Nenni e l'orologio di Papa Giovanni di Pietro Nenni

Nenni e l'orologio di Papa Giovanni Nenni e l'orologio di Papa Giovanni Quando è morto Pietro Nenni. in apertura d'anno e con quell'estrema incursione — degna dell'uomo — nella cronologia degli Anni Ottanta. 1' Osservatore romano della domenica gli ha dedicato poche calcolatissime righe (non diversamente si era comportato, con distacco e discrezioni sommi, il confratello quotidiano) ma solcate da una vena di maliziosa e anche un po' affettuosa ironia. «In ricordo della stima per Papa Giovanni, forse non priva di affetto sincero, si leggeva in quella nota, Paolo VI, ricevendo in visita l'uomo politico, gli offrì in dono l'orologio del predecessore». Lasciamo andare quel «forse», che rientra nello stile della più consumata prudenza ecclesiastica: soprattutto se rapportato a un uomo tutto slanci, tutto fremiti e impeti generosi, quale fu Nenni. al di là dei suoi errori politici, al di là dei suoi calcoli sbagliati o troppo anticipatoli. E' l'episodio dell'orologio regalato a Nenni da Paolo VI. un pontefice misuratissimo nei sentimenti, talvolta quasi glaciale, che rinnova l'immagine di tutto un mondo, che ci riporta ad un'epoca di contatti e di intrecci fra cattolicesimo e socialismo che solo la violenza dei miti contestatori degli Anni Settanta ha potuto appannare, agli occhi delle generazioni più giovani. Nell'Intervista sul socialismo i/aliano (ed. Laterza), rilasciata a Giuseppe Tamburrano (ma la figlia mi confidava giorni fa che il padre l'aveva tenuta sul tavolo per mesi, rielaborata, corretta, rifatta più volte: questo improvvisatore era un uomo di calcoli spietati, sulla pagina scritta). Nenni non ricorda la vicenda dell'orologio donatogli da Paolo VI. Ma si sofferma, con qualche ricchezza rivelatrice di particolari, sull'amarezza per non avere mai incontrato Papa Giovanni XXIII. né quando, come patriarca di Venezia, salutò il congresso socialista sulla Laguna con espressioni beneauguranti di emblematica apertura né quan'. do resse la cattedra di Pietro, in quei cinque anni decisivi per la storia della Chiesa e del mondo. Non senz'a un'aggiunta singolare: «Ho invece incontrato in forma privata in Vaticano il suo successore, e solo in parte continuatore. Paolo VI». Nenni. maestro nell'arte dei chiaroscuri e delle sfumature, dimentica, in questo brano troppo rapido, di indicare il motivo per cui fu ricevuto nel 1965 da Papa Montini, un pontefice che nulla faceva a caso, che in nulla cedeva alla confidenza o all'improvvisazione. La visita al Papa del leader socialista che si apprestava a completare l'unificazione fu preparata e calcolata in tutti i suoi effetti e in tutti i suoi riflessi anche sull'equilibrio delle forze politiche italiane, che Moro si preparava ad assidere sulle basi del centro-sinistra, consenziente il Vaticano del l'antico assistente ecclesiastico alla Fuci ora diventato Papa. Era. quell'udienza, il ringraziamento del Papa per la partecipazione del vecchio esponente socialista al convegno internazionale promosso a New York, a lato delle Nazioni Unite, sull'enciclica Pacem in terris, poco dopo la pubblicazione del do cumento giovanneo, respirante nel clima della distensione internazionale. Un fatto <'storico». in qualche misura, che spezzava la parabola dell'anticlericalismo immanente a tutta la storia del socialismo italiano e in particolare alla storia personale di Nenni, arrivato al socialismo da una lunga milizia repubbli cana (quella che oggi si preferisce da qualche parte chiama re «risorgimentale»). E un fat to politico soprattutto: rien trando, tutte le scelte di Nen ni. tutte le sue opposizioni anche sul piano della cronaca nella dimensione della politica, così come l'aveva definita Machiavelli («politique d'abord»; era la variante post-bellica