Ora Begin minaccia di non lasciare il Sinai dopo il «no» Usa all'annessione del Golan? di Giorgio Romano

Ora Begin minaccia di non lasciare il Sinai dopo il «no» Usa all'annessione del Golan? Gerusalemme vorrebbe dagli Usa imprecisate garanzie nei confronti dei Paesi arabi Ora Begin minaccia di non lasciare il Sinai dopo il «no» Usa all'annessione del Golan? Il Dipartimento di Stato parla di «riesame» dei maggiori problemi mediorientali da parte di Washington e di Tel Aviv - Israele teme ritorsioni alla riunione del Consiglio di sicurezza e l'abbandono degli accordi di Camp David a vantaggio del piano saudita DALLA REDAZIONE DI NEW YORK NEW YORK — Le discussioni tra Stati Uniti e Israele sull'annessione del Golan, la situazione nel Libano e lo sgombero del Sinai per il prossimo aprile sono in una fase molto delicata. Lo ha detto il portavoce del Dipartimento di Stato, facendo capire che è in corso un riesame dei più gravi problemi mediorientali sia da parte di Tel Aviv che di Washington. Secondo alcuni giornali americani, le difficoltà nascono da una dura presa di posizione del governo Begin, il quale avrebbe accennato a un rinvio del ritiro delle sue truppe dal Sinai, a meno che gli Usa non gli diano «garanzie, nei confronti dei Paesi Arabi. In che cosa queste garanzie consistano non si sa. Il governo Begin teme che, una volta riconsegnato il Sinai all'Egitto, l'America abbandoni i negoziati di Camp David, e proponga invece trattative sul plano saudita. La diffidenza israeliana nei confronti degli americani è un segno della gravità della crisi creatasi nei loro rapporti. Begin aveva Insistito sull'accordo strategico tra Tel Aviv e Washington proprio per ottenere una protezione per il dopo-Camp David. Avendo constatato con quale rigidità gli Stati Uniti hanno sospeso l'intesa, il premier israeliano teme ora altri voltafaccia, cioè misure nei suoi confronti. Il punto critico è la riunione del Consìglio di sicurezza dell'Onu 11 5 gennaio prossimo. Begin non intende fare alcuna concessione sul Golan e, per non inimicarsi i Paesi arabi, gli Stati Uniti potrebbero astenersi nella votazione, anziché porre il veto. I Paesi arabi chiederanno sanzioni economiche e politiche contro Tel Aviv. L'appiglio del Sinai è l'unico efficace, dal punto di vista di Gerusalemme. A Washington si sottolinea anzi che, proprio in previsione dello sgombero, gli israeliani hanno voluto cautelarsi annettendosi il Golan. L'obiettivo americano è convincere il governo Begin a rispettare i patti con l'Egitto, e quindi portare a compimento gli accordi di Camp David, non solo con la rinuncia del Sinai, ma anche con la concessione dell'autonomia limitata ai palestinesi in Cisgiordania e nella striscia di Gaza. Reagan desidera inoltre che Israele dichiari la sua disponibilità sul Golan: pensa di ricorrere alla mediazione saudita per indurre la Siria (oltre che l'Olp) a riconoscere lo Stato ebraico. Lo scoppio d'ira di Begin, domenica scorsa nei confronti dell'ambasciatore Usa a Tel Aviv, Lewis, sembra essere stato causato, oltre che dalla sospensione dell'accordo strategico, anche dalla diffida di Washington dall'assumere Iniziative militari contro il Libano. Gli Usa temevano che Israele compisse incursioni in territorio libanese contro i guerriglieri dell'Olp, aggravando la crisi del Golan. Con Lewis, Begin ha protestato che eIsraele non è uno Stato vassallo- dell'America. Il monito di non Intorbidire ulteriormente le acque in concomitanza con le vicende polacche è tuttavia servilo. La prova di forza del governo Reagan con quello di Begin è stata accolta favorevolmente dal Congresso americano. NOSTRO SERVIZIO PARTICOLARE TEL AVIV — Lo sgombero israeliano del Sinai, che deve essere completato 11 25 aprile 1982, è un'operazione di enorme complessità, dal punto di vista strategico, logistico, economico e pratico. Essa non è paragonabile a quella del 1957, soprattutto perché, dopo 15 anni di occupazione, il Si¬ nai è molto diverso da com'era all'indomani della «guerra dei sei giorni», con nuove opere civili e militari di grande rilievo. Per Israele abbandonare la penisola del Sinai significa abbandonare, oltre a otto basi aeree (quattro principali e quattro secondarle), un complesso di infrastrutture mlli- tari e di segnalazione elettronica, e smantellare Installazioni industriali e civili. Inoltre il ritiro Israeliano avrà complesse conseguenze nell'intero sistema delle Infrastrutture del Neghev. Esso richiede, tra l'altro, la costruzione o il potenziamento del sistema stradale, delle comunicazioni e degli acquedotti. Inoltre, con la restituzione dei campi petroliferi che le garantivano 1 rifornimenti della maggior parte del suo fabbisogno, Israele ha rinunciato alle