Montesano è «magico»; Pozzetto tradisce il suo amico con una donna

Montesano è «magico»; Pozzetto tradisce il suo amico con una donna Montesano è «magico»; Pozzetto tradisce il suo amico con una donna Culoecamicia di Pasquale Festa Campanile con Enrico Montesano e Renato Pozzetto, Maria Rosaria Omaggio, Carlo Bagno, Leopoldo Mastelloni, Daniela Poggi. Dino Pernice, Gianni Agus. Produzione italiana a colori. Commedia in due episodi. Cinema Lux. Forse non si dovrebbe dire film in due episodi, neppure «movie movie» col raddoppiamento americano. Pasquale Festa Campanile che di suo è anche scrittore direbbe: due racconti cinematografici, uniti dal pretesto degli attori, spinti dall'occasione natalizia, etichettati (colpevolmente o no) con un titolo a orecchio, ansi più giù. Non si pensi che culo e camicia indichino distintamente i due racconti, anche se qualcuno potrebbe fare dei poco delicati sofismi sul valore di fortuna che entrambe le parole contengono e sulla natura di affinità, di vicinanza che rivelano secondo la locuzione popolare. Per non dire della parola «culo», una volta considerata con sospetto nella lingua scrìtta. Il primo racconto, il «Televeggente», sembra rifarsi al genere della commedia di riporto, un'idea alla Clair in un clima alla Frank Capra. L'assistente montatore di una tv privata, Enrico Montesano, sogna di fare il telecronista e di sposare la segretaria di studio. Ma balbetta ed è timido, almeno fino al giorno in cui un angelo in veste di ciabattino gli porta le scarpe rìsuolate. Il protettore ha deciso dal Cielo di prendersi cura di Montesano, le scarpe sono magiche, contengono sette desideri. Se Montesano sapesse la faccenda dei desideri (soprattutto del numero limitato), darebbe una svolta trionfante alla sua vita, ma non lo sa e tutto avviene secondo le coincidenze fantastiche che piacevano a Clair (per esempio le corse di cavalli indovinate sul giornale letto in anticipo di un giorno). Come Montesano arriverà alla felicità sema scarpe sarà lo spettatore a scoprirlo. L'interprete è diligente, ma la sua compagna non è proprio l'ideale per cui far miracoli. E' meglio il secondo racconto, che prometteva gli equivoci più torbidi e il gioco più pesante. Pozzetto convive con Mastelloni, tranquilla coppia di omosessuali milanesi che sarà distrutta da una donna. L'amore eterosessuale prende le forme abbastanza convincenti di Maria Rosaria Omaggio. Un giorno che Pozzetto la investe senza danno per la strada (con la macchina regalata da Mastelloni nel decennale della loro unione) s'inizia un giuoco che gli eterosessuali conoscono fin troppo bene. Colloqui, telefonate, sguardi, allusioni, baci e il resto. Caduto in un rapporto ^normale* Pozzetto ha una crisi di coscienza: come dirlo all'amico? Come lasciarlo senza ferirlo? Ci sono alcune concomitanze di luogo e di lettera che lo aiutano nell'impresa, senza drammi. Solo un sospiro di Mastelloni: avrei voluto dartelo io un bambino. Sul canovaccio che poteva essere losco, sulla trama che potrebbe segnare un'ulteriore disinvoltura intorno al tema della strana coppia, s'inserisce un'ottima caratterizzazione di Pozzetto, partecipe anche della sceneggiatura. Con scrupolo professionale Pozzetto cerca di cavare dal personaggio tutto quello che può: un ritratto d'ottuso perplesso, di milanese ridicolo ma con poco senso dell'umorismo, di svagato con qualche tratto di cattiveria. Bene anche Mastelloni, ma ogni tanto gli viene da rìdere. s. r. Pozzetto «fidanzato»