degli epigoni di Machiavelli). L'incontro in Vaticano costituiva l'avviamento e quasi il preambolo a quella politica dell'unificazione socialista, che doveva collocare il psi allargato alla componente socialdemocratica in un ruolo di collaborazione alla de prima, di alternativa poi: secondo lo schema austriaco o belga. Dopo l'orologio di Papa Giovanni, cadevano molte riserve delle parrocchie o dei ve scovadi. sempre accigliati od ostili verso il mondo socialista, si chiudeva una stagione di sospetti rasentanti le pregiudiziali. L'espressione di quindici an' ni prima, «il papato socialista». che era stata cara a Nenni, tornava ad avere un valore. Settori di lavoratori cattolici tendevano a spostarsi sul psi: il trasferimento in area socialista di uomini come Labor, cattolici integrali e professanti, cattolici che portavano nella lotta sociale delle Adi il fervore di una milizia religiosa venata di «messianesimo» popolare per dirla con Gobetti, non sarebbe stato possibile senza quel colloquio fra Nenni e Paolo VI. riportato alla memoria dall'Osservatore della domenica. Oggi, nel psi così travagliato, così tormentato, i cattolici sono numerosi, occupano posizioni di «potere» (si dice così?), costituiscono una componente non secondaria del paesaggio socialista. C'è un volume uscito in questi giorni, con qualche ritardo rispetto ai saggi raccolti, Il socialismo e la questione cattolica, nelle edizioni di «Mondoperaio», che riunisce firme apparentemente eterogenee come Baget Bozzo e Coen. Bedeschi e Benadusi. Covatta e Labor, Lombardi e Scoppola. E lo stesso atteggiamento del psi post-congresso di Torino sulla revisione del Concordato ha oscillato non poco fra posizioni di rigore laico e accenni di ammiccante possibilismo strumentale, in vista di bilanciare e quasi di neutralizzare la prevista, o temuta, disponibilità comunista. Nenni, per la verità, era tornato a rimeditare i motivi dell'equilibrio fra laici e cattolici dopo il fallimento dell'unificazione socialista, che aveva molto pesato nella sua vita. Nel 73 mi aveva promesso per Mondadori un volume su questo tema: non l'aveva mai neanche iniziato ma tornava sull'argomento con una forma di trepi¬ da partecipazione. E a quattr'occhi confidava la sua amarezza per il riaffiorare, soprattutto negli anni del divorzio, degli «storici steccati» fra Chiesa e Stato che aveva visto risorgere con ansietà e preoccupazione: proprio lui che da Mentana a Porta Pia, nei vari centenari cadenzati fra 1967 e 1970. aveva chiesto la «concelebrazione» fra laici e cattolici degli atti culminanti del Risorgimento, con una vena di enfasi romagnola. Non a caso fu Nenni a lanciare il termine «emergenza» dopo la prova del referendum divorzista, in cui si era impegnato con lo stesso vigore degli anni della settimana rossa. L'emergenza collocava il colloquio fra laici e cattolici in modi del tutto diversi dal centro-sinistra, e con la diversa utilizzazione della componente comunista. Anche nei mesi successivi al delitto Moro, l'allievo di Nenni diventato segretario del psi. Bettino Craxi, aveva ritentato la politica di conquistare al socialismo ali non marginali del mondo cattolico: e perfino l'atteggiamento sulle trattative o meno con le Brigate rosse non era estraneo a questo calcolo, neppure inconfessato. Resta da domandarsi quanto la crisi socialista in atto rimetta in discussione anche quella capacità dei socialisti di attirare uomini o forze di ispirazione cattolica: capacità che tendeva sempre, da Nenni in avanti, a neutralizzare il colloquio diretto fra cattolici e comunisti. E' un interrogativo rimesso ai segreti di un futuro insondabile, ora che l'orologio regalato da Paolo VI a Pietro Nenni ha cessato di battere i suoi colpi. Giovanni Spadolini

Luoghi citati: Mentana, New York, Torino, Venezia