Monumento all'incuria di Piero Bianucci

Monumento all'incuria IN ROVINA LA CASA DI GALILEO A FIRENZE Monumento all'incuria Il «Gioiello» affidato all'Università, che non ha fondi per restaurarlo DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE FIRENZE — L'ultima casa di Galileo, quella dove trascorse la sua vecchiaia di confinato dal Sant'Uffizio, sulle colline di Firenze al Pian dei Giullari, sta andando in rovina. Finestre e porte scardinate, pavimenti ingombri di calcinacci, muri sbrecciati, una tazza rovesciata in un angolo, il giardino incolto che aggredisce le pareti con rampicanti e piante selvatiche: difficile immaginare una più squallida condizione di abbandono. Si chiamava, già nel Cinquecento, «Il Gioiello»: un nome tradito. Dal 1920 è monumento nazionale (un monumento all'incuria? all'indifferenza? all'ignoranza?). La Soprintendenza statale l'ha affidata all'Università di Firenze, che non ha fondi per il restauro «Se fosse la casa di Dante, dice polemico Franco Pacini, direttore dell'Osservatorio astronomico di Arcetri, probabilmente non sarebbe in queste condizioni: Torre solare Tra «Il Gioiello» e l'Osservatorio c'è una piccola valle. Su una collina svettano la torre solare realizzata nel 1926 da Giorgio Abetti, oggi centenario decano degli astronomi italiani, la cupoladei telescopio di Amici, il paraboloide di quello che è stato il primo radiotelescopio d'Italia. Sulla collina di fronte, tra vigne digradanti, ulivi argentei e il verde scuro dei cipressi, la bassa costruzione della casa di Galileo si distingue appena. Ad attirare nuovamente l'attenzione su questo che dovrebbe essere considerato un santuario della nostra storia culturale ha provveduto uno studio promosso dall'Istituto di Storia e Restauro dell'Università di Firenze. Con il coordinamento di Francesco Guerrieri, Mario Fondelli si è occupato del rilevamento architettonico, Pier Giorgio Malesani dell'analisi minerà logica dei materiali della villa, e gli architetti Antonio Godoli e Paolo Paoli hanno messo insieme organicamente i vari aspetti e dati del problema in uno studio pubblicato negli Annali dell'Istituto di Storia e Restauro. «Noi proponiamo, dice Franco Pacini, di trasformare la casa di Galileo in un centro internazionale per seminari e congressi scientifici. Sarebbe una sede splendida. Già adesso "Il Gioiello" è mèta di pellegrinaggio per gli scienziati in visita al nostro Osservatorio. Qualche mese fa è venuto anche Cari Sagan, il più popolare degli astronomi americani, quello che ha seguito le missioni delle sonde Voyager verso Giove e Saturno. Per il restauro basterebbero poche centinaia di milioni». Galileo affittò «Il Gioiello» su segnalazione della figlia prediletta, suor Maria Celeste, con un contratto che è stato ritrovato e che porta la data del 22 settembre 1631. Suor Maria Celeste viveva infatti nel vicino convento di San Matteo, sempre ad Arcetri. L'ingresso della villa (assai modesta) è ancora, come al tempo di Galileo, sotto il porticato dalla parte della strada. Si entra subito in una sala dominata da un grande camino. Di qui si passa in un'altra stanza, più piccola, che Galileo chiamava «prima stanza», e di qui al «salotto», che era in realtà la sala da pranzo, più lunga che larga, con una volta a botte. Si accede poi alla 'Seconda camera», con soffitto a cassettone, che è proprio la stanza di Galileo, dove lo scienziato dormiva accanto ad una bassa finestra rivolta verso il convento di San Matteo. In una «terza camera» dormivano invece gli ospiti: in particolare il Viviani e il Torricelli, che resero meno solitaria la vecchiaia dello scienziato. Ancora al pian terreno c'è un «camerino», esposto a Sud, dove Galileo aveva il suo studio e una piccola biblioteca di una quarantina di libri. Gli anni trascorsi al «Gioiello» sono quelli della segregazione e della cecità: i più drammatici, ma anche tra i più fecondi di Galileo, dall'abiura pronunciata il 22 giugno 1633 alla morte nella notte dell'8 gennaio 1642. Qui ricevette il granduca di Toscana Ferdinando II de' Medici, il pittore Sustermans (che due volte lo ritrasse proprio al «Gioiello»), il poeta John Milton (cui mostrò le macchie so lari), l'astronomo padre Benedetto Castelli, il suo futuro biografo Vincenzo Viviani, il giovane Torricelli, che prò prio allora stava mettendo a punto l'invenzione del barometro a mercurio. E qui fece ancora alcuni dei suoi più importanti lavori scientifici: la scoperta delle librazioni lunari, la stesura definitiva dei Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze, la progettazione del primo orologio a pendolo. Il grande occhio Per chi crede ai nessi simbolici, un'ultima nota di cronaca: fino a pochi mesi fa al «Gioiello» è stato in deposito lo specchio da tre metri e mezzo che dovrebbe diventare il grande «occhio» del progettato Osservatorio nazionale italiano. La sua realizzazione si è trascinata per vent'anni tra mille pastoie burocratiche e miserie finanziarie. «Speriamo che per finire questo telescopio, dice Pacini, non ne occorrano altri venti. In ogni modo è bello pensare che la casa di Galileo ha ospitato lo specchio di questo strumento. Mi pare un buon augurio. E ho anche fiducia nel restauro del "Gioiello". In fondo Spadolini ha la sua villa su queste colline a poco più di un chilometro, e sappiamo che è un uomo attento ai beni culturali. Se la casa di Galileo non si salverà sotto la sua presidenza, non si salverà mai più» Piero Bianucci

Luoghi citati: Arcetri, Firenze, Italia, Pian