Il vicepresidente Mario Turatti pessimista sul contratto
Il vicepresidente Mario Turatti pessimista sul contratto Il vicepresidente Mario Turatti pessimista sul contratto Federmeccanica: no a nuovi oneri per pagare la cassa integrazione TORINO — Nel mese di gennaio i metalmeccanici dovrebbero arrivare alla bozza di «piattaforma» per il rinnovo del contratto di un milione e mezzo di lavoratori delle aziende private e pubbliche. I sindacalisti hanno già ottenuto alcune riunioni orientative in sede nazionale. Sui contratti (ai metalmeccanici seguiranno i tessili e le altre categorie) si innesta la trattativa con il governo e con gli imprenditori sul «tetto del 16 per cento» per contenere l'inflazione del 1982. Il vicepresidente della Federmeccanica (9 mila aziende private con un milione di dipendenti) Mario Turatti è pessimista sulla sorte del contratto della categoria. «La piattaforma rivendicativa — ci ha dichiarato — non è ancora pronta. Però, le prime indicazioni sommarie ci danno un aumento dei costi di almeno il 26 per cento. La posizione della Federmeccanica è molto chiara: per noi anche i contratti debbono rientrare nel tetto del 16per cento». Ritenete praticabile questa strada? «Certamente! Se la discussione sfocerà in un accordo prima che inizino le trattative per il contratto, questo accordo conterrà necessariamente anche indicazioni precise per i rinnovi contrattuali. Se l'accordo non ci sarà, è molto difficile che i contratti possano andare in porto. Questa, del resto, non è soltanto la posizione della Federmeccanica, ma di tutta la Confindustria». Uno dei temi centrali del rinnovo del contratto, secon- do il sindacato, dovrà essere l'occupazione. La Federazione unitaria dei metalmeccanici vi accusa infatti di «uso selvaggio» della Cassa integrazione. I sindacalisti, ma anche il presidente dell'Inps Ravenna, sostengono che bisognerebbe aumentare i contributi a vostro carico per sa nare il deficit. «Vorrei ricordare che la Cassa integrazione ordinaria è stata creata per far fronte a difficoltà congiunturali di breve periodo; per queste necessità i contributi che le imprese pagano sono più che sufficienti». Ma la Cassa straordinaria ha un «buco» enorme. Chi lo deve pagare secondo lei? «A mio giudizio occorre fare un discorso molto chiaro e rigoroso. La Cassa straordinaria, come dice lo stesso nome. è uno strumento per situazioni eccezionali. Quasi sempre per fronteggiarle il sistema più corretto sarebbe la mobilità della manodopera. Se però, come è avvenuto molte volte, per decisione della collettività — autorità di governo, enti locali, forze sindacali — si decide di mantenere in piedi un'azienda che non è più in grado di produrre nulla, e quindi si pagano Casse integrazione a vita, non vedo perché il costo di questa operazione debba ricadere sul sistema industriale» Per lei, dunque, l'unica «medicina» è la mobilità? «Un sistema industriale è forte e produce ricchezza quando le imprese sono libere non soltanto di nascere, ma anche di svilupparsi, ridimensionarsi o sparire. Questa è la situazione di tutti i Paesi industrialmente avanzati. In Italia, invece, viene imposto l'uso della Cassa integrazione come sostitutivo della mobilità. Non è un costo che possa ricadere sulle imprese». Qual è la sua opinione sul «caso Piemonte», cioè sulla crisi che ha colpito la regione? «Per anni forze politiche e sociali hanno attribuito al Piemonte il ruolo di locomotiva dello sviluppo del Mezzogiorno: oggi ministri, parla mentari e sindacati si interro gano sull'economia piemontese come al capezzale di un moribondo. Avevano torto ieri quanti pensavano che si potesse indebolire la struttura produttiva del Piemonte; hanno torto oggi quanti, sottovalutandone le capacità di reazione, lo considerano in ginocchio». Allora, qual è la situazione? «La situazione è molto seria, ma non sono pessimista. L'altro giorno al Circolo della stampa, l'Anima, l'associazione degli industriali meccanici torinesi, ha presentato un volume sull'Arsenale di Torino nel '700. E' lo specchio di una tecnologia, per la sua epoca, tra le più avanzate d'Europa. Da allora, tre secoli di vita, l'industria metalmeccanica torinese ha sempre saputo reagire alle crisi, ponendosi all'avanguardia della trasformazione e delle innovazioni tecnologiche. Credo proprio che non sarò io il presidente del "tramonto" degli imprenditori metalmeccanici torinesi». Sergio Devecchi Mario Turatti
Persone citate: Mario Turatti, Sergio Devecchi Mario
A causa delle condizioni e della qualità di conservazione delle pagine originali, il testo di questo articolo processato con OCR automatico può contenere degli errori.
© La Stampa - Tutti i diritti riservati
- L'orrenda visione nella sala della Banca
- "13 GIUGNO 1982 GIORNATA REGIONALE UNICEF"
- Moratti contro i tifosi: Lippi resta
- «Zoff sì Ú rifiutato di parlarmi»
- Roma, Totti contro Capello
- La bomba alla "Commerciale"
- Vasco Rossi: «Canto per farmi coraggio»
- Tardelli attento al pendolare Suazo
- Il gran rifiuto
- Kampala Ú isolata Ultime ore di Amin
- "Varsavia deve arrendersi"
- Dopo il discorso di Mussolini
- Diktat alle società sul limite di spesa
- La Germania inserita nel fronte occidentale
- Rubatto presidente del Torino
- Due discorsi di Farinacci a Chieti
- La Corte Costituzionale decide se può esistere una tv privata
- Ordinazioni e liquidazioni per l'Aeronautica
- Continua la serie dei programmi noiosi
- Minghi fuga per la vittoria?
- Giovani missini sparano 3 colpi in testa a un padre di otto figli
- "Varsavia deve arrendersi"
- Ad un favoloso Pulici risponde una volta sola Chinaglia
- Grace Kelly ha pagalo
- Uccisa con ventidue coltellate
- La parola d'orline di Hitler ai giovani: lotta senza quartiere al bolscevismo
- Stroncato a 44 anni da overdose a Bra
- Il suo spettacolo sospeso nel più noto locale della Versilia
- Liquidato Gomulka, domata la sommossa Imminente rimpasto nel governo polacco
- Ã? scomparso Ferruccio Novo creatore del "grande Torino,,
In collaborazione con Accessibilità | Note legali e privacy | Cookie policy