«Indagine» sull'architettura alla XVI Triennale di Milano di Angelo Dragone

«Indagine» sull'architettura alla XVI Triennale di Milano Aperto da oggi al 31 gennaio l'ultimo ciclo di mostre «Indagine» sull'architettura alla XVI Triennale di Milano MILANO —Nel palazzo dell'Arte, che costituisce uno dei punti focali dell'utilizzazione pubblica del parco del Sempione, da oggi al 31 gennaio, la XVI Triennale di Milano presenta il terzo ed ultimo suo ciclo di mostre. Nello sviluppo dei vari temi la rassegna può dirsi ampiamente articolata. Propone infatti momenti di rimeditazione storica —come «La città e lo Stato di Milano nell'età dei Borromeo- con estesa ricognizione sui sacri monti, da Varallo eOrta a Crea, o le «Città di fondazione», cioè le «reduccionnes» create dai gesuiti in Paraguay tra Sei e Settecento per la conversione e la civilizzazione degli Indios — accanto ad una scintillante indagine quale offre la sezione su «Lo spazio scenografico nella tv ìtaliana>'. Per la prima volta al mondo, come ha messo in evidenza Gianfranco Bettetini, questa analizza con profusione di mezzi e di effetti circa trent'anni di scenografica televisiva, nell'ambito di una esperienza passata intanto dalla dimensione del laboratorio allo spettacolo di massa. Una stimolante ricerca condotta tra il passato, il presente e il futuro dell'architettura si è tradotta qui in un doppio itinerario figurativo inteso a rispecchiare l'alternativa progettuale «idea-conoscenza-, interpretata la prima da Aldo Rossi, la seconda rielaboata. di concerto con Andreina Griseri, da Roberto Gabetti e Aimaro Isola. Anche l'«idea» ha tuttavia una sua visualizza- l zione che trascende l'immagine del cartone della «scuola di A tene » di Raffaello (conservato nelle raccolte dell'Ambrosiana) già considerata una sorta di endiade cui si riconducevano le scienze e learti. Sicché nellaseriedi «stanze- che si aprono lungo il corridoio (anche questa un'immagine in cui non si sa se prevale maggiormente il valore psicologico o quello emblematico) si prospettano soluzioni notevolmente diverse: dal progetto d'una cooperativa di architetti mantovani che ha studiato il centro urbano d'una città padana, alla prospettiva aperta con calcolata sensibilità da Gianni Braghieri su una elementare inquadratura architettonica. La «conoscenza- non soltanto riporta il discorso sul divenire del reale e sulle sempre nuove sue variabili, ma per Gabetti e Isola diviene soprattutto «conoscenza dei mestieri-, intendendo il mestiere, come avverte subito Andreina Griseri come «ingrediente indispensa bile, fuori dai miti del virtuosisino-. Ne è scaturita una specie di strada lungo la quale gli edifici non si presentano più con le facciate (che nascondono la realtà) e tanto meno con «piante- dalle quali forse solo gli esperti sono in grado di trarre suggestioni tecniche, ma con una serie di sezioni verticali di fronte alle quali viene quasi spontaneo riconoscere lo spazio del vivere quotidiano. Bastano pochi dati di riferimento: l'edificio per abitazioni standard progettato a Torino da Musso e Copperi tra il 1880 e l'87; una casa parigina del 1906; l'uso di elementi prefabbricati proposto dal Grassi in Torino nel 1920; la prima costruzione ad estesa prefabbricazione realizzata da Pagaton ed R. Herrenschmidt per la ricostruzione di Strasburgo nel 1951, ed ancora il «tunnel a mezza conchiglia» una specie di forma per il getto di calcestruzzo che rappresenta la tecnica più avanzata di una edilizia che non costruisce più case, ma cellule abitative. Nessuna meraviglia se a questo punto l'architettura giunge ad incontrarsi con le altre arti «nella comune attenzione alla natura-come dimostra la scelta, che vi si accompagna, di alcuni dipinti prestati dalla Galleria Civica di Torino : tutti datati tra il 1955 e il '62, da ..Sera in Liguria- di Spazzapan e da un materico Morlotti, ad altre composizioni astratte di Carol Rama, Ruggeri, Rambaudi e Scanavino. Altri momenti di particolare interesse della rassegna sono costituiti dalla sezione curata da Enzo Mari e dedicata ad un artigianato spesso in bilico tra una vera e propria creazione artistica e la produzione industriale e quella che allinea una serie di progetti alternativi per il Belice, presentati sotto il titolo «Cambiare metodo-, che vuol essere non soltanto l'invito ad una auspicata inversione di tendenza ma una vera e propria «guida al Belice-: una sorta di dossier della speranza. Angelo Dragone