I colori visionari di Michelangelo

I colori visionari di Michelangelo COSA RIVELANO I RESTAURI SULLA VOLTA DELLA CAPPELLA SISTINA I colori visionari di Michelangelo NOSTRO SERVIZIO PARTICOLARE ROMA — Sui palchi dei restauratori dei Musei Vaticani, die hanno iniziato la pulitura della volta michelangiolesca della Cappella Sistina, partendo dalle grandi lunette sopra i finestroni nella parte alta delle pareti: le lunette della genealogia «legale», davidica, di Cristo, dipinte per ultimo, fra 1511 e 1512.1 palchi sono alla stessa altezza di quelli usati da Michelangelo sopra la terza cornice, la più alta, della Cappella: infatti, subito sopra la cornice, una fascia di muro — quasi invisibile dal basso — è stata lasciata grezza a questo scopo dall'autore solitario. Era rimasto con soli due garzoni per la preparazione dell'intonaco e la macinatura dei colori, dopo che, secondo il racconto del Vasari, aveva rimandato per insoddisfazione i giovani corsi da Firenze per aiutarlo all'inizio dell'opera colossale, nell'estate 1508. In chi calca questi assiti, e avverte questa coincidenza, questo punto di tangenza fra tempi storici, o meglio fra la «storia» e l'«oggi», trascorre fra i nervi e sale e coinvolge la mente il brivido della scissione dal quotidiano, dell'e- vocazione nell'immaginario di quell'uomo mitico-storico, dei suoi passi faticati su analoghi assiti («lo sto qua in grande afanno e chon grandissima faticha di chorpo», in una lettera dell'ottobre 1509), dei suoi atti e gesti sull'intonaco fresco. Infatti la prima constatazione, stando a centimetri da quelle pareti affrescate — ed è constatazione critica dopo secoli di esaltazione del supremo maestro del «lineamento». del «disegno» — è la stesura diretta delle grandi zone di terre colorate, delle ombreggiature a tratti paralleli o incrociati, dei lumi lancinanti d'azzurro argenteo o bianco di malta, ed è l'urte perentorio fra grandi colori «a piatto» di indicibile dissonanza e indicibile eterodossia: nessunq^graffitura sull'intonaco (e già lo si sapeva, dalle fonti), ma nessuna traccia anche di «spolvero» dal cartone preparatorio. Ma qui non è già più brivido, non è più «ratio» ed evocazione di fantasmi storici: è puro impatto emozionale, sussulto fisico nascente dal confronto diretto, senza la mediazione ottica dello scorcio dal basso e da lontano, del rapporto con la vastità spaziale della Cappella. E di più: la superba, sprezzante semplificazione di quelle figure bibliche, lentamente emergenti da un morbido fondo o direi meglio matrice di malta bianca soffusa di violetto, che distanza e sporcizia impedivano di vedere e «sentire»; la psicologia nuda ed elementare dei tratti somatici, di enormi occhi invasati: tutto ciò non tanto ininta quanto costringe a dimenticare secoli di variazioni, più o meno eulte, più o meno letterate, sul «titanismo» di Michelangelo, o sul suo «neoplatonismo», per cui uno dei suoi maggiori studiosi moderni, il Tolnay. parlava di ..simboli visivi di idealismo trascendentale», di ..più grande "Summa" degli ideali della vita dell'Umanesimo, il compendio perfetto delle tendenze artistiche, filosofiche e religiose del tempo, una vera Divina Commedia del Rinascimento». Certo, Dante, probabilmente attraverso il commento neoplatonico del Landino, e la predicazione neo-medioevale del Savonarola; il corpo come greve prigione dello spirito anelante a rifondersi nel Dio: tutto questo è patrimonio di conoscenza ed elaborazione mentale di un artista cìie, dalla formazione, sa assai più «di lettere» che non un Leonardo, un Raffaello, ed ha già iniziato a poetare quando affronta e porta avanti la grande volta. Ma tutto questo, anche, siamo forzati a rimuovere