« Le terribili indossatrici »

« Le terribili indossatrici » INTERVISTA CON CAPUCCI ALLA VIGILIA DELLE SFILATE ROMANE « Le terribili indossatrici » «Abbronzate d'inverno e d'estate - dice il famoso sarto - indossano il denaro, non i vestiti, camminano allo stesso modo con la tuta o con l'abito da sera» - «L'alta moda è ormai odiata» ROMA — Romani o no. i sarti sfilano compatti i loro modelli.d'alta moda all'Hotel Excelsior: lui ha scelto Palazzo Barberini, cornice severa all'impeccabile sfida delle sue collezioni. Dovunque la colonna sonora alle grandi manovre dell'abito, è di regola assordante: da Capucci le indossatrici scivolano in pedana, discrete come 11 loro maquillage, nel silenzio o sulle note di musiche barocche. Fingendo riluttanza, subito sgominata dall'entusiasmo delle mannequins. gli stilisti compaiono in pedana dopo la passerella finale, per la raccolta degli applausi. Capucci mai: calma in solitudine il successo, la fatica, l'emozione d'un lavoro di mesi, che sa benissimo di svolgere prima di tutto per sé e che è impopolare quanto più cura gli dedica: «L'alta moda ormai è odiata. dice, in nome della classe di donne che potrebbe acquistarla. Il prèt-à-porter invece è amatissimo-. Aggiunge Capucci: «Per essere sulla cresta dell'onda bisogna accettare l'equivoco. Considerare l'alta moda non un momento di ricerca stilistica, ma uno spettacolo pubblicitario dei tessuti, a rimorchio del prèt-à-porter. La spirale è questa: la moda al servizio del tessuto procura pagine di pubblicità sulle riviste deputate. La libertà sacrificata sull'altare della notorietà. Io non posso fare a meno della libertà, faccio abiti come un pittore fa quadri». Ma il pittore sceglie i colori e può acquistarli quando e dove vuole, un sarto è alla mercé del tessuto. Che non arriva, perché le fabbriche sono in ritardo: perché non si produce il tipo che interessa, ma altri che esulano dalla particolare visione d'uno stilista, allergico come Capucci e il suo spi rito di geometria agli stam¬ pati, perché i creatori d'alta moda non sono i preferiti nelle consegne. «Ma, dice Capucci. ho saccheggiato i vecchi negozi romani, ho trovato stoffe stupende. Il tessuto me lo rifaccio io, lo tagliuzzo, lo ricreo. Io lavoro sulle idee». Un pittore dipinge il quadro e lo appende in galleria. Un sarto crea abiti e per farli vivere ha bisogno di indossatrici: «Terribili. D'inverno e d'estate abbronzate sempre, trafelate, indossano il denaro non i vestiti, per loro uno vale l'altro, non li sentono, camminano allo stesso modo con la tuta e con l'abi to da sera ». Per fortuna c'è Sabrina, figlia di suo fratello e di Catherine Spaak. il mattino al liceo e il pomeriggio, in tempi di collezione, in atelier. Viso al naturale, distacco adolescente, ma tradotta nel gesto l'in¬ telligenza degli abiti di Capucci: fra i pochissimi di cui si possa ancora descrivere la struttura tecnica, la grazia di realizzazione e la continua novità di sviluppo nell'archetipo forma-colore dell'arte toscana. Capucci resta se stesso: la frivolezza l'ignora, il sesso lo trascura, semplici o di incredibile complessità, i suoi abiti s'indossano come un saio prezioso o una scultura in stoffa. Non concede nulla all'aria del tempo, ma proprio per questo la moda sembra girargli intorno e determinare scoperte che subito segnano una stagione. Minuto, testa importante, aria dolce e sguardo deciso, con la sua caparbia eleganza. Capucci è un sarto scomodo. La sua selvatichezza è definita gelosia: il suo modo di gestire un atelier al¬ l'insegna della bellezza, dell'arte per l'arte, un'illusione, un andare controcorrente, pagando di persona. «Ma perché? Se volessi potrei avere anch'io la mia brava industria di prèt-à-porter. E anche allora cercherei di fare il meglio. Ma io non creo rnultipli. Sono sulla breccia da oltre trentanni, disegno una collezione, la realizzo. L'importante è farla, non venderla. Ho altre voci per questo, i profumi, uno è fra è più venduti in Francia. Del resto ho clienti fedeli. Non tutte le donne, che lian mezzi e occasioni per vestirsi secondo la propria personalità, sono inclini a! livellamento del gusto, caratteristico del nostro tempo, ad un'alta moda che ricalca il prèt-à-porter con stoffe di pregio». Lucia Sollazzo

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