Per grano e mais forti dazi Bloccato l'export di riso

Per grano e mais forti dazi Bloccato l'export di riso Le reazioni Cee alla crisi dei cereali tra Usa e Urss Per grano e mais forti dazi Bloccato l'export di riso Il nostro Paese non importa soltanto montagne di carne, formaggi e latte, ma anche grandi quantità di cereali: abbiamo bisogno esattamente ogni anno di 40 milioni dì quintali dì mais e di una ventina di milioni di quintali di grano tenero per fare pane e biscotti, oltre a piccoli quantitativi di frumento duro di qualità eccezionale, che ci arriva dagli Stati Uniti o dal Canada, e che serve per le farine speciali. La tempesta sul mercato mondiale dei cereali, dopo l'embargo americano all'Urss, potrà avere riflessi anche sull'Italia? Lo abbiamo chiesto al dr. Fineschi, direttore dell'Associazione italiana cerealicoitori. «Salvo imprevedibili reazioni psicologiche immotivate, di chi forse non conosce bene i meccanismi di mercato, il nostro Paese non dovrebbe risentire della particolare situazione internazionale nel settore dei cereali. Chi ci protegge — aggiunge Fineschi — è l'ombrello Cee, ossia quelle regole comunitarie, che, con il meccanismo del prelievo, tengono al riparo da tempeste mondiali il 99 per cento del mercato della Comunità». Il prelievo consiste in questo: i prezzi fissati dalla Cee in Europa per i cereali sono parecchio più alti di quelli internazionali, per cui tale meccanismo consente di mantenere stabile nella Cee il prezzo dei cereali, anche se ci sono variazioni nei paesi extracomunitari. Facciamo un esempio con il mais. Il 28 dicembre 1979 il prelievo per il mais era, nella Cee, di 86,64 Ecu per tonnellata (un Ecu vale 1060,73 lire); venerdì scorso, cioè due set-. Umane dopo, il prelievo è salito a 101,43 Ecu, passando da 91.901 a 107.661 lire la tonnellata. La differenza tra le due cifre — ossia 15.760 lire — è servita appunto a riequilibrare nella Cee il prezzo del mais, che all'estero era crollato. In sostanza — dice Fineschi — la discesa del mercato Usa è stata ricuperata completamene dal prelievo Cee. Se ciò può apparentemente sembrare dannoso ai consumatori, perché in questo periodo, senza le regole Cee, si sarebbero potuti comprare grossi quantitativi di mais a basso prezzo, è in effetti un meccanismo che difende tutti, agricoltori e consumatori, perché coloro che approfittano di questi periodi di tensione sono solo gli speculatori e soltanto essi guadagnano. L'ombrello della Cee, dunque, ci protegge bene quando i prezzi internazionali diminuiscono. Ma se dovessero aumentare? In questo caso un pericolo c'è, soltanto, però, se le quotazioni salissero molto (è accaduto nel '72-73) e superassero il «prezzo di so¬ glia» della Cee, ossia quel prezzo al di sopra del quale non c'è più prelievo. In questo caso, dovendo importare cereali, li pagheremmo realmentepiù cari. Se, per l'Italia, il problema è di importare cereali (mais, grano), nella Cee esiste una necessità opposta, perché vi sono eccedenze di circa 6 milioni di tonnellate di grano (mentre per il mais c'è un deficit di 12 milioni di tonnellate). Per questo motivo, i grossi Paesi cerealicoli comunitari — Francia in testa — temono che la decisione della Cee di appoggiare l'embargo degli Stati Uniti e non vendere grano all'Urss, possa ripercuotersi sfavorevolmente sulle esportazioni e danneggiarli. Un discorso a parte merita il riso, perché il nostro Paese è il principale, se non l'unico, produttore nell'area comunitaria. Il dr. Cuzzotti, che fa parte per l'Italia della Commissione speciale riso a Bruxelles, ha annunciato che la Cee ha preso una inattesa decisione, abolendo le restituzioni all'esportazione, cioè quei premi concessi a chi vende riso ai paesi extracomunitari, nella misura di 14 mila lire il quintale (riso lavorato). Questo premio è stato mantenuto solo per Austria, Svizzera e Liechtenstein, ma ridotto a 8.846 lire e a 1160 lire per i Paesi del bacino mediterraneo (Libia, Siria, ecc.). Perché la Cee abbia preso questa decisione non è chiaro: forse per evitare che le esportazioni prendessero la strada della Russia (la quale potrebbe acquistare riso invece di grano, ad esempio per nutrire gli animali), o forse — dice Cuzzotti — perché pare che nelle ultime due settimane ci siano state troppe richieste di «certificati di esportazione» (questi documenti si devono richiedere in anticipo per esportare il risoed avere il premio di 14 mila lire il quintale). Pare che le richieste siano ammontate complessivamente a un milione di quintali. Anche il numero elevato di domande di esportazione resta, per ora, un mistero. Forse gli esportatoli avevano saputo, o previsto, che la Cee avrebbe adottato provvedimenti restrittivi e si sono cosi premuniti, (i certificati durano tre mesi). Ai risicoltori italiani — che quest'anno hanno prodotto quasi 11 milioni di quintali di riso e che hanno finora incassato prezzi piuttosto bassi — l'esportazione di un milione di quintali fa sperare che i mercati interni non peggiorino. Comunque, a parte il riso che si consuma in Italia (3,8 milioni di quintali) e quello già esportato, ne restano da piazzare ancora 1,8 milioni di quintali. I risicoltori si augurano che i prezzi non scendano al di sotto delle attuali 28-29 mila lire, già poco remunerative. Livio Burato

Persone citate: Cuzzotti, Fineschi, Livio Burato