È morto Meany: per mezzo setolo dominò la politica sindacale Usa di Ennio Caretto

È morto Meany: per mezzo setolo dominò la politica sindacale Usa A 85 anni, in novembre aveva lasciato la presidenza «AFL-CIO» È morto Meany: per mezzo setolo dominò la politica sindacale Usa Con Reuther aveva realizzato, 25 anni fa, la fusione delle due grandi centrali dei lavoratori che da quel momento guidò con pugni di ferro - Anticomunista accanito, aveva spesso adottato atteggiamenti polemicamente conservatori - Le sue critiche non risparmiarono Carter DAL NOSTRO CORRISPONDENTE NEW YORK — E' morto giovedì sera a Washington, all'età di 85 anni, Oeorge Meany, il sindacalista più potente della storia americana. Sotto di luì, un quarto di secolo fa, si era unificato il movimento operaio negli Stati Uniti, che egli aveva retto con pugno di ferro sino al novembre scorso. Prima di morire, Meany era riuscito a far nominare al suo posto alla presidenza della confederazione, la A.P.L.-C.I.O. Lane Kirkland. il suo più intimo collaboratore. Anche nella gestione delle forze dei lavoratori. oltre che nel ricordo dei 23-24 milioni di iscritti, la sua eredità è destinata quindi a imporsi. Messaggi di cordoglio sono giunti ai familiari di Meany da tutti gli Stati Uniti e da tutto il mondo. La salute del «gran vecchio», come egli veniva chiamato, era in declino da un anno circa, quando la scomparsa della moglie aveva segnato ulteriormente una fibra già intaccata dalle malattie. Lane Kirkland ha parlato di una •perdita irreparabile», e Gordon Praser. che quale capo degli operai dell'automobile ha un prestigio senza pari, ha definito il leader defunto «un gigante del mondo del lavoro». In un commosso saluto, il presidente Carter, con cui George Meany si era spesso scontrato, ne ha esaltato la' statura storica. Mentre è incontestabile che George ueany, un newyorchese di Harlem. ultimo di cinque figli, abbia condizionato la vicenda sindacale americana per quasi mezzo secolo, si devono discutere tuttavia le sue convinzioni e i suoi metodi nell'ultimo ventennio. Tanto fu positiva la sua azione negli anni più eroici e bui dell'America moderna, tanto fu negativa quella dell'abbagliante, turbolento periodo successivo. Irlandese di origine, cattolico fervente, innanzitutto padre di famiglia, Meany aveva le idee e la struttura necessarie per il confronto più elementare tra gli operai e i «padroni», cioè per la conquista di condizioni di lavoro umane, di paghe buone, del diritto di associarsi. Non le aveva per guidare la macchina sindacale nel 2000, e farne uno strumento di riforme sociali. Idraulico per mestiere come il padre, George Meany incominciò a interessarsi di politica a 18 anni, iscrivendosi insieme alla sua Union e al partito democratico. Non ancora trentenne, assunse la direzione della A.P.L. di New York: nel '39 era già tesoriere nazionale. Massiccio di persona, formidabile oratore, sincero nelle sue opinioni al punto da riuscire antipatico, catalizzò tutte le istanze sorte dalla grande depressione del '29-'30. Roosevelt fu il primo presidente a riconoscerne il potere e a cercarne l'alleanza. E questo agevolò i due compiti fondamentali che Meany si era proposto: garantire un certo tenore di vita agli operai, e rendere appetibile l'iscrizione ai sindacati. Parallelamente a lui, in un ambito più di massa e industriale, realizzava in quel periodo obiettivi analoghi Walter Reuther. il capo della C.I.O.. l'uomo più interessante e illuminato del movimento sindacale. Meany e Reuther erano assai diversi: dittatoriale, contrario ai compromessi il primo; democratico, propenso alle «convergenze» il secondo. Con la guerra mondiale, Meany fece binari della propria politica l'anticomunismo all'estero e il nepotismo in casa, mentre Reuther proponeva la distensione su ambo i fronti. Fu Meany a impedire la partecipazione americana alla Confederazione mondiale dei sindacati, e più tardi a spingere gli Stati Uniti a ritirarsi dall'Ilo, l'Organizzazione Internazionale del Lavoro. Nei negoziati per la fusione dell'A.F.L. e della C.I.O. prevalse il leader più nazionalista e demagogico. Il supercombattivo Meany. che aveva guidato i cortei negli Anni Trenta, e piegato con la forza i particolarismi delle varie Union, divenne presidente dei due organismi unificati. Reuther era eccessivamente idealista, progressista, sfumato. Meany si batté duramente contro la corruzione del movi-' mento sindacale, fino all'espulsione dei potentissimi trasportatori. Impose la sua confederazione come interlocutrice sia dei partiti sia dei governi. Ma tollerò gli oscuri maneggi finanziari dei suoi compagni, e non seppe spezzare certi rapporti periferici con l'ambiente della mafia. Gli Anni Sessanta videro George Meany. all'inizio della vecchiaia, accentuare la propria involuzione. Egli era sordo alle istanze nuove: alla partecipazione operaia nella gestione aziendale, al movimento per l'emancipazione della donna, all'«uscita dall'armadio» degli omosessuali, persino ai diritti civili e quindi alla rivolta negra. Con lui, l'A.F.L-C.I.O. diventò un baluardo conservatore. Mentre Reuther marciava alla testa dei cortei giovanili, femminili e della gente di colore anche nel profondo Sud. il «gran vecchio» esortava gli operai, i cosiddetti «caschi duri», ad appoggiare la guerra del Vietnam. La sua aspirazione era lo status quo interno, mentre all'estero avrebbe volentieri dato «una lezione ai comunisti». Non a caso, la Tass lo ha definito antisovietico. Il potere politico non osò mai attaccare il despota dei sindacati. Tutti i presidenti, da Eisenhower a Carter, cercarono di ingraziarselo. Meany, che aveva in disprezzo le ideologie e credeva innanzitutto nell'economia del libero mercato, in questo gioco violò spesso e volentieri gli interessi del partito. Ne diede una chiara dimostrazione nel '72. quando favori Nixon contro il candidato democratico McGovern. colpevole di eccessivo riformismo. Ne diede un'altra con Carter, la cui pagella a suo parere era «insufficiente», e che avrebbe voluto sostituire con un presidente «forte», n lavoro del suo successore Lane Kirkland sarà tutt'altro che facile: si tratta di dare una nuova direzione e nuova vita all'A.F.L.-C.I.O, conservando quel che di buono il gigante caduto aveva costruito. Ennio Caretto Il sindacalista George Meany

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