I difensoridi di Pifano vogliono ascoltare Miceli e il nostro 007 in Medio Oriente di Liliana Madeo

I difensoridi di Pifano vogliono ascoltare Miceli e il nostro 007 in Medio Oriente Ripreso al tribunale di Chieti il processo per i lanciamissili I difensoridi di Pifano vogliono ascoltare Miceli e il nostro 007 in Medio Oriente Il colonnello Giovannoni fu incaricato da Moro di tenere i contatti con i palestinesi -1 legali accusano il governo di avere nascosto ai giudici le notizie di cui era in possesso Il giordano Saleh Abu Anzek ha negato le accuse: «Sono soltanto un uomo d'affari» DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE CHIETI — Le due angolazioni da cui si poteva affrontare la questione dei lanciamissili trovati in possesso di Daniele Pifano si sono scontrate frontalmente nell'aula del tribunale dove ieri è ripreso 11 processo a carico dell'autonomo romano, di Giorgio Baumgartner e Luciano Nierl, del giordano Saleh Abu Anzek e del siriano Nabil Nayel, latitante. Dp un lato i giudici hanno riconfermato la loro intenzione di «attenersi ai fatti acquisiti», e quindi di circoscrivere il dibattimento alle armi rinvenute e ai reati connessi, senza permettere l'immissione di «elementi speciali» comei rapporti con i movimenti di liberazione palestinesi, la consapevolezza o meno di un transito di armi sul territorio nazionale da parte del governo, l'implicazione dei servizi segreti, le sfasature fra i diversi apparati dello Stato, gli equilibri derivati da laboriosi accordi internazionali in materia di armi e terrorismo. Dall'altro lato, i difensori degli imputati hanno ribattuto sulle questioni aperte dalla lettera del Pronte popolare per la liberazione della Palestina, fatta pervenire al presidente del tribunale il 10 scorso per rivendicare la proprietà di quelle armi, e nella quale il Fronte affermava di aver informato il governo italiano sulla vicenda. I legali hanno sollecitato ulteriori accertamenti e interrogatori che potrebbero rendere necessaria la trasmissione degli atti al giudice istruttore e la formalizzazione del processo. E' stata confermata la necessità. per fare chiarezza, che vengano sentiti l'ambasciatore italiano a Beirut, un rappresentante del Pronte popolare, il presidente del Consiglio Cos-1 slga. Questi, il 12 scorso, con un comunicato ufficiale aveva ammesso di sapere che quel lanciamissili appartenevano al Fplp, mentre in Parlamento, il 27 novembre — tenendo la relazione semestrale sui servizi di sicurezza — aveva collegato l'arresto di Pifano con una svolta dell'autonomia romana, «avviata alla lotta armata». Ieri, in apertura di udienza — a sottolineare le ambiguità delle posizioni e dei ruoli — il pubblico ministero Abrugiati ha consegnato alla corte copia di quel comunicato: la procura di Chieti lo aveva chiesto espressamente, dopo avere appreso dai giornali che I nostri servizi di sicurezza e Informazione avevano acquisito notizie su Pifano e i lanciamissili, senza però che tali elementi fossero mai stati trasmessi al giudice naturale. Cosicché — ha sottolineato a sua volta l'avvocato Melimi — «{'esecutivo ha privato l'autorità giudiziaria delle notizie di cui era in possesso». Altri due nomi di persone da sentire sono stati fatti da gli avvocati Causarano, Di Giovanni, Mellini. Quelli del generale Vito Miceli e del colonnello Stefano Giovannoni. II primo era capo del Sid quando — fra il '73 e il '74 —, mentre Moro era ministro de gli Esteri, si completò quell'accordo fra l'Italia e i movimenti di liberazione palestinesi che passò attraverso il rilascio di cinque arabi trovati in possesso di un lanciamissili e si tradusse in una «tregua» tuttora vigente. Il colonnello Giovannoni è l'uomo che praticamente rappresenta in Medio Oriente l'Italia, Intrattenendo quelle buone relazioni che assicurano tranquillità al Paese. A lui fece riferimento Moro nei giorni della prigionia e del dibattito sulla trat- tativa per salvare vite umane Lui potrebbe essere l'uomo che il Fplp ha «informatOi oralmente» sui lanciamissili per cui Pifano era stato arrestato. La corte si è riservata di pronunciarsi su queste richieste ed è andata avanti con il dibattimento. Si è accesa lai discussione fra i periti sulle armi. Agli atti è stata acquisita una Informativa, il succo di una telefonata anonima fatta al comandante della compagnia dei carabinieri di Orto na, che riguarda Nabil Nayel e altri tre suoi fratelli, arrestati nel '78 per un traffico di armi, fra cui un lanciamissili Sam 7, scoperto a Atene. La notizia ha spinto il pubblico ministero a disporre ad Atene nuovi accertamenti: una mossa che potrebbe prefigurare sia la formalizzazione del processo, sia una qualche formula che «salvi» il giordano e quindi 1 nostri buoni rapporti con i palestinesi. Saleh Abu Anzek è stato interrogato per la prima volta, dopo rinvìi, malori, forti emozioni. E" parso tranquillo, come rassicurato in qualche suo profondo timore. Ha ribadito di non entrare per nulla nella vicenda, di non avere mai conosciuto Baumgartner, di cui nel '77 «Medicina democratica» gli forni il nome Insieme a quelli di tanti altri medici disposti a raccogliere medicinali per i palestinesi. Ha detto che i servizi segreti italiani hanno mentito indicandolo come militante del Fplp. "Di politica non mi sono mai occupato, ma come arabo ho sempre considerato mio dovere sostenere la causa palestinese — ha detto —. Non ho mai avuto guai, né per permessi di soggiorno né per questioni politiche. Non sono un capo: non comando nessuno e nessuno mi comanda. Tutti vengono a casa mia, e neppure questo i servizi segreti l'hanno, detto. Il mio numero di telefono è sull'elenco, e circola in trentamila biglietti da visita in Italia. Sono un uomo d'affari. Un'altra menzogna: in nessuna foto sono con Ronald Stark, uomo della da. Non l'ho mai visto». Liliana Madeo I Ortona. Daniele Pifano al momento dell'arresto (Telefoto)