Argentina, torna la scuola dei duri di Ferdinando Vegas
Argentina, torna la scuola dei duri OSSERVATORIO Argentina, torna la scuola dei duri Ad uppenu otto mesi dall'insediamento (29 marzo) alla Casa Rosada. il generale Viola deve già cedere la presidenza argentina ad un altro generale: un «cambio della guardia» in puro stile militaresco, poiché Viola, ritiratosi provvisoriamente tre settimane fa per ragioni di salute, è stato invitato dai colleghi della Giunta militare a dimettersi, ha rifiutato e quindi è stato destituito. Appare cosi confermato quanto si sospettava, che le vere difficoltà di cui soffriva Viola non erano tanto cardiache o respiratorie quanto politiche. Nella sua breve permanenza in carica, infatti, egli non era riuscito a raddrizzare la situazione gravemente deieri arata che aveva ricevuto in eredità dal predecessore, il generale Videla, portalo alla presidenza dai militari che il 24 marzo 1976 avevano rovesciato Isabelita Perón. Nei cinque anni di Videla indubbiamente un risultalo era stato conseguito: l'annientamento della guerriglia condotta sia dai «montoneros» di origine peronista sia da formazioni che con diverse interpretazioni si richiamavano al marxismo. Cosi il regime militare si era guadagnato l'approvazione della grande maggioranza della popolazione, che considerava la guerriglia un fenomeno estraneo all'Argentina. Ma questo non significala che gli argentini approvassero i metodi estremamente brutali dei militari, gli arresti, le torture, le migliaia di «scomparsi». Come ha dichiarato a Le Monde uno «scomparso» per trenta mesi, che ha avuto la fortuna di riapparire. Jàcobo Timerman. «con i militari il caos è maggiore che sotto Isabelita Perón». E si tratta di un caos totale, che investe pure e soprattutto l'economia, tocca pertanto sul vivo gran parte della popo¬ lazione, agglomerata nei centri urbani, appartenente alle classi medie, compresi gli operai qualificali. Il ministro dell'Economia di Videla, Martinez de Hoz. seguace delle dottrine della «scuola di Chicago», un vero estremista del liberismo, aveva applicato una politica economica che, invece di restaurare l'economia argentina, l'ha portata al dissesto: inflazione a tre cifre, disoccupazione al 13 per cento, oltre due milioni di argentini costretti a emigrare per trovare lavoro, deprezzamento costante del «peso». Partendo da questa situazione ben poco ha potuto o saputo fare il ministro dell'Economia di Viola, anzi la crisi s'è aggravata negli ultimi mesi: basti solo dire che il «peso» nelle prime tre seltimane di novembre s'è svalutato del 27 per cento rispetto al dollaro. Fallila cosi sul fronte economico, la presidenza Viola non ha nemmeno raccolto successo sul fronte politico. L'obiettivo della «normalizzazione» che egli si era proposto si è dimostrato una vana speranza, la sua linea «moderata» ha urtato contro troppi ostacoli. Da una parte i militari della corrente «dura», per i quali il «processo lento» di restaurazione della democrazia previsto da Viola era fin troppo veloce: da un'altra, tutti i ceti colpiti dal disastro economico, senza contare la persistente protesta morale, anche della Chiesa, per tutti i casi di «scomparse» non risolti. Infine, sullo sfondo, quello che ormai è uno stato d'animo diffuso, più che un'ideologia, l'intramontabile peronismo. Ora i «duri» si sono installati di nuovo alla presidenza, col generale Galtieri: ma non sarà certo un'alternanza di generali a risolvere la crisi permanente dell'Argentina. Ferdinando Vegas Il generale Galrieri, sarà il nuovo presidente argentino
Persone citate: Galtieri, Martinez De Hoz, Rosada, Timerman, Videla
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