Bonn: eutanasia del terrorismo di Tito Sansa
Bonn: eutanasia del terrorismo OSSERVATORIO Bonn: eutanasia del terrorismo .Bisogna formare com-" mando armati nelle grandi città, portare la guerriglia nei Quartieri dei padroni, attaccare tutte le istituzioni del nemico di classe, tutti gli uffici pubblici e della polizia, le direzioni delle grandi aziende, e anche i funzionari di queste istituzioni, i dirigenti, i giudici, e così via». Chi scriveva queste parole di lotta era l'avvocato Horst Mahler, condannato nel 1973 a 14 anni di reclusione per attività terroristica, cofondatore (insieme con Andreas Baader, Ulrike Meinhof e Gudrun Ensslin, morti nel carcere di Stammheim) della «Frazione armata rossa» (Raf) che all'inizio degli Anni Settanta turbò l'ordine pubblico in Germania «Con gli sbirri del capitalismo non si parla — disse Mahler quando lo condannarono — su di loro si spara-. Sei anni più tardi, nell'autunno del 1979. questo antesignano del «terrore individuale», nel frattempo dimesso dal carcere di Berlino. Si è incontrato con il capo degli «sbirri», il liberale ministro degli Interni Gerhart Baum, e per otto ore ha discusso il problema del terrorismo in Germania. Insieme, Mahler e Baum hanno fatto la diagnosi del fenomeno e hanno cercato una terapia. Mahler e Baum si sono trovati d'accordo nel constatare che il terrorismo in Germania è un fenomeno psìcopatologico. espressione di un tipico irrazionalismo tedesco derivato da Nietzsche (che portò alla barbarie nazista) un tentativo (pure tipicamente tedesco) di realizzare utopie e ideali, senza tener conto delle realtà di questo mondo. Una conferma dell'esattezza di questa tesi deriva dall'esame storico dell'attività della Raf, la quale ha predicato, gridato, si è organizzata con perfezione germanica. Ma non ha realizzato i suoi ambiziosi programmi di -Portare la guerra nei quartieri delle città. Ha colpito, ha assassinato (Buback. Ponto, Schleyer, gente che «se l'aspettava» e aveva la scorta) ma non ha mai seminato il «terrore». Partendo dalla constatazione che il «terrorismo» tedesco è fallito grazie alla fin troppo energica reazione dello Stato (registrazione di decine di migliaia di persone, pattugliamenti continui della polizìa, varo di leggi speciali) e della popolazione (la quale si è scatenata in una caccia collettiva al «simpatizzante»), il ministro e l'ex terrorista hanno cercato insieme di trovare una via per riportare nella vita civile coloro che «credettero di poter cambiare lo Stato con la violenza». Al terrorismo — hanno constatato — tendono i giovani disillusi, abbandonati a se stessi, senza ideali, che si sono trovati dinanzi a un mondo già fatto, giovani spaventati per .il futuro e che non sanno perché esistono. Non hanno più fiducia e speranza, neppure nella protesta armata. Osserva l'ex capo del maggio '68 a Parigi. Daniel Cohn-Bendit: «Non vi è più alcuna differenza tra coloro che impugnano una pistola e coloro che si prostrano dinanzi a un guru qualsiasi» o si drogano o si tolgono la vita. La prima fase della reazione alla violenza armata furono l'organizzazione dello Stato e l'autodifesa dei cittadini, e si è chiusa con successo. La seconda fase, che Baum e Mahler vogliono condurre insieme, è il recupero delle ultime «pecorelle smarrite». Con un'amnistia? con la grazia? I politici non si pronunciano, ma sono convinti che si troverà una via per risolvere un problema che — se si pensa al terrorismo endemico e cieco italiano, basco, irlandese, o palestinese — in realtà non è mai esistito. Tito Sansa Horst Mahler: dal terrore alla collaborazione col governo
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