Vertice collegiale questi gli uomini di Frane Barbieri

Vertice collegiale questi gli uomini Vertice collegiale questi gli uomini DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE BELGRADO — La Jugoslavia all'improvviso s'è destata trovandosi nella fase transitoria che aspettava da anni, tanti che sembrava non dovesse venire mai. Tuttavia, mentre il presidente Tito, nella clinica di Lubiana, si accinge ad affrontare altri interventi medici, nella capitale jugoslava e in tutto il Paese non si colgono segni di allarme o di emergenza. Le attività e il movimento sono quelli di tutti i giorni, n sintomo più appariscente di una situazione eccezionale è il massiccio afflusso di giornalisti dall'estero. Appena ieri il Comitato centrale della Lega dei Comunisti ha messo sull'agenda dei lavori lo stato di salute del presidente e le sue possibili implicazioni. L'iniziativa l'ha presa lo stesso Tito, invitando, prima di sottoporsi all'operazione, i massimi organismi dello Stato e del partito ad assumere in pieno le ri-, spettive responsabilità. I personaggi da lui convocati sono stati il vice presidente della presidenza della Repubblica Federale. Lazar Kolisevski, e il presidente della presidenza della Lega dei comunisti. Stevan Doronjski. Ambedue sono stati eletti per il turno di un anno, secondo la regola costituzionale di avvicendamento. Nell'assenza di Tito, presidente a vita sia dello Stato sia del partito, essi svolgevano fin d'ora le massime funzioni. Kolisevski, il quale capeggia in questo momento la presidenza dello Stato, è 11 più prestigioso capo macedone, distintosi, fra Taltro, per avere impedito durante la guerra 11 tentativo del partito comunista bulgaro di annettersi il partito macedone, staccandolo dal pc jugoslavo. Doronjski. presidente di turno della presidenza del partito, è un serbo della Vojvodina. Dirigente della seconda generazione rivoluzionaria, ha già ricoperto altissime cariche e si è distinto nel contrasto con la corrente cosiddetta liberale della repubblica serba. Con i due presidenti emergono, per le loro funzioni, due altri personaggi. L'uno è Dragosavac. segretario della Lega dei comunisti, succeduto al più conosciuto Stane Dolane, di nuovo per 11 turno di un anno. Rappresenta la Croazia, dove ha condotto a suo tempo l'azione di esautoramene del gruppo nazionalista. L'altro è Duranovic. primo ministro' montenegrino, formatosi nella ricerca di un giusto equilibrio fra le esigenze economiche delle varie repubbliche. Sono questi i dirigenti incaricati di gestire il composito meccanismo del vertice jugoslavo. Non si può asserire che i quattro assommino i nomi più importanti e prestigiosi. Sia lo Stato che il partito hanno presidenze collegiali composte dai massimi rappresentanti delle sei Repubbliche e delle due regioni autonome, n sommo organo statale ne ha una per ciascuna unità federale e quella del partito ne ha tre. Secondo una proposta di Tito già codificata, a presiedere formalmente 1 due organi si avvicenderanno ogni anno eminenti personaggi osservando una lista prestabilita, in modo che ad ogni Repubblica sia assicurata una delle alte cariche in turni regolari. Le decisioni 'comunque devono essere collegiali. Entro questo meccanismo, stabilito dall'ultima Costituzione elaborata dal defunto Kardelj (il collaboratore più Intimo di Tito e l'Ideologo del titoismo) i quattro personaggi menzionati non devono esse-, re considerati come quelli che spiccano di più. Tanto meno vanno identificati in loro gli eventuali «successori». La successione non potrà essere che collegiale. Nella collegi alila si possono semmai mettere In evidenza i dirigenti con un prestigio superiore, come per esempio: Bakaric. Stambolic. Dolane. Ljiubicic. Minic. Grlichov, Vrhovec. Zarkovic. Cosi, la stabilità del vertice poggia su tre fattori essenziali: rappresenta tutte le nazionalità in chiave paritetica; ri¬ sulta radicato in tutti gli strati generazionali della rivoluzione; complesso e articolato, il meccanismo è stato collaudato nell'attuale composizione già da almeno cinque anni.. Se il meccanismo resta come prima, ciò non significa che tutto potrà essere in Jugoslavia come prima. Anzi, rimanendo tutto al suo posto, cambierà quasi tutto. Il ruolo carismatico di Tito non potrà essere assolutamente sostituito. Al di là della sua forza personale, rimane la forza di quello che Tito ha saputo creare lungo questi anni: la politica del non allineamento e il sistema di autogestione. Due fattori vitali per la Jugoslavia, i quali stanno per entrare in uno dei momenti più dif ficili e delicati. Alle Nazioni Unite, nei dibattiti sui temi mondiali più critici, sta prevalendo la linea dei non allineaticome è impostata dagli jugoslavi. Però, proprio perché emerge in una situazione tanto tesa, scontrandosi con interessi cosi forti, viene anche combattuta con più insistenza dalle grandi potenze che si sentono colpite. La situazione economica interna ha costretto giorni fail governo a una serie di eccezionali misure d'emergenza. Per gestire la crisi, ha dovuto arrogarsi (seguendo la formula applicata da quasi tutti i governi del mondo) una serie di prerogative straordinarie che. nello specifico caso jugoslavo, vengono a contraddire i diritti autonomi delle Imprese autogestite. Personaggi come Bakaric. Dolane e altri hanno messo in guardia contro il pericolo che l'emergenza blocchi l'espansione della democrazia autogestionaria. I dirigenti di Belgrado sono consci delle responsabilità del momento, ma non allarmati. Ci dice un alto personaggio: «Le difficoltà sono di per sé stesse grandi, a prescindere dal momento che ci aspetta.. Con tutto ciò, non vediamo' fasce né gruppi sociali che potrebbero servire di base per una seria eversione». E dall'estero? L'Europa dovrebbe prendere coscienza una buona volta del fatto che la Jugoslavia è una pietra che. tolta dal suo posto, provocherebbe lo sgretolamento della stabilità europea e mediterranea. Indicativa quanto tardiva, a questo proposito, la sollecitazione di Schmidt espressa ieri, di concludere al più presto l'accordo preferenziale fra la Cee e Belgrado, rinviato ormai da più di due anni. Stupiscono in un tale contesto gli avventati giudizi diffusi in Occidente sulla Jugoslavia: ritenuta come una preda predestinata di Mosca soltanto perché, resistendo per trent'anni all'Oriente, non è diventata Occidente. Frane Barbieri

Persone citate: Lazar Kolisevski, Minic, Schmidt, Stambolic, Stevan Doronjski