Cossiga conferma: erano dei palestinesi i due lanciamissili sequestrati a Pifano di Liliana Madeo
Cossiga conferma: erano dei palestinesi i due lanciamissili sequestrati a Pifano Autentica la lettera del Fronte popolare inviata ai giudici di Chieti Cossiga conferma: erano dei palestinesi i due lanciamissili sequestrati a Pifano «Lo hanno accertato i nostri servizi segreti» - Un comunicato di Palazzo Chigi nega qualsiasi accordo con i fedayn - L'ambasciata a Beirut smentisce di avere ricevuto informazioni ROMA — In serata, dopo due giorni di riflessione, la presidenza del Consiglio ha preso posizione sui lanciamissili in transito per l'Italia, le responsabilità degli autonomi romani, la versione dei fatti forniti dal Fronte per la liberazione della Palestina. Palazzo Chigi soprattutto precisa la sua estraneità ad accordi 'fra il governo italiano o organi speciali o ordinari dell'amministrazione dello Stato ed organizzazioni palestinesi, circa il deposito, il trasporto, il transito, l'importazione, l'esportazione e la detenzione in qualsiasi forma o per qualsiasi fine di armi di qualunque tipo nel territorio italiano». n governo respinge l'ipotesi, avanzata sia dai parlamentari radicali in una interpellanza, sia da un'autorevole rivista economica inglese, secondo cui il governo avrebbe chiesto la smobilitazione degli arsenali palestinesi in Italia e addirittura permesso che contributi andassero nelle casse dei movimenti di liberazione per la Palestina, in cambio di una «tranquillità» interna. Ma il comunicato prosegue con alcune importanti ammissioni: i nostri servizi di sicurezza, attivati dopo il ritrovamento dei lanciamissili, hanno accertato che questi ordigni apparterrebbero al Fplp. 'Organizzazione diversa e distinta dall'Olp, con cui il governo italiano non intrattiene rapporti», e «sarebbero stati affidati ad elementi di "autonomia"per il transito in Italia». Quindi: 'Parte delle informazioni raccolte coinci¬ de con il contenuto della lettera inviata dal Fplp». La voce del governo rientra in una serie di accorte ammissioni, non sempre collimanti fra di loro. Raggiunto per telefono, il primo consigliere dell'ambasciata italiana a Beirut, Giulio Tonini, ci ha detto: 'L'ambasciatore italiano a Beirut non ha mai avuto contatti con rappresentanti del Fronte popolare per la liberazione della Palestina. Della vicenda Pifano, l'arresto dell'autonomo romano e il trasporto dei lanciamissili che egli avrebbe compiuto per Monto della organizzazione palestinese, l'ambasciatore è stato informato soltanto dai giornali. Non abbiamo mai trasmesso al governo Cossiga informazioni sul traffico internazionale di armi né in connessione con eventuali accordi intercorsi fra l'Italia e le organizzazioni palestinesi, né in rapporto all'attività di terroristi italiani e stranieri». n consigliere Tonini ha aggiunto: 'Da Roma non ci è ancora giunta alcuna richiesta di delucidazione in merito. Se l'ambasciatore verrà chiamato a testimoniare, dirà esattamente questo». Il funzionario è informato del contenuto della lettera presentata giovedì mattina al Tribunale di Chieti in apertura dell'udienza al processo che vede imputati tre autonomi romani e un cittadino giordano, accusati di detenzione, trasporto, introduzione sul territorio nazionale di armi da guerra. La lettera, che reca l'intestazione «International Relations Commettee» del «Comitato centrale del Fronte popolare per la liberazione della Palestina», racconta una versione sui lanciamissili di cui Pifano, Baumgartner e Nieri sono stati trovati in possesso a Ortona, che riduce il loro ruolo a quello di semplici trasportatori, dà al loro gesto un significato politico di militanza internazionalista, tende a depennare il reato di introduzione di armi, chiama in causa Cossiga e l'ambasciatore italiano a Beirut che dell'intera vicenda sarebbero stati tempestivamente messi al corrente. Da parte dell'Olp. dalla sede italiana dell'organizzazione (il rappresentante si trova attualmente a Beirut), la vicenda viene esaminata con una sorta di imbarazzo: si ammette che a Beirut non si sapeva niente della lettera, si rileva che questa è stata frutto di un'esclusiva iniziativa del Fronte popolare, non si esprime nessun giudizio in merito, in attesa che una va- lutazione complessiva dell'episodio si faccia all'interno dell'Olp. A queste indicazioni, diverse per sostanza e sfumature, si contrappone un'altra voce ancora, quella stessa del Fronte popolare per la liberazione della Palestina. Il corrispondente dell'agenzia di stampa 'France Press» a Beirut ha parlato con il portavoce del Fronte. Bassam A Abou Charif. Questi ha dichiarato: 'Non abbiamo mai inviato alcuna lettera all'ambasciatore italiano, abbiamo invece informato oralmente l'ambasciata di quanto faceva da sfondo all'arresto di Pifano. Confermo che il Fplp ha inviato quattro o cinque giorni fa la lettera che la difesa degli imputati ha presentato al tribunale di Chieti». Siamo alle sottiliezze diplomatiche e politiche, nel «distinguo» fra ambasciata e ambasciatore. In sostanza il Fronte, e in parte anche Palazzo Chigi, confermano l'autenticità della lettera e dell'incarico attribuito a Pifano. Forse anche per prendere tempo e per permettere a ciascuno di elaborare una strategia adeguata da portare avanti, il tribunale di Chieti ha aggiornato il dibattimento al 16 gennaio prossimo, «per uno studio più approfondito del testo, per una sua migliore traduzione e i possibili accertamenti sull'autenticità del messaggio». La partita, nelle sue implicazioni politiche e di politica internazionale, s'è appena iniziata. Liliana Madeo
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