Nei lanciamissili di Pifano la storia dei rapporti tra Italia e palestinesi di Liliana Madeo

Nei lanciamissili di Pifano la storia dei rapporti tra Italia e palestinesi Mercoledì riprende a Chieti il processo contro gli autonomi Nei lanciamissili di Pifano la storia dei rapporti tra Italia e palestinesi ROMA — Il «pasticcio internazionale» scoppiato con l'arresto di Pifano, il sequestro di due lanciamissili, la rivendicazione da parte del Fronte popolare per la liberazione della Palestina della proprietà delle armi e della responsabilità del «trasporto», troverà un primo sbocco sul piano giudiziario mercoledì prossimo, alla ripresa al Tribunale di Chieti del processo al tre autonomi romani, quando i giudici decideranno quale implicazione per il dibattimento abbia la testimonianza del gruppo palestinese. Per ora rimbalzano le ripercussioni politiche della vicenda. Da parte del Fplp, da Beirut, sopraggiungono dichiarazioni che confermano il contenuto della lettera inviata all'avv. Melimi, deputato radicale, difensore di Baumgartner. Bassam Abu Cherif, portavoce del Fplp, insiste: i lanciamissili sono nostri e li rivogliamo indietro, non erano in buone condizioni a causa del numerosi trasbordi, ma ci servono per la nostra lotta antisraeliana, transitavano soltanto per l'Italia cosi come è successo molte altre volte con tante altre armi. Inoltre: dopo l'arresto di Pifano, abbiamo avvisato l'ambasciata italiana a Beirut con l'incarico di far giungere l'Informazione al governo; siccome un tribunale sta per giudicare tre «innocenti», abbiamo ritenuto nostro dovere assumerci pubblicamente la responsabilità di quanto è accaduto, affinché «il caso sia esaminato nella giusta luce». Il Fronte popolare ammette che l'arresto di Pifano rappresenta un «incidente» nella storia del transito di armi per il nostro Paese, e che i rapporti dell'Italia con i gruppi della resistenza palestinese sono antichi e complessi. E' un'ammissione che Cossiga ha' contraddetto sia il 27 novembre scorso, tenendo in Parlamento la relazione se¬ mestrale sui servizi di sicurezza, sia venerdì sera diffondendo una nota di parziali ammissioni di veridicità della lettera del Fronte popolare. Al Parlamento disse che l'arresto di Pifano era «l'episodio in cui si vede confermata la previsione dei servizi sull'evoluzione dell'Autonomia che si sarebbe avviata alla lotta armata». Il comunicato di venerdì — osserva un'interrogazione del gruppo radicale — «anziché chiarire se il governo fu effettivamente informato dell'accaduto, ha riferito invece sugli accertamenti effettuati dai servizi di sicurezza e informazione, omettendo fra l'altro di ricordare quanto dichiarato dal presidente del Consiglio e dal sottosegretario Mazzola dopo l'arresto e il sequestro». I radicali chiedono inoltre di sapere perché agli atti del processo sia stata inviata solo una nota generica su tali informazioni, o «notizie inconcludenti oppure palesemente infondate e facilmente smentite». Sui rapporti fra Italia e gruppi della resistenza palestinese esistono fatti accertati. Ne ha parlato più volte Aldo Moro, ad esempio, durante i 55 giorni della sua prigionia nelle lettere che rivolgeva a esponenti del suo partito. A Craxi scrisse: «... in moltissimi casi scambi sono stati fatti in passato, ovunque, per salvaguardare ostaggi, per salvare vittime innocenti... Anche la libertà (con l'espatrio) in un numero discreto di casi è stata concessa a palestinesi, per parare la grave minaccia di ritorsioni e rappresaglie capaci di arrecare danno rilevante alla comunità». A Pennacchlni (che era sottosegretario alla Giustizia nel '74, quando Moro fu promotore della trattativa per il rilascio del tre palestinesi che erano stati arrestati con un lanciamissili, giudicati, condannati a 5 anni e 2 mesi di carcere, sorprendentemente messi subito dopo in libertà e poi fatti espatriare, accompagnati In Algeria da un ufficiale del Sld, 11 capitano La Bruna) ricordò quella decisione che era stata presa «secondo le norme dello stato di necessità» per evitare «la minaccia alla vita dì terzi» e fece chiara allusione al colonnello Giovannoni come possibile intermediario (era stato proprio questo ufficiale a condurre per conto di Moro, allora ministro degli Esteri, la trattativa per la «tregua territoriale» con i palestinesi nel '74). Dopo questo accordo cessarono in Italia gli attentati, 1 sabotaggi e i sanguinosi episodi di terrorismo che i palestinesi avevano inaugurato nel nostro Paese nel '72. Liliana Madeo