Confermata la pena per Alunni che minaccia di morte i giudici di Vincenzo Tessandori
Confermata la pena per Alunni che minaccia di morte i giudici Concluso a Milano il processo d'appello contro cinque terroristi Confermata la pena per Alunni che minaccia di morte i giudici La Corte ha espulso gii imputati dall'aula - Sentenza dopo due ore di camera di consiglio - L'11 febbraio a Torino comincerà il dibattimento per l'accusa di banda annata DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE MILANO — Tutte le responsabilità son confermate, gli imputati alla sbarra della corte d'assise d'appello sono giudicati colpevoli e la sentenza si discosta da quella emessa dal collegio di primo grado soltanto per una leggera flessione nelle pene. Cosi sono colpevoli Pierluigi Zuffada e Attilio Casaletti, brigatisti, accusati di aver tentato di ammazzare un sottufficiale di polizia al momento dell'arresto, il 18 giugno 1976 a Baranzate di Bollate, hinterland milanese; cosi è colpevole Paola Besuschio, anch'essa bierre, imputata di aver messo insieme una rete logistica per l'organizzazione; cosi so¬ no colpevoli Corrado Alunni, protagonista della lotta armata, e Susanna Ronconi: con Pelli, ora morto, occupavano, a Pavia, un appartamento trasformato in base e dovevano rispondere di falso, ricettazione, sostituzione di persona. Tutti gli imputati sono stati riuniti in un unico giudizio per un supposto massimo comun denominatore: l'appartenenza alle Brigate rosse. Il processo per la banda armata, «reato base», si svolgerà a Torino fra 1' 11 e il 29 febbraio. La sentenza alle 17, dopo due ore di camera di consiglio. Zuffada dovrà scontare 9 anni, mentre in primo grado era stato condannato a 9 anni e 9 mesi; Casaletti: 9 anni e un mese (9 anni e mezzo in primo grado); Alunni, 7 anni (7 anni e 7 mesi); Besuschio: 1 anno e 4 mesi (2 anni e 7 mesi); per Susanna Ronconi confermati 2 anni e 7 mesi. Infine per Fabrizio Pelli, ucciso dalla leucemia a 28 anni, la morte ha estinto il reato. Tutti brigatisti, dunque, aveva deciso in sentenza il giudice istruttore di Milano che aveva condotto le varie inchieste. Per questo Alunni, Pelli e Ronconi erano finiti di fronte a una corte d'assise. Scrisse il magistrato: «Gli imputati fanno parte delle così dette forze regolari delle Br, in quanto tutti già datisi alla clandestinità ben prima dei' loro arresti e della loro identificazione come appartenenti alla associazione sovversiva. Le forze regolari, come le stesse Br precisano in un documento rinvenuto in via Maderno ove fu arrestato il Curdo il 18/1/76, sono composte dai quadri più maturi e di maggiore esperienza che la lotta armata ha prodotto. Esse sono completamente clandestine e i militanti che le compongono hanno tagliato ogni genere di legame con la legalità. Hanno carattere strategico e i loro compiti fondamentali sono definiti dalle esigenze di sopravvivenza e sviluppo delle colonne e dei fronti. Le forze regolari sono organizzate in cellule e si distinguono dalle forze irregolari che vivono nella legalità, che hanno cioè una clandestinità di organizzazione ma non personale». L'ordinanza del magistrato non teneva conto di una serie di scritti trovati nella base di Pavia nei quali le Brigate rosse venivano criticate e si invocava una maggior radicalizzazione della lotta armata, cioè uno sviluppo ulteriore del terrorismo. Tre udienze e per i giudici ogni dubbio è stato comunque cancellato. I reati contestati erano precisi e su quelli è stato emesso verdetto. Agli im- putati 11 processo non è sembrato interessare troppo. Soltanto prima che i giudici si ritirassero in camera di consiglio gli imputati hanno rivolto minacce di morte ai componenti la Corte. Minacce anche al procuratore generale Roberto Danzi, che ha risposto con durezza. Annoiati, assenti per lunghi periodi, gli imputati avevano lasciato parlare, a loro nome, i difensori nominati d'ufficio dopo le scontate revoche dei patroni di fiducia; si erano limitati ad allegare agli atti del processo il «Comunicato numero 4» senza neppure insistere per la lettura pubblica. Unica prassi rispettata, l'assenza dall'aula al momento della sentenza, anche se stavolta ad allontanarli era stata, dopo le minacce, una decisione della corte. Vincenzo Tessandori
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