Il salvataggio Cokitalia solleva polemiche all'Eni di Marco Borsa
Il salvataggio Cokitalia solleva polemiche all'Eni Per la procedura adottata da Lombardini Il salvataggio Cokitalia solleva polemiche all'Eni Il ministro, dicono gli oppositori, doveva semmai ratificare una decisione, non prenderla personalmente MILANO — II salvataggio della Cokitalia attraverso la cessione dell'intero pacchetto azionario all'Eni (oggi la società è al 50 per cento Eni attraverso la Samin che raggruppa le partecipazioni ex Egam e al 50 per cento Italgas) in vista di una futura ristrutturagione potrebbe non essere approvato dalla giunta dell'ente petrolifero di Stato. La proposta di salvataggio, infatti, avamata dal ministro delle Partecipazioni statali, Siro Lombardini, incontra l'ostilità di una parte del gruppo dirigente Eni per almeno due ragioni fondamentali: 1° si tratta di una iniziativa presa dal ministero delle Partecipazioni statali che dovrebbe essere ratificata dall'Eni mentre la corretta visione dei rapporti fra enti di gestione e ministero implicherebbe un iter contrario (sono le scelte imprenditoriali dell'Eni che andrebbero approvate dal ministero); 2° non esiste alcuna ragione dal punto di vista economico per accollare all'Eni il peso del salvataggio di un'azienda che perde cronicamente. La Cokitalia, una quarantina di miliardi di fatturato nella produzione di coke per altoforni, ha accumulato ne-, gli ultimi tre anni 26 miliardi di perdite, ad un ritmo cioè di oltre 15 milioni all'anno per dipendente. Se all'Eni venis-, sero accollati tutti i costi dei 552 dipendenti l'ente avrebbe convenienza a tenere comunque chiusi e fermi gli impianti perché sborserebbe non più di 12 milioni all'anno per dipendente. Il vecchio impianto fu ereditato, insieme ad altri impianti analoghi, un po' meno disastrati, come la nuova Fornicoke (47 miliardi di fatturato, 574 dipendenti, persi 3 miliardi nel biennio 1977-78) o la Vetrocoke-Cokapuania (93 miliardi di fatturato nel 1978, 1400 dipendenti, persi 21 miliardi nel biennio 1977-78), dal fallimento del!'Egam con l'impegno per l'Eni di riorganizzare le partecipazioni salvando il salvabile. La decisione di Lombardini scavalca improvvisamente ogni logica imprenditoriale di risanamento e punta direttamente al salvataggio. E'possibile che a questo punto la nuova giunta dell'Eni, nonostante la debolezza in cui l'ente si trova dopo la vicenda dello scandalo delle tangenti petrolifere, decida di difendere l'autonomia della gestione e scelte più corrette dal punto di vista imprenditoriale. Un voto negativo da parte di Lorenzo Necci (repubblicano), Vincenzo Dietrich (democristiano) e Carlo Castagnoli (socialdemocratico) aprirebbe però una nuova crisi istituzionale fra l'Eni e il ministero. Il ministero delle Partecipazioni statali non ha spiegato le ragioni in base alle quali ritiene si debba «salvare, la Cokitalia ma, secondo fonti Eni, si tratta probabilmente di motivi soctrxM ed elettorali. L'impianto Cokitalia, a 25 chilometri da Savona, si trova in una zona al centro da anni di violente polemiche per le scelte di insediamenti industriali che, distrutta ogni prospettiva per l'agricoltura a causa dell'inquinamento, non si sono rivelate solide e durature. C'è nella zona l'Acna della Montedison, la fabbrica di coloranti sotto accusa da tempo per il pericolo delle lavorazioni; c'è un altro impianto Montedison di fertilizzanti che dovrebbe chiudere (sono circa 500 dipendenti) ma ogni volta evita i funerali per il timore delle reazioni politiche e sindacali; c'è infine un grosso impianto della 3M Ferrania, l'unico insediamento chimico su cui non pende per il momento la minaccia di ristrutturazioni o chiusure. Marco Borsa
Persone citate: Carlo Castagnoli, Ferrania, Lombardini, Lorenzo Necci, Siro Lombardini, Vincenzo Dietrich
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