Il «buco» iraniano non fa più paura di Marco Borsa

Il «buco» iraniano non fa più paura Secondo uno studio della Exxon Il «buco» iraniano non fa più paura MILANO — Sono tre le principali novità che caratterizzano il mercato petrolifero internazionale a circa un mese dalla conclusione della conferenza Opec di Caracas che terminò con una spaccatura sul fronte dei prezzi fra il blocco saudita fermo a 24 dollari al barile e il blocco nordafricano (Nigeria, Libia, Algeria) che è andato sopra i 30 dollari il barile. Sul mercato libero di Rotterdam c'è stato per la prima volta da mesi un considerevole alleggerimento della pressione sui prezzi, scesi da oltre 40 dollari il barile a circa 35 dollari confermando la tesi saudita di una minore domanda nei primi mesi di quest'anno. La produzione iraniana, di volume ancora oggi incerto per le difficoltà di avere informazioni precise sulle attività dei pozzi, non è più decisiva ai fini del mantenimento dell'equilibrio di base fra domanda e offerta sul mercato internazionale. Questa è almeno la conclusione di uno studio della Exxon americana. Secondo questo studio una interruzione di tre mesi del flusso di grezzo iraniano potrebbe essere oggi fronteggiata ricorrendo alle scorte record e semplicemente aumentando la velocità di navigazione delle petroliere già cariche. «Anche ipotizzando — afferma lo studio — che l'interruzione continuasse fino all'estate la domanda potrebbe sostanzialmente essere, soddisfatta mantenendo il livello attuale della produzione Opec». In conclusione l'Iran non è più, come un anno fa, una -variabile incontrollabile*, una mi¬ naccia costante sulla testa dei paesi consumatori. Terza novità, e forse la più importante almeno per quanto riguarda l'Italia: i Paesi produttori di petrolio e le compagnie petrolifere hanno inaugurato un nuovo tipo di collaborazione che potrebbe rafforzarsi in futuro, basato sull'affitto di raffinerie in Occidente da parte di interessi arabi, che riescono cosi ad aumentare le proprie entrate vendendo prodotto raffinato anziché grezzo. Per le compagnie, oltre all'evidente vantaggio di incassare l'affitto, l'accordo serve a rinsaldare i legami con i Paesi produttori presentandosi come intermediari non solo del prodotto grezzo ma anche del raffinato. Mentre tuttavia Paesi come l'Arabia Saudita o l'Iran stanno stipulando con le grandi compagnie (finora Shell, BP e Mobil) contratti che escludono qualsiasi partecipazione diretta degli arabi nelle raffinerie, due Paesi produttori il Kuwait e Abhu Cobi hanno esplicitamente dichiarato di essere interessati ad una partecipazione negli impianti. Una linea che interessa da vicino l'Italia, il Paese europeo con forse la maggior capacità di raffinazione installata non utilizzata a causa della crisi dei cosiddetti indipendenti (Monti, Garrone, Moratti, ecc.). Nelle scorse settimane una compagnia che fa capo a interessi arabi misti, la Iranian Sea OH, ha rilevato il 20per cento di una raffineria del gruppo Garrone di cui utilizzerà gli impianti per raffinare il proprio grezzo. Marco Borsa

Persone citate: Garrone, Moratti