Indagini, arresti e incriminazioni in 12 citta per frodi sul petrolio

Indagini, arresti e incriminazioni in 12 citta per frodi sul petrolio Da Treviso l'inchiesta si è estesa a tutto il Nord Italia Indagini, arresti e incriminazioni in 12 citta per frodi sul petrolio Evadendo le imposte, il gasolio destinato al riscaldamento era venduto per autotrazione - Truffe analoghe per benzina e oli combustibili - In carcere dirigenti della Guardia di finanza e dell'Utif - Petrolieri e grossisti sotto accusa: quattro arrestati a Torino; due, in libertà provvisoria, sono scomparsi - Impegno coordinato dei magistrati TORINO — Lo scandalo del petrolio con l'enorme frode al fisco rimbalza da Treviso a tutta l'Alta Italia. Finora si sapeva dell'inchiesta dei giudici di Treviso e delle proporzioni ristrette delle indagini. Da Torino e da altre città arrivano in questi giorni notizie di altri sviluppi a macchia d'olio. Chi sta conducendo le inchieste, una decina di giudici in diverse città, non esita a definirlo uno dei più colossali scandali nazionali dal dopoguerra. Sia per l'ingente danno subito dallo Stato (si parla di duemila miliardi di imposte non pagate) sia per il numero di persone coinvolte (già oltre cento i mandati di cattura, alcune centinaia i denunciati), sia per i personaggi coinvolti (alti ufficiali della Guardia di finanza, funzionari pubblici, petrolieri, grossisti), sia per la vastità di connivenze e corruzioni ad alto livello. I reati contestati a quasi tutti i personaggi coinvolti nel mega-scandalo sono sempre gli stessi: corruzione, contrabbando, falso e associazione per delinquere. Ancora una volta la «materia prima» che ha consentito di frodare 10 Stato e lucrare somme ingenti è stata il petrolio, in particolare il gasolio. Semplice e nello stesso tempo complesso, il sistema escogitato negli ultimi anni da molti petrolieri per rimpin-' guarsi le tasche ai danni della collettività. Per anni il gasolio per riscaldamento (gravato di un'imposta di una-due lire il chilo) è stato messo in circolazione per autotrazione (l'imposta in questo caso avrebbe dovuto essere di 60 lire). In altri casi è finita nella rete dei distributori stradali la benzina che, sgravata delle imposte fisse, avrebbe dovuto essere destinata ad aziende per la lavorazione di alcuni prodotti. In altri casi ancora, la truffa ha riguardato il commercio di 011 lubrificanti. Tutto ciò è andato avanti per anni grazie ad un'incredibile rete di complicità, protezioni, falsificazioni di documenti, corruzioni di funzionari pubblici e della Guardia di finanza. Un traffico illecito che ha interessato tutta l'Alta Italia e che vede ora al lavoro nelle complesse e delicate indagini i giudici Vaudano e Griffey a Torino, Napolitano e Labozzetta a Treviso, Fortuna a Venezia, Nunziata a Bologna, Nese a Lecco, Simoni a Brescia oltre ad altri loro colleghi a Milano, Genova, Mantova, Crema. Livorno e Civitavecchia. Le istruttorie suddivise per competenza territoriale viaggiano comunque parallele e coordinate grazie a periodici incontri dei magistrati, che si ritrovano per «fare il punto» ed essere informati sull'andamento del lavoro dei colleghi. Non potevano mancare i colpi di scena a mano a mano che i giudici cercavano di ricostruire le tessere del mosaico e individuare i responsabili della colossale frode. Le manette ai polsi sono scattate anche per personaggi «al di sopra di ogni sospetto» quali i due colonnelli comandanti rispettivamente la Guardia di finanza di Venezia e di Vicenza. Una comunicazione giudiziaria per interesse privato hanno ricevuto i generali Raffaele Giudice, ex comandante generale della Guardia di finanza e Donato Lo Prete ex capo di Stato maggiore della Finanza e ora al comando della «zona» di Milano. A Torino sono stati trasferiti e subito sostituiti, la scorsa estate, il comandante e il vicecomandante del nucleo di polizia tributaria. Sono finiti in carcere tre funzionari dell'Utif di Torino (l'ufficio preposto alla riscossione delle imposte su minerali, alcolici ecc.): il vice capo ing. Enrico Ferlito. il dottor Gerardo Di Sappio e il dottor Domenico De Fazic Caputo. Su una cinquantina di funzionari dello stesso Utlf di Torino, una dozzina sono sotto inchiesta, compreso il secondo ingegnere capo, La Rosa. In seguito alle ultime vicende anche alti ufficiali della Finanza e della Tributaria di Milano sono stati trasferiti. Alcuni tra i maggiori lucratori ed evasori delleimposte sui prodotti petroliferi sono riusciti a rifugiarsi all'estero poco prima dell'emissione dei mandati di cattura, grazie a compiacenti amici che, al momento giusto, hanno dato loro la «soffiata». Vivono ora abbastanza tranquilli a Montecarlo, in Svizzera. Francia o Sud America attingendo ai cospicui fondi truffaldinamente accumulati In patria e diligentemente esportati per l'intervento di compiacenti commercialisti. Altri hanno preferito cambiar aria dopo aver conosciuto per mesi il carcere e ottenuto la libertà provvisoria dietro il pagamento di una consistente cauzione. E' il caso dei torinesi Cesare e Pietro Chiabotti, padre e figlio, contitolari a Sant'Ambrogio, in Valle di Susa, di un'azienda, l'Isomar, specializzata nell'evadere le imposte sul gasolio. Prima di concedergli la libertà, 1 giudici torinesi hanno preteso che i due versassero allo Stato cento milioni di cauzione. Li hanno versati subito, sull'unghia. Salvo poi scomparire per ignota e più sicura destinazione, quando sono emersi Indizi di una ancora più gigantesca frode. Un altro centinaio di milioni di cauzione in cambio della Libertà provvisoria hanno versato Luigi e Giovanni Masnata di Torino, padre e figlio, responsabili, secondo i giudici, di far parte del gran giro degli evasori fiscali, abili sia nel lucrare illeciti profitti, sia nel frodare la collettività. Compaiono inoltre nelle istruttorie i nomi di altri personaggi noti, compreso un cantante, un ex calciatore famoso, due ex presidenti (petrolieri) di società di calcio: tutti nella lista di personaggi che i giudici vorranno sentire quanto prima. i L'Inchiesta si sta allargando a macchia d'olio, nonostante continuino ad arrivare ai magistrati impegnati nelle difficili istruttorie minacce di morte, inviti a «lasciar perdere». Guido J. Paglia