Se non si tocca la contingenza il costo-lavoro salirà del 18% di Mario Salvatorelli

Se non si tocca la contingenza il costo-lavoro salirà del 18% Secondo la Confindustria, con uirtnflazione annua del 16,5% Se non si tocca la contingenza il costo-lavoro salirà del 18% Le aziende farebbero fatica ad autofinanziarsi e perderebbero competitività all'estero - Se si svalutasse la lira le cose andrebbero ancora peggio (inflazione al 20%) ROMA — In attesa dei risultati definitivi, l'Italia e il Giappone si contendono il primato mondiale per l'aumento della produzione industriale 1979, rispetto a quella del '78. Il nostro Paese è ben quotato anche per il miglior andamento degli scambi con l'estero, e con esso anche delle riserve in oro e valute. E' fuori classifica, invece, per il tasso d'inflazione, anche se la Gran Bretagna non sta molto meglio. Tuttavia, le preoccupazioni per l'anno appena iniziato, e i seguenti, sono gravi, come sottolinea la Confindustria nel suo documento inviato al sindacati con la data dell'll gennaio, ma che è stato ricevuto e reso noto solo martedì, in coincidenza, del tutto fortuita, con lo sciopero nazionale. Le preoccupazioni riguardano, soprattutto, la produttività, cioè il rapporto tra prodotto industriale e numero degli occupati, riguardano il costo del lavoro, il calo degl'lnvestimentl e. ovviamente, l'approvvigionamento e i consumi di energia, cioè, in pratica, del petrolio. Non sono preoccupazioni infondate, quando si sente dire da Pierre Camiti, segretario generale della Cisl, che 'dall'aumento della produttività deriva una riduzione dell'occupazione". E' una frase, che oltre a farci venire in mente le lotte di un secolo fa contro l'introduzione delle macchine nelle fabbriche, mostra che si dimentica una cosa, almeno una cosa. Camiti dimentica che senza l'aumento della produttività le aziende vengono buttate fuori dai mercati. Interni e intemazionali, in un mondo di scambi aperti, senza esclusione di colpi, come quello occidentale. Dimentica che la nostra industria manifatturiera ha esportato nel 1979 prodotti per almeno 40 mila miliardi di lire, pari ad oltre 3 milioni di posti di lavoro. Quindi, solo auumentando la produttività, cioè contenendo 1 costi di produzione, si può aumentare il prodotto e l'esportazione, anche l'occupazione, sia pure in un secondo tempo. Se la produttività, invece, continua a ridursi, non solo non si prepara il terreno per i nuovi occupati, ma si mina il terreno agli occupati già esistenti. Certo, occorre aumentare gl'investimenti per migliorare la produttività. Occorre passare, come dice la nota della Confindustria, dall'attuale 7,5 per cento del prodotto interno lordo, per quanto riguarda gl'investimenti netti, al 15 per cento, cioè il doppio, sia per combattere il caro-energia, sia per tener dietro, e possibilmente sopravanzare, il sempre più rapido invecchiamento degl'impianti, provocato dal ritmo crescente delle innovazioni tecnologiche. Ma si possono anche prendere in considerazione altri aspetti, meno attivi e più passivi. Per esempio, si può ridurre il numero delle giornate perdute per conflitti di lavoro, che nel 1978, secondo i dati deU'Ufficio statistiche della Comunità europea, furono 630 ogni mille occupati, contro 4114 in Gran Bretagna, appena 127 in Francia e 119 nella Germania occidentale. Il documento della Confindustria e le risposte, indirette e dirette, date ad esso dai rappresentanti sindacali del massimo livello, prima e durante lo sciopero generale di martedì, mostrano quanto sia faticoso l'avvio in Italia di un «patto sociale», cioè di un accordo tra le parti sociali, tra le forze della produzione. Ma un avvio c'è, e sarebbe assurdo che non ci fosse, in un momento in cui si auspica un accordo tra le parti politiche, per un governo di solidarietà nazionale. E, a nostro giudizio, gU «addetti ai lavori» hanno obiettivi assai più simili e, volendolo, più facilmente raggiungibili di quelli che possono avere i partiti. Di fronte a questa necessaria unità di sforzi e di intenti, diventano secondari anche problemi rilevanti, come quello della contingenza, sul quale si sofferma a lungo il documento della Confindustria e si concentrano le polemiche sindacali. Il grosso scoglio è la revisione della contingenza. Se l'attuale meccanismo rimarrà inalterato, la Confindustria fa due ipotesi: non svalutazione o svalutazione della lira nel cambi con le altre monete. Nella prima Ipotesi, con un tasso d'Inflazione annuo del 16,5 per cento, la scala mobile salirà di 35 gradini e 11 costo del lavoro aumenterà del 18 per cento, erodendo sia 1 margini oli autofinanziamento, sia la competitività delle aziende, con gl'Inevitabili riflessi negativi sulle esportazioni, ma anche sui mercati interni. Nella seconda ipotesi le cose andrebbero ancor peggio: inflazione del 20 per cento, 46 scatti di contingenza e, a medio termine, maggior perdita di competitività delle aziende. Non è detto esplicitamente, ma si evince dal contesto, che la Confindustria si schiera decisamente contro una svalutazione della lira e per una revisione della scala mobile, almeno per quanto riguarda «l'effetto petrolio», che finora ha pesato sulle categorie più deboli. La risposta ai sindacati. Mario Salvatorelli

Luoghi citati: Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Italia, Roma