In fuga dai cantieri Lenin di Bernard Guetta

In fuga dai cantieri Lenin In fuga dai cantieri Lenin DANZICA — Mancano pochi minuti alla mezzanotte dì sabato 12 dicembre. La Commissione nazionale di Solidarnosc è riunita da due giorni nella grande sala del cantiere Lenin dove sono stati conquistati e firmati gli accordi di Danzica dell'estate 1980. Improvvisamente una voce comincia a circolare tra i presenti: il cantiere è isolato dal mondo esterno. Non si può comunicare né per telefono né per telex né in alcun altro modo. Un po' di nervosismo si diffonde tra i presenti. Le voci si precisano ulteriormente: tutta Danzica è isolata dal resto del mondo. Il dibattito tuttavia continua. Insieme Jan Rulewski, il presidente di Bydgoszcz, e Karol Modzelewski, uno degli esponenti principali del sindacato, hanno elaborato una risoluzione e una lunga dichiarazione politica. Dall'inizio della serata essi si battono per fare approvare i due documenti — di tono duro — dai loro compagni della Commissione nazionale. La risoluzione dice che nel caso in cui il Parlamento polacco conferisse i pieni poteri al governo, lo sciopero generale comincerebbe l'indomani mattina alle 9. La risoluzione dice anche che nel caso in cui il sindacato fosse impedito di agire, «i la¬ voratori dovrebbero mettersi automaticamente in sciopero senza attendere parole d'ordine». Si tratta in realtà solo della ripetizione di uno dei punti dello statuto del sindacato e domenica mattina, dopo l'azione del governo, i militanti — pallidi ma incredibilmente sereni — si chiedevano se lo statuto sarebbe stato rispettato. La risoluzione prevede an- che che Solidarnosc organizzerà prima del 15 febbraio un referendum sui posti di lavoro perché la popolazione si pronunci sui «metodi di governo del potere», sui mezzi di lotta contro la crisi e, infine, sul «rinnovamento di tutti gli organismi rappresentativi». In pratica questo ultimo punto, che si intendeva sottoporre a referendum, equivaleva a chiedere alla popolazione: siete favorevoli o contrari a elezioni libere e anticipate per il Parlamento? E non è poco. Il sindacato, che da 15 mesi basava tutta la sua strategia sulla ricerca di un compromesso con il partito, era stato disorientato dall'offensiva lanciata a fine novembre dall'ultimo plenum del poup. Ora, poiché l'accordo è impossibile, poiché c'è nell'aria un sentore di leggi d'eccezione, i militanti vogliono riprendere l'offensiva, dimostrare che non si lasciano intimidire, esigere tutto. I due testi — la risoluzione e la dichiarazione politica — vengono approvati nello stesso momento in cui si diffondono le voci allarmate. Si continua a votare su molti altri punti, soprattutto sull'organizzazione per il 17 dicembre (anniversario degli incidenti di Danzica di 11 anni fa) di una «giornata di protesta nazionale contro il ricorso alla violenza nei conflitti sociali». Viene anche annunciata la costituzione unilaterale del Consiglio sociale per l'economia nazionale, un organismo richiesto da Solidarnosc fin dalla sua creazione. Questo Consiglio raggruppa 24 personalità del mondo scientifico e artistico polacco. A quanto risulta, lunedi queste personalità erano ancora libere. Nel pomeriggio — ma ciò si apprenderà soltanto nella tarda nottata — messaggi telex estremamente inquietanti erano pervenuti al cantiere navale Lenin da tutte le parti del Paese. Dal Nord, dall'Ovest, dal Sud e dall'Est i sindacalisti segnalavano ai loro dirigenti trasporti di truppe rafforzate da riservisti, e arruolamento forzato di giovani contadini. Nonostante ciò un quarto dei delegati lasciano l'affollatissimo cantiere per raggiungere il «Grand Hotel» di Sopot. Walesa torna a casa sua. Qualcuno lo avvertirà: «Nascondetevi, la morsa si stringe», ma egli si rifiuta. Ore 2 di domenica: tutti gli ingressi del «Grand Hotel» sono bloccati dalla polizia e l'intera Commissione nazionale viene arrestata. Alle 2,15 è la volta della sede del sindacato; alle 2,30 quella dell'Hotel Monopol dove pure si procede ad arresti; alle 2,45 all'Hotel Hevelius. Ben presto si viene a sapere che in tutta la Polonia si ripete la stessa scena. Alle 6 del mattino viene trasmesso il primo discorso del generale Jaruzelski, ormai divenuto presidente del Consiglio militare di salvezza nazionale. D'ora in ora i comunicati si succedono, letti alla televisione da annunciatori in uniforme. Le libertà cadono una dopo l'altra, tutte senza eccezione. Ma tre membri del presidium sfuggono alla retata e si rifugiano nel cantiere nord. Li si farà uscire via mare dal cantiere Lenin. Là, davanti alla porta d'ingresso del cantiere, comincia a riunirsi la folla. Si ammucchiano mazzi di fiori. I microfoni annunciano lo sciopero generale. Alle 15 si trovavano riuniti i delegati di 40 imprese della regione. Viene formato un comitato nazionale di sciopero che fissa due rivendicazioni: la liberazione di tutti i prigionieri (che dovranno essere ricondotti al cantiere) e la sospensione dello stato di guerra. Bernard Guetta Copyright le Monde e per l'Italia l.a Stampa

Persone citate: Hevelius, Jaruzelski, Karol Modzelewski, Lenin, Walesa

Luoghi citati: Danzica, Italia, Polonia