L'Italia distanziata da Tokyo, Parigi e Londra di Piero Bianucci

L'Italia distanziata da Tokyo, Parigi e Londra L'Italia distanziata da Tokyo, Parigi e Londra Treni elettronici superveloci ma le linee sono antiquate Non è ancora finita la direttissima Roma-Firenze, se ne parla ormai da dieci anni Inadeguate al traffico anche linee di pianura come Venezia-Torino e Milano-Bologna TORINO — ..Arriva con un minuto di anticipo il treno partito con tredici anni di ritardo». Cosi, ironicamente, un giornale inglese ha salutato il viaggio inaugurale dell'Apt, il treno superveloce che ha aperto anche in Gran Bretagna il revival della rotaia, in competizione con l'aereo. Effettivamente il progetto inglese è andato avanti in messo a parecchie difficoltà, non ancora del tutto superate: la velocità potenzialmente è di 260 chilometri orari, ma per adesso l'Apt non supera i duecento per evitare sgradevoli inconvenienti come vibrazioni, rumorosità, senso di nausea nei passeggeri. In ogni modo, meglio tardi che mai. Le ferrovie di Sua Maestà, tutto sommato, sono arrivate al traguardo pochi mesi dopo quelle di Mitterrand, il cui fiore all'occhiello è il Tgv (tram à grande vitessej da ottobre in funzione sulla linea Lione -Parigi. Più bravi di tutti i giapponesi, che hanno ormai molte linee superveloci, create sotto lo stimolo di un forte pendolarismo e di una spiccata vocazione alla produttività: tra Tokyo e Kyoto più che in qualsiasi altro posto il tempo è denaro. In Italia invece si è lontani dalla seconda giovinezza della rotaia. L'esperienza del «pendolino» (sviluppata dalle Officine Fiat-Savigliano) è rima¬ sta isolata e non ha mai dato i suoi frutti. Questo treno ad assetto variabile, meccanicamente ancora all'avanguardia, anche se superato per altri aspetti dal massiccio ingresso dell'elettronica, che caratterizza i supertreni francesi e inglesi, è relegato alla linea Roma-Ancona, dove non può sviluppare la sua velocità potenziale di 250 chilometri orari perché il binario non è adeguato. E intanto la crisi dei nostri trasporti ferroviari non fa che aggravarsi: basti ricordare che in termini di viaggiatore/chilometro le auto e i motocicli rappresentano il 77 per cento del traffico, mentre le ferrovie non raggiungono neppure il dieci per cento. E le cose non vanno meglio nel settore merci: in tonnellate/ chilometro l'autotrasporto ha il 56 per cento, il 20 per cento va alla navigazione e soltanto il 13 per cento alle ferrovie, nonostante questo mezzo sia molto più conveniente, dal punto di vista energetico, del trasporto su strada. Quando si parla di treni veloci si pensa immediatamente alla motrice, immaginata con caratteristiche tecniche più o meno fantascientifiche. La motrice è certamente importante, ma non è il punto essenziale del problema. Più importante (e molto più costosa quanto ad investimenti) è la ferrovia. La velocità dipende molto di più dalla qualità del binario che non dalla locomotiva. Purtroppo proprio sotto questo aspetto l'Italia è svantaggiata. Le difficoltà dovute alle colline e alle montagne (sono il 70 per cento del terri torio nazionale) si aggiungono a quelle del dissesto idrogeologico e della cattiva programmazione dei trasporti fatta dal ministero competente. Eppure non è che siano mancati gli investimenti. Il Piano nazionale dei trasporti assegnava alle ferrovie 17 mila miliardi in moneta 1976 e solo due anni fa sono stati stanziati 7800 miliardi per un primo ammodernamento delle strutture ferroviarie. Il risultato è che non è finita neppure quella «direttissima» Roma-Firenze di cui si parla ormai da più di dieci anni, né sono state adeguate ad un traffico veloce le linee di pianura che pongono meno problemi, come la Torino-Milano-Venezia, o la Milano-Bologna. Ormai non rimangono dubbi sulla convenienza del ritorno al trasporto su rotaia. Un airbus come quelli costruiti dalla Boeing, tenendo conto dei trasbordi città-aeroporto e delle operazioni di imbarco, non è più veloce di un treno come il Tgv francese o l'Apt inglese, con la differenza che questo mezzo costa al passeggero molto di meno e che i consumi energetici si riducono alla metà della metà (un airbus Boeing, che è già considerato molto economico, beve settemila litri di carburante all'ora). La sola linea Lione-Parigi servita dal Tgv farà risparmiare alla Francia 100 mila tonnellate di combustibile all'anno, cioè il carico di una superpetroliera. Non solo: lo sviluppo dei treni superveloci apre interessanti prospettive industriali. L'esempio viene ancora dalla Francia. Dall'aprile 1980 vengono prodotti due Tgv al mese. Entro il 1983 questi treni saranno 87 e la linea si diramerà anche verso la Svizzera per raggiungere Losanna e Gcgvm Ginevra. Oltre tutto, il fatto che il nostro Paese non si adegui a questa rivoluzione ferroviaria finirà con il creare scomodissimi «colli di bottiglia» al traffico internazionale. L'elettronica è fondamentale sia per la tecnologia dei treni veloci sia per l'economia nei consumi (ma non dimentichiamo che nel bilancio delle nostre ferrovie l'energia costituisce solo l'un per cento delle spese globali, mentre il perso¬ nmpp nale ha costi abnormi). La prima locomotiva elettronica italiana è stata, poco più di un paio di anni fa, la «E 633». La parte meccanica (cassa, telaio, carrelli) è stata costruita dalla Fiat Ferroviaria Savigliano, mentre la parte elettrica ed elettronica è opera del Tecnomasio italiano Brown Boveri. Ma anche in questo caso non serve a nulla disporre di locomotori d'avanguardia se poi i binari e le altre strutture ri¬ mangono ad uno stadio da museo. Per consolarci, una curiosità. Dal '78 in Arabia Saudita, paradiso del petrolio facile, sono in funzione passaggi a livello modernissimi alimentati da energia solare. Bene: li ha costruiti una ditta italiana, la Wabco Westinghouse di Torino. Da noi, però, centinaia di passaggi a livello rimangono a manovella. Piero Bianucci Londra. Un'immagine del nuovo treno inglese superveloce ad assetto variabile «Apt» (Publifoto)

Persone citate: Boveri, Brown, Mitterrand