sue speranze di indipendenza In campo energetico. Questi campi petroliferi sono stati esplorati, valorizzati e in parte scoperti durante l'occupazione Israeliana e la loro perdita significa che Gerusalemme dovrà spendere annualmente centinaia di milioni di dollari In più. Per contro 11 Sinai avrebbe potuto, con ulteriori ricerche, non solo soddisfare tutto il fabbisogno israeliano, ma alimentare anche l'esportazione. Occorre appena sottolineare che lo sgombro del Sinai pone una serie di limitazioni militari e costringe Israele a affrontare difficili problemi economici, sociali e di politica interna. La topografia della penisola, che può essere divisa In tre regioni nettamente distinte, presenta una serie di punti strategici il cui controllo è essenziale per qualsiasi esercito. La ritirata Israeliana sui confini del 1967 Implica la perdita del seguenti vantaggi: 1) La «profondità strategica», che permette che gli eventuali combattimenti si svolgano a distanza dal centri popolati o dalle zone econo- micamente Importanti. Inoltre l'aviazione israeliana non potrà più usare gli aeroporti del Sinai, da essa costruiti; 2) le basi elettroniche di avvistamento che, situate in opportune posizioni montane, costituivano «occhi e orecchi» di Inestimabile utilità; 3) le linee difensive sul terreno, facilmente controllabili con poche forze; 4) le basi navali di importanza vitale, come Sharm e-8heikh, che controlla l'entrata del Golfo di Aqaba e di quello di Suez; 5) gli aeroporti: l'abbandono di otto aeroporti, solo alcuni del quali preesistenti, significa un cambiamento fondamentale per la difesa del fronti occidentale e orientale. I due aeroporti di Eitam e Etzion (rispettivamente vicini a GÌ Arish e a Ellat) sono le basi più moderne di. tutto 11 Medio Oriente, paragonandoli solo alle migliori americane; 6) I campi petroliferi di Alma (che forniva un quarto del fabbisogno israeliano) e di Abu Rodels, restituito nel 1975 con gli accordi di separazione delle forze; 7) gli Insediamenti civili: lo sgombero degli Insediamenti agricoli nella regione di Raf ah e della cittadina di Yamit, sul Mediterraneo, e del centri turistici di Offra e di Nueiba, sul Mar Rosso, sono rinunce particolarmente dolorose non solo per gli aspetti economici ma per il trasferimento dei coloni e i problemi morali ed ideologici che ne derivano. Lo spiegamento dell'esercito nel Neghev La necessità di un rlalllneamento dell'esercito nel Neghev Implica una complessa serie di operazioni e spese di cui cercheremo di indicare gli aspetti più importanti. Anzitutto occorre ricordare che Israele deve consegnare all'Egitto gli impianti e le infrastrutture che ha costruito e predisposto nel corso di tre lustri, e che comprendono: strade: l'esercito israeliano ha costruito nel Sinai 650 chilometri di strade a scopi militari, ne ha sistemati 510 preesistenti per facilitare 1 movimenti; ha aperto e pavimentato 1030 chilometri di strade a scopi civili; acquedotti: l'Impianto per la distribuzione dell'acqua nella penisola è stato costruito dal genio nei 15 anni di occupazione; impianto di cavi telefonici sotterranei. Una valutazione del ministero degli Esteri delle spese sostenute da Israele nel Sinai dal 1968 dà queste cifre, che molti considerano lnferlort alla realtà: aeroporti, campi e fortificazioni: 10 miliardi di dollari; trivellazioni petrolifere: 5 miliardi di dollari; strade e Insediamenti: 2 miliardi di dollari. In totale, 17 miliardi di dollari. Lo sgombero delle forze armate dal Sinai e il loro ripiegamento nel Neghev (quella che è chiamata «Operazione Ramon»), reso necessario dagli accordi di pace, rappresenta un altro peso economico ^j)er Israele. L'.Operazlone Ramon» L'Operazione Ramon è la più complessa operazione logistica che l'esercito israeliano abbia mai intrapreso. Mentre dopo gli accordi Interinali del settembre 1975 erano stati sgomberati 15 campi militari e ne erano stati edificati 8 per sostituirli, lo sgombero totale del Sinai comporta l'abbandono di 103 campi e installazioni e la costruzione di 47 nuovi campi e impianti, il trasporto di circa 3500 edifici di vario genere, 250 chilometri di tubature per l'acqua e circa 8700 tonnellate di materiale mobile. Queste non comprendono 1 campi, le Installazioni e gli aeroporti dell'aviazione. Il costo del nuovo spiegamento dell'esercito nel Neghev, a seguito dell'abbandono della penisola, è valutato in 4 miliardi e mezzo di dollari, al valore del 1979. Il costo dell'operazione comprende: la costruzione di due aeroporti nel Neghev da parte di Imprese americane; l'acquisto di attrezzature speciali; la costruzione di nuove strade, campi e infrastrutture in Israele e la preparazione di un terzo aeroporto. Giorgio Romano