Questa inerme libertà di Luigi Firpo

Questa inerme libertà Cattivi Pensieri di Luigi Firpo Questa inerme libertà Li rivedo, con gli occhi della memoria — sono passati più di quarantanni — galoppare attraverso la pianura nebbiosa. Portano uno strano berretto d'ordinanza sormontato da una placca quadrata, come quello dei laureandi nelle università americane. Impugnano lance su cui sventolano bandierine bianco-rosse. Vanno incontro alle cupe colonne rombanti delle divisioni corazzate di Guderian, di von Rundstedt, a suicidarsi in massa con eroica ebbrezza. Questa immagine mi tornò alla mente mentre guardavo l'altra sera sul teleschermo il volto onesto e sereno, la barba fulva di boscaiolo povero del sindacalista di Solidarnosc che la repressione militaresca del generale Jaruzelski aveva colto di sorpresa in Italia. Con pacatezza accorata, l'uomo parlava della tragedia del suo Paese, delle civili aspirazioni soffocate, della sofferenza di tutto un popolo che troppe volte nella storia ha dovuto recitare la parte della vittima. Agl'italiani egli chiedeva per i suoi soltanto sostegno morale e preghiera, con una dignità così composta, immune da lamentazioni o invettive, da tradursi in determinazione di non cedere a nessun costo. Al termine del breve intervento, l'intervistatore gli domandò se sarebbe rientrato in Polonia e la risposta fu un «si, domani», espresso con assoluta naturalezza. Non so quanti avranno capito che cosa significasse quell'assenso: il carcere certo, la rappresaglia per aver parlato da una televisione straniera, forse la morte. Perché non restarsene in Italia, intrupparsi nella propaganda di qualche partito, diventare un pensionato di lusso? Perché non sostenere i suoi da lontano, con i piedi al calduccio? No, via a lancia in resta contro i carri armati della repressione! Questa solidarietà cementata dalla sofferenza comune, questa ostinata fedeltà ai propri valori rappresenta il momento alto e puro di tutta questa tragedia. Il resto appare torvo e inquinato, ambiguo e mortificante. A Oriente il grande orso russo finge di sonnecchiare, ma incombe con inequivocabile minaccia, chiude gli spazi di ogni sperata libertà, impone la repressione interna come ultima istanza prima che irrompa quella esterna, definitivamente schiacciante. L'Occidente si balocca con risoluzioni esortative e misura con il bilancino le parole di condanna. Il suo vero problema sembra quello di decidere se sospendere gli aiuti alla Polonia per mettere in crisi il regime, oppure moltiplicarli per sfamare il popolo oppresso. Partiti e giornali sembrano sfruttare gli eventi a fini di propaganda. denunciando l'ultimo e definitivo fallimento del socialismo reale, oppure l'intollerabile inframmettenza della Chiesa nei pubblici affari, o accusando gli operai che rivendicano spazi di autodecisione di essere sabotatori del so¬ cialismo e strumenti di trame imperialiste. Si arriva a sbrodolature retoriche di cattivo gusto, quando non si tratti addirittura di speculare sul cadavere della libertà. Da storico ragionerei così. Il nostro cuore e la nostra fattiva solidarietà non possono essere che dalla parte dei polacchi oppressi. Da sempre questo popolo è vittima della storia altrui, mai protagonista della propria. Il suo cattolicesimo fervente nacque dal groviglio di tutte le confessioni e di tutte le più stravaganti eresie, solo per corroborare con l'unità della fede l'identità della nazione, fra la pressione ad Est della Santa Russia ortodossa e la violenza luterana dell'Ordine Teutonico ad Ovest. La Madonna Nera di Czestochowa non è solo taumaturgica, ma patriottica. Infinite volte assoggettata a re stranieri e due volte spartita, la Polonia è la nazione crocefissa. I suoi esuli sono morti per tutte le giuste cause sui campi di battaglia d'Europa. E' fin troppo ovvio e facile essere dalla parte degli oppressi. Ma quanti dei nostri capi di Stato, se sedessero al Cremlino avrebbero resistito alla tentazione di scatenare l'Armata Rossa? Se ragioniamo in termini reali di impero russo (e non di patria del socialismo), chi avrebbe tollerato l'aprirsi di un vuoto di potere tra la Cecoslovacchia e il Baltico, l'isolamento dei tedeschi orientali, la provocazione interna della libertà? Io sono con Solidarnosc. ma penso che il romanticismo slavo le abbia preso la mano, che qualcuno abbia scordato lo scenario cupo e i termini brutali del confronto. Qualcuno ha creduto che basti volere la libertà per averla ed è uscito dalla dura realtà, dalla necessaria gradualità della storia. Adesso, eroicamente, galoppa inerme contro i carri armati.

Persone citate: Cattivi Pensieri, Jaruzelski

Luoghi citati: Cecoslovacchia, Europa, Italia, Polonia, Russia