Mancano api regine? Allora le alleviamo di Gianfranco Quaglia
Mancano api regine? Allora le alleviamo In Piemonte sono sorti alcuni alveari specializzati Mancano api regine? Allora le alleviamo NOVARA — L'ape regina arriva in treno e per non sentirsi troppo sola è accompagnata dalle sue «ancelle» che hanno il compito di nutrirla con gelatina reale. Non è una favola e neppure un film di Walt Disney, ma l'inizio del luogo viaggio del miele che raggiunge le nostre tavole. La regina che viene recapitata dal portalettere all'apicoltore in una gabbietta poco più grande di una scatola di fiammiferi, è il simbolo dello sviluppo del settore di questi ultimi anni ma costituisce anche un grave problema da risolvere. La carenza di api regine ha messo in crisi molti apicoltori, che devono acquistarle. Per questo, a Varallo Pombla, in provincia di Novara, è sorto un allevamento modello di «regine», organizzato dagli emiliani D all ari: altri allevatori specializzati sono nel Torinese e nel Cuneese. Con questi nuovi centri e l'inversione di tendenza, gli apicoltori vogliono aumentare e mi¬ gliorare la produzione di miele, tornato prepotentemente alla ribalta grazie a una lunga azione pubblicitaria. In Piemonte sono circa duecento coloro che si dedicano a tempo pieno agli alveari e a questi occorre aggiungere migliaia di allevatori part-time. Si calcola che gli alveari siano circa 60 mila, ognuno dei quali produce mediamente venti chilogrammi. Tutta la produzione, adesso, è facilmente collocabile sul mercato, a differenza di una decina d'anni fa quando il miele era invenduto e si organizzava addirittura un ammasso. Agli allevamenti e alla produzione si stanno avvicinando i giovani. Ogni anno a Reaglie (Torino) vengono tenuti corsi speciali; sono oltre sessanta gli allievi iscritti all'istituto di apicoltura della Facoltà di agraria a Torino. • Scoprono un mondo dimenticato — dice il professor Franco Marietto, docente—ma soprattutto una nuova possibili¬ tà di lavoro nel campo dell'agricoltura». Il '79 sarà considerato come un anno buono, sotto certi aspetti, ed eccezionale per altri. Nel Novarese, ad esempio, per il miele di acacia, molto richiesto dai consumatori, si è avuta una produzione ottima con quantità mal registrate in passato, frutto della buona selezione di «regine» ma anche della fioritura. E' stata anche l'annata dell'ape regina verde non solo in Italia ma in tutto il mondo. Secondo una convenzione internazionale le api atte a procreare devono essere marchiate ogni stagione con una gocciolina di vernice sul torace, operazione che l'agricoltore esegue con una capocchia di fiammifero o uno stuzzicadenti. E' il segno che contraddistingue l'anno di nascita e tutela tutti gli apicoltori. Poiché una «regina» non vive più di cinque anni l'intero ciclo di marchiatura è composto da cinque colori diversi. Per il '78 fu scelto il rosso, nel '79 è sta¬ to stabilito il verde. Allevamenti moderni per favorire l'adattamento e accurata selezione delle api non sono però sufficienti ancora a garantire il consumatore che, dopo la riscoperta dovuta alla moda, sta apprezzando il miele in tutte le sue varietà. L'istituto di apicoltura di Torino, uno dei pochi (con Perugia e Bologna) dove avvengono la ricerca e la sperimentazione a livello scientifico, ha avviato un programma nel settore della caratterizzazione del prodotto. Si vuole arrivare alla denominazione d'orìgine del miele, cosi come è già avvenuto per altri prodotti (vino, formaggi). Potrà essere uniflorale e multiflorale, a seconda delle località di fioritura. Dice il professor Marletto: •Avremo miele a "Doc" come per il Barbera e il Grignolino. Non sarà solo un marchio suggestivo: da un lato tutelerà l'acquirente, dall'altro qualificherà l'apicoltore». Gianfranco Quaglia l •
Persone citate: Barbera, Marletto, Walt Disney
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