di fronte ai sei gruppi di figure, di cui la già avvenuta pulitura di tre lunette rivela perentoriamente la fisicità elementare, la quotidianità «volgare» delle situazioni e degli atti, rilassati o tesi: a Giulio II che chiede, come nelle pareti basse della cappella, ricchezza d'oro, Michelangelo risponde, consciamente ignaro di simboli e metafore e ..decori», che «in quel tempo gli uomini non portavano addosso oro. e quegli che son dipinti non furon mai troppo ricchi, ma santi uomini, perché gli sprezaron le ricchezze». D'altronde, la critica moderna ha già più volte rileva¬ to il senso quasi di sfinitezza, di «crepuscolarità». di ritmi allentati e di ritorno all'austerità delle fonti masaccesche in queste figurazioni, conclusive dei lavori della volta, dopo il «furor» apocalittico delle ultime Storie della Creazione e dei pennacchi, dopo il supemnismo degli Ignudi, dei Profeti e delle Sibille (ma. anche qui. che cosa riapparirà dopo la pulitura?). Il fatto è, però, che tutti questi giudizi e interpretazioni prescindevano, poco o tanto, dall'originaria realtà cromatica. Nelle figure in sé. talora solitarie, talora in gruppi familiari, l'accento del quotidiano esistenziale, della concatenazione fisica della stirpe davidica dei Re di Giuda, prevale nettamente su ogni retorica di simboli o metafore: esistenza e non allusione o visione. Visionario, incredibilmente insionario è invece il colore, probabilmente più che non nelle parti più in alto (ma lo si potrà dire con certezza solo fra mesi e anni). C'è il precedente, cinque, sei anni prima, del Tondo Doni, con i suoi primi «cangiantismi», giallo in arancione, argento in azzurro, in aree cromatiche tangenti l'u- na all'altra. Ma qui addirittura «cangiantismo» e modellazione diretta di scuro su chiaro si identificano; e arancio e blu si compenetrano a s; 'sce reciproche nello stesso panneggio; e lampeggiano enormi bulbi oculari come nelle terzine giovanili che iniziano «El ciglio col color»; «El bianco bianco, el ner più che funebre». Crepuscolari gli atti e ì gesti, masaccesca la sintesi plastica, ma, ben lungi dall'essere questo il gran compendio umanistico del Rinascimento (semmai da ricercare in stretto parallelo di tempo nella prima delle «Stanze» di Raffaello), il gesto cromatico è letteralmente sovversivo — solo Pontormo o Rosso, di lì a un decennio, oseranno ripeterlo —; tanto più sovversivo in quanto non nascente da alchimie di lacche e velature, ma dal contrasto elementare di terre colorate. E insorge da ultimo, a livello di significato, il vero «mistero» di queste lunette. Nelle tre lunette ripulite vi sono le sei ultime generazioni di Matteo. 1. 15-16: ..Achim generò Eliud. Eliud generò Eleazar: Eleazar generò Mattati: Mattan generò Giacobbe. Giacobbe generò Giuseppe, sposo di Maria, dalla quale nacque Gesù, detto Cristo... Ebbene. Giuseppe è inequivocabilmente rappresentato assieme alla prima moglie. Melcha o Escha. e ai figli ..fratelli del Signore» dei Vangeli apocrifi; e da quale tormento scaturisce lo sguardo allucinato di suo padre Giacobbe? e per quale ragione Eleazar è un negro? (una testa che giustificherebbe l'ipotesi impossibile, surreale, che su questo palco, cento e ottantanni fa. siano saliti Goya e Géricault). Sui suoi palchi Michelangelo ha «inventato» una sua Bibbia, una sua esoterica genealogia di Cristo. E fu meditazione lunga, fino al definitivo scoprimento nell'ottobre 1512. visto che le lunette ripulite hanno rivelato tre soli giorni di lavoroperciascuna. Marco Rosei Michelangelo: La famiglia di Eleazar (pan. Cappella Sistina)

Persone citate: Gesù, Giacobbe, Goya, Landino, Mattan, Profeti, Sibille, Vasari

Luoghi citati: Firenze, Roma