Vitamine, pro e contro di Franco Giliberto

Vitamine, pro e contro E' davvero meglio la bistecca? Vitamine, pro e contro NEL dopoguerra, fino a tutti gli Anni Cinquanta, confrontando i nostri bambini e ragazzi con i loro coetanei statunitensi s'usava dire che questi — se erano mediamente un po' gracili — lo dovevano alle scarsità nutrizionali; e che quelli — se erano rosei, robusti, paffuti — potevano ringraziare bistecche e vitamine. Le vitamine erano allora sinonimo di benessere fisico. Chissà quante ne avevano ingoiate Jayne Mansfield (la Bomba) e Johnny Weissmuller (il Tarzan). Poi i mercati farmaceutici si allargarono e bistecca quotidiana, zucchero, frutta divennero abituali sotto parecchi cieli, a diverse latitudini. Oggi in Italia, delle nuove generazioni, non ci si può lamentare almeno dal punto di vista fisico. Grazie alla più ricca alimentazione, non c'è dubbio. Oppure anche per merito delle vitamine in pillole? Pino a pochi anni fa ogni buon medico diceva che per gran parte dei malati valesse più una spremuta d'arancia, un bicchierone di latte di mucca, un piatto di carote o di pomidoro che una pasticca vitaminica comprata in farmacia. La dignità terapeutica delle vitamine in pillole ha sempre faticato ad affermarsi. Hanno quasi sempre trovato conside¬ razione come integratrici alimentari, come supporti delle diete speciali, nulla più. Ma qualcosa sta cambiando. Ne parliamo con il prof. Alberto Fidanza, ordinario di Fisiologia generale alla facoltà di Farmacia dell'università romana e direttore del Centro internazionale di vitaminologia che ha sede nella capitale. «Al recente, primo congresso europeo sull'argomento — spiega il prof. Fidanza — proprio i nuoin aspetti terapeutici sono balzati alla ribalta. Studiosi d'ogni nazione del vecchio continente, giunti a Madrid per l'assise, hanno messo a confronto le proprie esperienze cliniche e di laboratorio. E le "vitamine come farmaci" hanno avuto, se cosi si può dire, una rivalutazione». Qualche esempio. Gli effetti benefici, ossia curativi, dell'acido nicotinico (vitamina PP) in varie affezioni vascolari e cardiovascolari; dell'acido pantotenico nelle atonie intestinali, nelle stipsi, oltre che in talune necessità d'attivazione funzionale endocrina; della vitamina C associata alla vitamina E nelle terapie mirate per la normalizzazione del metabolismo lipidico; della sola vitamina C in taluni squilibri dovuti a condizioni patologiche o stress di vario tipo, come nel caso dei forti fumatori per i quali c'è un notevole abbassamento sierico della quantità fisiologica della sostanza; della vitamina A, o meglio dei suoi derivati retinoidi, in difficili cure del cancro polmonare e in particolare del tumore vescicale; della vitamina B6 in certi casi di depressione, per l'effetto stimolatore della produzione di serotonina. «Al congresso — ricorda il prof. Fidanza — sono state rievocate anche le esperienze del Premio Nobel Linus Pauling, che ottenne un considerevole aumento della sopravvivenza di malati neoplastici terminali, somministrando loro altissime dosi di vitamina C, ovvero oltre dieci grammi al giorno. Ma questa delle terapie antitumorali è materia delicatissima. Nessuno deve illudesi. La stessa vitamina C, bisogna dirlo a chiare lettere, può essere utile con funzione protettiva, capace di attenuare gli effetti secondari delle debilitanti cure antiblastiche, ma non oltre». — Con la «rivalutazione» delle vitamine non c'è il pericolo che i più sprovveduti compiano autoprescrizioni, rifornendosi a casaccio dal farmacista? « Come tutti i medicinali, anche le vitamine vannp assunte cautamente, ricordiamolo. Perciò che sia il medico a prescriverle, soprattutto se si tratta di dosi un po'più alte del solito, che potrebbero creare problemi di accumulo o disvitaminosi. E poi è importante la determinazione dei cicli di cura: non consiglierei assolutamente di instaurare terapie occasionali, saltuarie, senza criterio farmacologico meditato». Franco Giliberto

Persone citate: Alberto Fidanza, Jayne Mansfield, Johnny Weissmuller, Linus Pauling

Luoghi citati: Italia, Madrid