterio di redenzione della Russia sovietica. Sacharov ne ha spesso condannato il 'nazionalismo grande russo» e il «romanticismo patriarcale e religioso». Nella eterogenea famiglia del dissenso sovietico, Solzenicyn rappresenta gli slavoflli panrussi, Sacharov i «modernisti». Sacharov si è sempre battuto in nome della legge: volle perfino far registrare 11 suo «Comitato», chiedendo il rispetto della Costituzione. Solzenicyn ha sempre combattutto 11 sistema dall'esterno, Sacharov dall'interno. L'uno crede nella fede, l'altro nella ragione. Ma proprio il lucido raziocinio dello scienziato ha sempre impedito a Sacharov di essere ottimista sulla liberalizzazione dell'Urss. «So di combattere una battaglia perduta, ma un uomo fa quello che sente di dover fare», mi aveva detto già nel 1972. E, nel dicembre del 1975, quando andai a trovarlo dopo che la moglie Elena aveva ricevuto ad Oslo il «Nobel» in sua vece, mi spiegò cosi perché In Urss non allignano autentiche forze liberalizzanti: «£' un meccanismo semplice e complesso al tempo stesso. Chi è neH'establishment, a qualsiasi livello, gode di certi privilegi e non vuole rischiare sostenendo un indirizzo politico in contrasto con la maggioranza». Cinque anni dopo, il suo arresto e il contemporaneo siluramento di Kirillin gli danno clamorosamente ragione. La distensione è davvero morta? Paolo Garimberti

Luoghi citati: Oslo, Russia, Unione Sovietica, Urss