La verità di Fioroni nelle sue poesie

La verità di Fioroni nelle sue poesie IN ESCLUSIVA SU «TUTTOLIBRI» I VERSI DEL SUPERTESTIMONE BR La verità di Fioroni nelle sue poesie Dal carcere di Matera il professor Carlo Fioroni ha spedito a Tuttolibri un'ottantina di sue poesie, dattiloscritte e raccolte in una cartella intitolata: «Poesie di Fioroni Carlo». In questi versi il prigioniero si confessa. Con linguaggio poetico rivela la sua crisi, lo sconvolgimento interiore che l'ha portato alla decisione di rivelare la «verità sul terrorismo». Il «professorino» dal carattere timido che insegnava lettere alla scuola media di Settala, alla fine degli Anni Sessanta diventa fedelissimo di Feltrinelli. Il suo braccio destro. Dopo la morte dell'editore-guerrigliero, ha vicissitudini giudiziarie, per otto mesi vive clandestino, si costituisce, torna subito libero, tra i gruppi terroristici. Si riparla di Fioroni nella primavera '75, dopo il rapimento (e la morte) del suo miglior amico, l'ingegner Baronie L'insegnante rivoluzionario è arrestato in Svizzera mentre tenta di riciclare parte del denaro pagato dalla famiglia Saronio per il riscatto. Sì afferma che il rapimento del giovane ingegnere è l'elemento che salda la latitanza di Fioroni ai sequestri per l'autofinanziamento dei gruppi sovversivi dell'ultrasinistra. Al processo in assise. Fioroni è condannato a 27 anni di reclusione. Prima che i giudici entrino in camera di consiglio, dice: «Ho errato, non soltanto con la mia partecipazione alla tragedia (il rapimento e la morte di Saronio, n.d.r.), ma anche con l'accettazione acritica delle premesse politiche aberranti che ini hanno portato a viverla». Conclude con un invito ai compagni ad «abbandonare la via del terro¬ rismo e della morte» e a «tornare indietro, prima che sia tardi». Due settimane fa Cario Fioroni parla e diventa il «superteste», il personaggio chiave nel labirinto delle ipotesi sul partito armato. Ora è superprotetto nel carcere di Matera. Si sa che dipinge. Che passa ore a leggere i giornali con gli echi delle sue deposizioni. E anche libri: romanzi di Gunter Grass. racconti di Beppe Fenoglio, testi di teologia e psicoanalisi. Nessuno aveva mai saputo che scrivesse poesie. Finché è arrivata quella cartella a Tuttolibri. Sono poesie scritte durante la latitanza, a Como e a Lugano. La maggior parte composte nel carcere di Fossombrone in attesa del processo, una a San Vittore e è datata «2 febbraio 1979, dopo la sentenza». Versi di un professore che ha amato Pavese e Prévert. Montale e Lorca. «... forse il dato più caratteristico di questi versi è la loro ininterrotta convenzionalità: convenzionali sono il carcere e i rimpianti raccontati, la parola "mamma" graffiata sui muri, i sogni di libertà e le evocazioni del passato. Su tutto questo aleggia il fantasma di Leopardi evocato da Fioroni quando scrive nel carcere di Fossombrone, non troppo lontano da Recanati. E a poca distanza da dove il poeta si 7iiisurava con l'infinito, il carcerato Fioroni maturava la scelta di una strada diversa dalla poesia per uscire dalle proprie angosce», scrive Nico Orengo nella bella presentazione del canzoniere del «professorino», su Tuttolibri che sarà domani in edicola. Si è affermato che in queste poesie Fioroni si confessa. Non sappiamo, per il segreto istruttorio, che cosa egli ha detto di se stesso al magistrato. Ma riteniamo che in questi versi il prigioniero dice cose che non ha mai rivelato a nessuno. Sorprese la sua dichiarazione di pentimento, al processo d'assise, e il suo invito ai compagni ad «abbandonare la via del terrorismo e della morte». Ma già un anno prima (il 28 marzo '78) Fioroni aveva scritto in una poesia per i «vecchi» e i «nuovi» compagni: «... ve lo grido, rammentate i non c'è il teschio sulle nostre bandiere!... No i compagni caduti non chiedono vendetta i ci chiamano a diversa fedeltà: i a fedeltà alla vita e alla speranza». Nella cella di Fossombrone, il prigioniero è preso da struggenti ricordi: una ragazza chiamata Silvia, una sera sul lago seduti a un tavolino di locanda, «ti amo: mi scrivesti su una scatola i di fiammiferi, per non osare dirlo». E ricordi di altri momenti: «... noi sfilavamo tra canti e bandiere l impietosi alle vostre diserzioni i a noi stessi impietosi e nemici i compagni...». I ricordi si accavallano, il prigioniero si interroga, sente crescere l'angoscia, vorrebbe parlare, confidarsi, «fermare la mano che spara», ma non è ancora il momento, e Fioroni si sfoga con poesie intitolate Aldilà di ogni dubbio e Le acque scure e profonde della morte. Forse, questa, in memoria dell'amico Saronio. («// tuo viso ne affiora, dolce amico l nel fiorire degli anni inabissato ). Versi disperati, altri di speranza. Momenti di gioia e altri di sconforto, che il prigioniero esprime liricamente, in poesie rimaste segrete per anni e per mesi. 1.C,

Luoghi citati: Como, Fossombrone, Lugano, Matera, Recanati, Settala, Svizzera