Riforma sanitaria a Genova Sembra tutto okay, però ...

Riforma sanitaria a Genova Sembra tutto okay, però ... Come è stata accolta la nuova legge, quali sono i problemi Riforma sanitaria a Genova Sembra tutto okay, però ... Malgrado le apparenti condizioni favorevoli, le resistenze sono forti - Troppi medici (quindi rischio di disoccupazione e bassi redditi) e «affetto per le vecchie strutture» DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE GENOVA — La riforma sanitaria trova a Genova ed in Liguria un terreno a prima vista favorevole: sono tra i più alti d'Italia gli indici del reddito, della densità di medici in rapporto agli abitanti, della disponibilità di posti letto negli ospedali (10,5 per mille abitanti contro 11 6 per mille nel Mezzogiorno). Le attrezzature sono spesso ottime; mediamente buono 11 livello degli specialisti e del docenti. Il passaggio dal sistema mutualistico al servizio sanitario pubblico sembra agevolato anche da una burocrazia locale piuttosto efficiente. In pochi giorni le Saub hanno iscritto diecimila cittadini che non sapevano cosa fosse una mutua. «Su venti unità sanitarie locali sedici sono già istituite», dice con soddisfazione l'assessore regionale alla Sanità, Dosio. Eppure a Genova è ben viva la resistenza alla riforma. Resistenza che ha radici nella vecchia tradizione benefico-assistenziale (i lasciti delle grandi famiglie, la fama di ospedali già opere pie come il ••Duca di Galliera»), nella predilezione di larghi strati genovesi per tutto ciò che è individuale, nell'esistenza di forti • baronie- e di un solido schieramento di cliniche private. Il fine degli oppositori, più o meno occulti, è semplice: dimostrare in anticipo l'impossibilità di attuare la riforma, farla naufragare, restituire alla medicina privata il perduto predominio A' favóre dell'opposizione stanno alcuni fattori negativi nascosti proprio sotto gli indici rosei a prima vista. Primo: l'alto numero di medici. Nel solo comune di Genova sono 1600 su 790 mila abitanti. Tanta abbondanza porta con sé la disoccupazione. •Quattrocentocinquanta giovani laureati non riescono neppure a entrare negli elenchi dei medici che i cittadini possono scegliere col nuovo sistema», dice il dott. Franco Zino, presidente dell'associazione che raccoglieva i medici delle mutue. Secondo fattore di scontento: la prospettiva di basse en¬ trate. A Genova e in Liguria era ancora in vigore 11 vecchio sistema per cui il medico della mutua riceveva un compenso di 1490 lire per visita. I professionisti più sbrigativi realizzavano notevoli introiti. Con la riforma, 11 medico viene compensato in rapporto al numero dei cittadini che lo hanno scelto, non importa se li visita una volta all'anno o tutte le settimane. «La media è di 900 lire mensili per assistito; se un medico viene scelto da sole 300 o 400 persone, come può capitare, non riesce a tirare avanti» Certi medici supereranno probabilmente i duemila assistiti (il limite di 1500 non viene applicato immediatamente) guadagnando più di due milioni 11 mese. Ma saranno pochi. Il prof. Portassi, presidente della Commissione sanità nel Consiglio regionale fornisce questi dettagli: -Nella provincia di Genova 1709 medici convemionati possono, contare su una retribuzione media netta di 604.973 lire mensili. Il dato nasconde squilibri fortissimi. Centottantaquattro possono contare su un introito mensile netto superiore al milione e messo, con punte di tre milioni. All'estremo opposto troviamo 954 medici compresi fra sero e 500 mila lire mensili». Tale situazione, che in passato rimaneva nascosta e parzialmente attutita col ricorso ad espedienti (lavoro nero, impieghi saltuari nelle cliniche, negli ospedali, nei laboratori), è motivo sufficiente per una «ribellione genovese» alla riforma sanitaria? Il dott. Zino lo nega: •All'interno dell'associasione dei medici delle mutue avevamo votato contro la convenzione che ci lega al nuovo sistema. Oggi cerchiamo di applicarla onestamente,' pur chiedendo almeno un aiuto per le spese dovute allo studio, alla automobile, al telefono. Noi riconosciamo che la riforma era necessaria, lo sfascio era arrivato a limiti intollerabili». Preso atto di queste posizioni basterebbe offrire ai medici disoccupati un posto nelle nuove strutture e riequilibrare la distribuzione dei redditi grazie al limite massimo di 1500 assistiti per medico? La riforma non è riducibile ad un problema contabile, anche se la giusta remunerazione del •medico di fiducia» va considerata per il suo peso sociale e civile. E' anzitutto un problema politico, condizio-, nato In Liguria dal rapporto tra il pei, fautore della riforma, e la de. E' anche un problema organizzativo e finanziario (non dimentichiamo gli ottomila miliardi di debiti accumulati dal sistema delle' mutue, l'esigenza di nuovi cospicui investimenti nei servizi, allo stato di progetto). L'esempio classico di problema organizzativo: le unità sanitarie locali. Abbiamo visto che a Genova ed in Liguria saranno venti. In sedi provvisorie ne esistono sedici da pochi giorni; per diventare operanti hanno soltanto sei mesi di tempo, dovendo assumere il primo luglio il carico deU'ammini- strazione degli ospedali e l'eredità delle mutue e quello dei servizi extra-ospedalieri (dal. primo ottobre avranno anche' i compiti dei Comuni e delle Province in materia di sanità e di igiene). La Liguria sta compiendo i primi passi e accumula una serie di punti a suo vantaggio. E' già pronto il piano sanitario regionale; non verrà più costruito un solo ospedale nuovo. Su cinquanta esistenti (cinque milioni di degenze-anno) ventitré sono stati chiusi (vedi Santa Corona e Finale, Albenga e Alassio). La degenza media è già stata ridotta da sedici giorni a quattordici e dovrebbe scendere a undici, con enorme risparmio di denaro pubblico. Ma c'è ancora molto da inventare perché la riforma non resti teorica e perché le unità sanitarie locali non ripetano tristi esperienze di carrozzoni con partecipazione mancata. Mario Fazio

Persone citate: Dosio, Franco Zino, Mario Fazio, Zino