Nel '44 Roosevelt chiese a Pio XII un'apertura verso l'Urss di Stalin di Filippo Pucci

Nel '44 Roosevelt chiese a Pio XII un'apertura verso l'Urss di Stalin Nel '44 Roosevelt chiese a Pio XII un'apertura verso l'Urss di Stalin CITTA' DEL VATICANO — Roosevelt fece pressioni ripetute su Pio XII perché aprisse in qualche modo ai sol'ietici ed instaurasse con loro un nuovo rapporto che superasse la recisa e radicale condanna del comunismo lanciata da Pio XI pochi anni prima con la sua enciclica. La documentazione di questi tentativi del presidente americano nel 1944, mentre la guerra volgeva alla conclusione e le truppe russe si affacciavano su nazioni a maggioranza cattolica, quali la Polonia e l'Ungheria, è registrata puntualmente nell'ultimo volume, undicesimo della serie, degli Actes et Documents du Saint Siège relativi alla seconda guerra mondiale, apparso in questi giorni. Roosevelt, il 23 giugno '44, mandò da monsignor Domenico Tardini, strettissimo collaboratore di Pio XII, il suo inviato personale Robert Murphy, consigliere politico degli Stati Uniti presso il Comando Supremo Alleato nel Mediterraneo, con l'intento di procurare un colloquio autorevole ad Alexander Efremovich Bogomoloi\ rappresentante sovietico a Roma. Murphy rac¬ comandava a Tardini l'emissario di Mosca come suo -collega- da tempo interessato ai rapporti della Russia con la Chiesa cattolica, e gli riferiva: «Più di una volta gli ho accennato alla lotta antireligiosa fatta dai Soviet e egli ha risposto: "Sono cose del passato"». Inutilmente, però, Murphy parlò a lungo sull'argomento; mons. Tardini gli rispose che in realtà nel comunismo nulla era cambiato, e che quindi giudicava il contatto richiesto come «prematuro». Murphy non si diede per vinto: almeno, disse, si dia a Bogomolov la possibilità di vedere i musei, la Cappella Sistina, di compiere una visita artistica che - nella sua idea potrà essere considerata come un primo passo...». Tardini lo raggelò: «Tutti possono vedere questi monumenti, ma quadri e gallerie non hanno nulla a che vedere con contatti diplomatici». Passarono pochi giorni e da Washington il delegato apostolico monsignor Cicognani telegrafò al cardinale segretario di Stato, Maglione, che un certo reverendo Orlemanski, di origine polacca, intendeva recarsi a Roma dagli Stati Uniti per vedere Pio XII e riferirgli che «Stalin è sinceramente ansioso di pacificarsi con la Santa Sede e che si dovrebbero inviare sacerdoti in Russia per assistere i polacchi». La risposta del Vaticano fu anche questa l'otta un -nonetto: Orlemanski non sarebbe stato accolto. Ma non era finita. Myron Taylor, capo della rappresentanza degli Stati Uniti presso il Vaticano, chiese a Pio XII che la Santa Sede esprimesse per iscritto il suo punto di vista sulla questione del comunismo. Fu Tardini stesso a stendere le note essenziali della risposta, destinata alla Casa Bianca. Nel documento, in data 14 luglio, si legge: «Stalin ha sospeso praticamente la propaganda ateista e ha lasciato che le chiese, le poche rimaste aperte, fossero officiate dal clero e frequentate dai fedeli. Ciò si spiega con le esigenze politiche e militari della guerra in corso. Il programma comunista è però rimasto immutato: nessun cambiamento nelle teorie deleterie sulle quali il comunismo è fondato. Stalin ha in questo momento il massimo interesse politico di apparire in buoni rapporti con la Santa Sede. Egli sta per entrare in Polonia e deve sul terreno della libertà religiosa tranquillizzare polacchi e alleati... La Santa Sede ha tutto il diritto di aspettare, viste le passate esperienze, di rimandare l'allacciamento dei rapporti con Stalin». Pio XII '.lesse l'appunto e lo approvò '■ incondizionatamente. La diversità di opinione tra i Pio XII e Roosevelt non fu soi lo questa: un'altra, che non fu risolta, nonostante le insistente del Papa, fu quella relativa [alla «inconditional surrender», la resa incondizionata pretesa dagli americani, senza possibilità di trattativa, con la conseguenza di un prolungamento della guerra e di altre innumerevoli vittime: formula «idiotissìma» la definisce Tardini nelle sue note. Stalin per parte sua aveva grandi progetti e ne parlò al convegno dei -grandi- a Yalta, stando alla ricostruzione fattane dal delegato apostolico negli Stati Uniti in un dispaccio alla segreteria di Stato vaticana il 15 aprile 1945, sulla scorta di informazioni avute da un arcivescovo ame¬ ricano: «Mi è stato detto che Stalin alla conferenza di Crimea — diceva mons. Cicognani — dichiarò agli altri due "grandi" che la Russia si sarebbe assunta la "rieducazione della gioventù", in Europa; al defunto Roosevelt (morto il 12 aprile di quell'anno, n.d.r.) disse: "Gli Stati Uniti d'America avranno molti problemi nel Pacifico e non avranno tempo per detta rieducazione"; e a Churchill: "La Gran Bretagna dovrà sistemare molte questioni nel suo impero e quindi non avrà modo di occuparsi della rieducazione da darsi alla gioventù europea" : aggiunse che "sulla gente di età matura non c'è nulla da fare, hanno idee vecchie e rancide, gente di altri tempi e senza importanza"». «A quanto viene riportato — é sempre mons. Cicognani | che parla — i due "grandi" non fecero opposizione, forse non osarono, tacquero; e l'altro considera come suo questo compito che ritiene assolutamente necessario. Pare abbia detto che occorreranno 15 anni per dare completa formazione intellettuale alla gioventù europea». Filippo Pucci